sottovetro siciliano. la sacra famiglia. |
Rosanna Arena ha sempre coltivato l’interesse per l’arte. Nel 1985 si è diplomata all’istituto statale di arte “Ernesto Basile”, e da subito ha iniziato a partecipare a diverse mostre, molte delle quali collettive. In particolare, si è distinta rilanciando l’arte sacra del sottovetro siciliano, una tecnica utilizzata dai marinai siciliani nell’ottocento, oggi quasi dimenticata: «L’arte del sottovetro siciliano è molto antica -dice-. Non ricordo la data precisa, ma siamo a cavallo tra ottocento e novecento. La particolarità è che i vetri venivano dipinti dai marinai, storpiando la figura umana dei soggetti sacri, non definendo le mani e i piedi, utilizzando colori molto forti e contrasti di toni freddi e caldi… cioè, i colori della nostra terra! Ci sono dei quadri nella zona di Palermo e Vulcano. Negli anni novanta ho avuto l’occasione di lavorare ad alcune riproduzioni antiche, ed io ho accettato. La tecnica è molto difficile, perché si dipinge al contrario su vetro trasparente, con colori acrilici. I colori si asciugano subito, dunque è necessario lavorare velocemente i chiaroscuri. Il vetro, inoltre, deve essere voltato di continuo. I questo modo si possono notare gli effetti».
Oltre alla riproposizione del sottovetro, nel maggio del 2011, a Londra, in occasione delle nozze del principe William, Rosanna Arena ha partecipato a una mostra tenuta alla “Royal Opera Arcade Gallery”, esponendo l’opera astratta intitolata “Lo specchio del sole”. È un trittico, olio su tela e smalti. Il quadro centrale, quello che contiene la raffigurazione circolare del sole, emana dei raggi fluidi, che si interrompono e vengono ripresi dalle tele ai lati. Prevale la tonalità di verde, intervallata dai raggi gialli e rossi. Note azzurre e bianche si fondono nel dipinto, che pare danzare come veli mossi dal vento, ricordando tuttavia le venature di una tenera foglia primaverile.
Rosanna Arena l’ho incontrata un pomeriggio a una mostra internazionale di arte contemporanea. Sbadatamente, non mi ero accorto di alcuni suoi lavori e, discutendo, ella mi fece notare “l’errore”. Mi accompagnò, così, al suo spazio, gentilmente. Lì mi presentò “Rinascita dallo Stromboli”: una donna nuda stesa sul fianco del vulcano omonimo. «Una donna», mi disse, «che è tutte le donne. Perché la forma è il significato del contenuto». Mi permise di avvicinarmi al dipinto e -questo lo trovai rilevante- ella lo toccò. Sentivo le sue dita scivolare tra i colori, tra quei minuscoli puntini dorati distribuiti per tutto il quadro, mentre raccontava i suoi segreti creativi. Capivo che stava per rimodellarlo con le parole, e ascoltai abbandonandomi al suo racconto. In un cielo con il sole al tramonto, forse a bordo di una barca, si nota il Tirreno placido e il vulcano in eruzione. I capelli della donna, ritratta di spalle e senza volto, si fondono con il rosso magma, sangue della terra, giungendo alle caviglie appena accennate, le quali coincidono con il perimetro estremo dell’isola. Curiosa è la sproporzione della figura femminile, adagiata su una “guancia” del vulcano, ma perfettamente in armonia perché, mediante il colore, risulta leggera e bilanciata: «Ero stata invitata ad una rassegna internazionale a Taormina, e il tema era l’armonia del corpo nella sua essenza, immerso negli elementi di aria, fuoco, acqua, terra. Mi sono riferita ad un soggiorno presso lo Stromboli, che mi aveva ricaricato di energie. Pensai ad un’isola, binomio perfetto di terra e acqua, e creai in seguito questa donna che nasce dal fuoco del vulcano, che guarda i due gabbiani, elemento di aria e di libertà, e che non ha un volto definito. Ero interessata a rappresentare tutte le donne del mondo, la loro rinascita ogni qual volta soffrono e devono riprendere in mano la vita. Quelle donne forti che guardano il futuro… magari un futuro roseo, come i colori del tramonto che ho dipinto».
Meno spontaneo, forse, ma dai tratti più definiti e sentimentalmente carico, è il profumato “Limoni”, il quale ci richiama, come se esso fosse il tassello di un mosaico, alle illustrazioni semplici riprodotte sui carretti siciliani, in cui vengono presentate spesso le scene salienti della Chanson de Roland. Su uno sfondo illimitato, costruito da una luce che cade da destra e che illumina il dipinto per metà, attraverso un porpora che varia gradatamente, spiccano una decina di agrumi, adornati da gelsomini e freschissime foglie: «Questo quadro è stato inserito nell’annuario di arte italiana “Artpages 2010”. Mi era stato commissionato da un cliente che ama i limoni, ma ho voluto riprodurre una scena tutta mia. Ho preferito lo sfondo scuro, per risaltare il giallo e l’arancione. Osservandolo da ogni angolazione, si ha l’illusione che gli agrumi ruotino. È uno dei miei preferiti, perché sembra di sentire l’odore dei gelsomini in primavera, tra le campagne della nostra amata Sicilia».
Dario Orphée