Neve bianca, biancheggia. Cielo rosso, rosseggia. Fronda verde, verdeggia. Poeta scuro, …


Rime di rabbia
di Bruno Tognolini
Salani Editore, 2010


€ 7
pp. 71

Qualche anno fa, nonostante fossi uscito da un pezzo dalla pubertà, e mi trovassi addirittura in adolescenza inoltrata, nel pomeriggio avevo un appuntamento fisso: guardare la “Melevisione”, un programma televisivo per bambini. Non c’era partita a calcio su campo di erbetta sintetica, giro in bici per il quartiere, scherzo al citofono, ragazza da corteggiare e sbaciucchiare, né qualsiasi altra tentazione in grado di distogliermi da Tonio Cartonio -il folletto barista-, Lupo Lucio e i suoi amici Lampo, Ronfo e Linfa. Non che adesso, a un quarto di secolo e un anno compiuti, le cose siano cambiate: le fiabe per bambini, le filastrocche e i libri illustrati continuano ad essere una mia (segreta) passione, Zenzy e il signor Fredricksen sono i miei unici divi del cinema, e sostengo fermamente che le fatine esistano, anche se lo faccio con un po’ di disagio. Spesso, infatti, nelle librerie racconto ai commessi, che gentilmente vorrebbero offrirmi il loro aiuto, di essere un maestro di scuola materna in cerca di testi da utilizzare in classe, perché non so come giustificare questa mia… questa mia “devianza” versi temi a me non più adatti. Recentemente, durante una perlustrazione avventurosa attraverso gli scaffali magici della letteratura per l’infanzia, ho trovato un libro che ha portato la mia mente agli anni in cui poco fa mi riferivo. Si intitola “Rime di rabbia”, e l’autore è Bruno Tognolini, uno tra gli ideatori della “Melevisione”, programma che, insieme ad altri “elementi”, tanto ha contribuito a tener viva, o eccessiva e fuori luogo (giudizio che ricevo da molti), la mia fantasia nel corso del processo evolutivo -temporale e ormonale- a cui tutti siamo soggetti. 
 Tognolini, nato a Cagliari nel 1951, è stato definito dal quotidiano “Il Secolo XIX” «l’erede del genio di Gianni Rodari». A mio avviso, il giudizio è corretto. Adesso vedremo perché. Proviamo a ricordare un momento della nostra vita in cui il sentimento di cui il libro tratta, la rabbia, ci abbia reso furenti. Andiamo ai tempi della scuola elementare. Se chi sta leggendo non è stato un bullo, almeno per una volta avrà ricevuto un offesa da parte di un compagno. Chi, dopo l’offesa subita, non avrebbe voluto urlargli in faccia questa rima?
“E tu mi prendi in giro
E poi ti guardi intorno
Come un tonto tapiro
Per vedere l’effetto
Della burla del giorno
Della balla che hai detto
Come una grossa vacca
Che fa una grossa cacca
E poi si gira lenta
E la guarda contenta”. (Pag. 17).
Io sì: l’avrei fatto. Perché rappresentare l’offensore in una situazione spiacevole, con delle analogie imbarazzanti, è la maniera più creativa e divertente per difendersi e sfogarsi. Non allontanandoci di molto dalle deiezioni, ecco cosa si potrebbe anche augurare a chi, per esempio, ci stava per mettere sotto mentre attraversavamo sulle strisce pedonali, oppure a chi ha acquistato pochi secondi prima di noi quell’ultimo libro di cui eravamo in cerca da tempo, o ancora a chi reputa i nostri sogni delle stupidaggini:
“Senti cosa ti auguro
Che ti cadesse un fulmine
Da un cielo in tempesta
E se oggi il cielo è limpido
Almeno qualche rondine
Te la sganciasse in testa”. (Pag. 23).
Aggiungo a questa nota, da non seguire affatto come esempio di buona recensione, ma da leggersi come sfogo, che il libro di Tognolini (uno dei più importanti che finora abbia letto), con le belle illustrazioni di Giulia Orecchia, è una miniera di “punti di riflessione”, in rima, sulla rabbia: dalla rabbia per chi ci ha traditi, a quella per la noia al ristorante, da quella amorosa, a quella purtroppo provata da chi subisce violenza. Insomma, “Rime di rabbia” è ciò che desidererei fosse sempre la letteratura: interpretazione e riproduzione dei sentimenti, un gioco intellettualmente profondo per (ribellarsi e) farci stare meglio*.

Dario Orphée

*Questa recensione, sgangherata e “di rabbia”, per quello che può e con la semplicità della rima posta qui sotto, è dedicata alla memoria delle cinque donne di Barletta.


Rima della rabbia giusta

Tu dici che la rabbia che ha ragione
È rabbia giusta e si chiama indignazione
Guardi il telegiornale
Ti arrabbi contro tutta quella gente
Ma poi cambi canale e non fai niente
Io la mia rabbia giusta
Voglio tenerla in cuore
Io voglio coltivarla come un fiore
Vedere come cresce
Cosa ne esce
Cosa fiorisce quando arriva la stagione
Vedere se diventa indignazione
E se diventa, voglio tenerla tesa
Come un’offesa
Come una brace che resta accesa in fondo
E non cambia canale
Cambia il mondo. (Pag. 70).

Dario Orphée