Dei comprimari riflessi, Luigi Abiusi (Sentieri Merdiani 2008) |
Dei comprimari riflessi
di Luigi Abiusi,
Sentieri Meridiani 2008, Collana Le diomedee
a cura di Daniele Maria Pegorari,
prefazione di Raffaele Cavalluzzi
«Gli
umani si direbbero affogati, in questi versi […] E un grande
disordine […] trasforma, ha già trasformato, la vita […] in
incubo senza attesa» – così scrive Raffaele Cavalluzzi in
un'appassionata prefazione a Dei
comprimari riflessi
di Luigi Abiusi (Sentieri Meridiani 2008), preannunciando l'atmosfera
rovinosa della raccolta.
Potrebbero
andare di pari passo ai Capricci
di Goya – per l'atmosfera grottesca e decadente –, oppure alle
vedute di un Salvator Rosa post-moderno – quali ad esempio
potrebbero essere i paesaggi distopici di Alessandro Busci, o le
Dinamiche
di Fabio Romano in cui l'artista rappresenta un doloroso e irrisolto
rapporto corpo-paesaggio.
Sono
«tratti, riflessi» «su un muro raschiato», sono parole
scaraventate
sul foglio.
Una
caduta dolorosa – quella dell'albatros di Abiusi – affatto
eroica, che dona al verso l'andamento d'una sorda litania e di un
canto «ritmico e intricato»:
1[...]Piove ancora.
Sotto il riparo dell'arco,
il lampione si scrolla
di un varco, della faglia
nella breve muraglia.
[...]
Abiusi
svolge tutto un paradigma di leitmotiv,
d'immagini di decadenza che si trasformano e s'influenzano a vicenda,
in base ai diversi momenti.
Interessante
notare, in particolare, come le immagini e i simboli del sole e della
luce vengono continuamente ribaltati come per una sorta di
«inquietudine del sole». Questi versi, direbbe l'animo poetante,
sono «un brusio moribondo che trasla la luce / nel silenzio»:
6
Sotto il ponte sta uno specchio
di piscio: indora dolcemente la finestra
e il lastrico, col mucchio fogliame
decomposto sole scostante
sulle piume di piccione
e gli occhi liquidi del cane
[…]
oppure:
11
[…]Nella gabbia di un balcone
i bambini giocano nel sole
arrampicato sui muri
a correre a spingere un pallone
in un tratto di sole:
corrono nella gabbia del sole.
E
così possiamo capire meglio il senso di espressioni come «peso
celeste», «vuoto del sole», «l'alba si appese al cielo», «cielo
innervato sopra la luna», «sono / poroso d'oblio».
Più
raramente, invece, il «dispositivo naturale» redime le immagini di
crudeltà – si contrappone alla «meticolosa vanità della sera» !
– e si sublima «nella disposizione angelica dell'orizzonte».
Spazio
interiore e paesaggio, lacerati dallo scontro luce/buio, assumono
qui, inoltre, una sostanza sempre visiva.
È
una poesia quasi-visiva questa che, come per un obbligo poetico
imposto a priori, pare trasformare tutto in immagine-spazio, anche
gli odori e i suoni.
Avvincente,
anche se rischia di sfociare nella maniera, questo modo eclettico di
giocare con le sinestesie: restituisce al verso, a tratti,
un'atmosfera di leggerezza, rubando (ed è proprio il caso di dirlo)
spazio alla cupezza generale della raccolta:
16
L'aria serale e aspra stava
dietro il silenzio monumentale,
d'incenso e striature d'altare
lune di vetri mosaici adocchiano
in mezzo al mosso fumo, incenso sale
che segna l'accesso
al portale di San Francesco:
ritorna viola, paesi sublunari,
accessi astrali, rossastri in mezzo
al deliquio d'incenso sale
dell'acqua, del canto:
lo spazio è sempre un sibilo
e un vuoto attuale,
o colma un cerchio astrale.
[…]
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Luigi
Abiusi (1974) è italianista e comparatista presso
l’Università di Bari, dove si occupa di storia letteraria ed
estetica del cinema. Su questi argomenti ha pubblicato diversi saggi,
tra cui la monografia Tempo di Campana. Divenire della poesia tra
Nietzsche e Deleuze (2008). È critico letterario e
cinematografico: collabora con le riviste Filmcritica,
Cinecritica, Critica letteraria e codirige, per
CaratteriMobili, il trimestrale online di cultura cinematografica
Uzak. Come poeta ha pubblicato i volumi Non un segno (2002) e
Dei comprimari riflessi (2008).
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