Dalai Editore, 2011
20 €, pp. 413
Birdie trascorre la sua vita a Boston, ha la carnagione chiara, è di pelle bianca. Ha una sorella, Cole, che adora e con la quale dialoga attraverso una lingua segreta che appartiene solo a loro.
Sono figlie di genitori che a un certo punto si separano. Il papà è un intellettuale nero e la mamma è la tipica signora bianca, di buona famiglia bostoniana. Sono due genitori che appartengono a quella società americana acculturata degli anni '60, società che alla fine si è ribellata ai dogmi della sua era, anche compiendo atti illegali per riuscirci: la bella madre bionda fiancheggia il movimento dei Black Power e deve fuggire.
Sono rimasti insieme fino a quando non hanno capito che le loro diversità li avevano divisi.
Il colpo di scena è la decisione di lasciarsi ma dividersi anche le figlie, scegliendo quella del colore giusto: Birdie, la voce narrante, va con la mamma, ansiosa e isterica, e Cole rimane con il padre. Si perdono nella clandestinità portandosi il dolore di due sorelline divise.
Danzy Senna, moglie dello scrittore Percival Everett, è al suo romanzo d’esordio ed è anche lei figlia di un padre di colore e di una madre bianca. Decide di raccontare gli anni ’70 e il conflitto razziale e lasciare che il lettore si confronti con l’attuale concezione di famiglia mista.
Il romanzo ha una trama malinconica, nomade e lascia che il lettore si interroghi sul problema della razza e sulle vicende emotive di un divorzio.
Ha un titolo corretto, dolorante rispetto al romanzo.
Si legge tutto di un fiato.
Emma Gabriele
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