C'è spazio per tutti
di Piergiorgio Odifreddi
Mondadori 2010
pp. 266
€ 22
Qualche giorno fa, nel tentativo di trovare un libro originale, mi sono imbattuta in “C’è spazio per tutti” e ammetto che ho esitato a intraprenderne la lettura, divisa tra l’impressione di trovarmi di fronte ad un ‘polpettone’ matematico e la curiosità suscitata dalle immagini che avevo intravisto scorrendo frettolosamente le pagine. Alla fine la curiosità ha vinto e, aggiungerei, è stata premiata perché, fin dalle prime pagine, risulta evidente che etichettarlo come trattato di geometria significherebbe darne una definizione semplicistica e oltremodo riduttiva, senza contare il fatto che escluderebbe dalla lettura una fetta consistente di non “addetti ai lavori”. Al contrario, una delle peculiarità del saggio pubblicato nel 2010 da Piergiorgio Odifreddi consiste proprio nel tentativo di conquistare quel pubblico di lettori normalmente estraneo al tema. Con un risultato sorprendente: un’opera in cui l’autore è riuscito a coniugare mirabilmente il rigore del linguaggio matematico, indispensabile nelle dimostrazioni dei teoremi enunciati nel corso dei capitoli, ad uno stile espositivo più informale utilizzato nelle pagine dedicate a osservazioni di carattere filosofico, storico e artistico, che rendono la lettura più coinvolgente, fluida e leggera. Premessa fondamentale è il concetto di percezione umana dello spazio, da cui consegue l’impossibilità di andare oltre quelli che Kant definirebbe gli ‘a priori’, ovvero di liberarsi dalla “schiavitù dei sensi” che rappresentano l’unico strumento attraverso il quale l’uomo può conoscere il mondo che lo circonda. Un’impossibilità ribadita magistralmente dai versi del poeta inglese William Blake:
“Se si purificassero le porte della percezione, tutte le cose apparirebbero all’uomo come sono, infinite. Perché l’uomo rimane rinchiuso, finché vede ogni cosa attraverso le strette fessure della sua caverna”.
Abbandonati i preamboli, l’autore ripercorre la storia della geometria, una scienza le cui radici si perdono nella ‘notte dei tempi’ e di cui si hanno i primi significativi riscontri nelle opere giunte fino a noi dal misterioso Egitto. Un viaggio che inizia circa 4000 anni fa e che pone il lettore di fronte ad una riflessione tutt’altro che scontata circa la genesi della disciplina in questione. In effetti, parlando di antico Egitto e di Valle del Nilo, il pensiero corre immediatamente alle meraviglie architettoniche rappresentate dalle Piramidi e dalla Sfinge, opere che per la loro realizzazione richiedevano certamente una notevole conoscenza delle proprietà dei solidi geometrici. Ma nessuno, o quasi, porrebbe l’accento sul fatto che, oltre a soddisfare i faraonici desideri, c’erano necessità di carattere molto più pragmatico: ad esempio, ridefinire i confini dei campi dopo le inondazioni del Nilo, un’attività preziosa per una popolazione che faceva dell'agricoltura una fonte primaria di sussistenza. In altre parole, la nascita della geometria sarebbe strettamente legata al bisogno di effettuare “misurazioni del terreno”, il che giustifica sia l’etimologia della parola, derivata dal greco ‘geo’ (terra) e ‘metrein’ (misura), sia il motivo per cui questa disciplina può considerata la “parte più concreta della matematica”. Il percorso storico della geometria, ovvero lo “sviluppo nel tempo del concetto di spazio”, per citare le parole dell’autore, inizia dalla descrizione dei primi rudimentali metodi e strumenti di misura e arriva allo sviluppo di quei teoremi che tutti, almeno una volta, abbiamo incontrato nel nostro percorso scolastico.
Lasciando l'Egitto e volgendo lo sguardo a est, tra il verde intenso della lussureggiante giungla indiana, scopriamo che, già 3000 anni fa, gli altari votivi dedicati alle multiformi e variopinte divinità del culto indù e l’immensa varietà di simboli che rappresentano i concetti di perfezione, pace e meditazione, venivano realizzati sfruttando la conoscenza delle proporzioni tra particolari figure geometriche. Dopo l'India, è la volta della Grecia e degli uomini che ne hanno consacrato la civiltà e la cultura agli allori della storia: Talete, Archimede, Ippocrate, Platone e molti altri che con la loro sete di sapere hanno dato un impulso inarrestabile allo sviluppo di una moltitudine variegata di discipline scientifiche e umanistiche, dalla filosofia all’astronomia e, naturalmente, alla matematica e alla geometria. Scienziati dotati di un innato eclettismo, ma spesso dallo stile di vita decisamente fuori dal comune, come risulta dagli aneddoti, reali o presunti, riportati nelle loro biografie e che l’autore ha deciso di riproporre tra le pagine del suo libro, quasi per conferire loro una dimensione più vicina a quella dei ‘comuni mortali’.
Come già anticipato, il libro racchiude una straordinaria raccolta di immagini, tra cui le riproduzioni delle tele rinascimentali di Raffaello Sanzio raffiguranti alcuni dei personaggi citati. Oltre alle illustrazioni di carattere geometrico, che costituiscono un valido ausilio per la comprensione dei teoremi dimostrati, è interessante soffermarsi a esaminare le riproduzioni di quadri celebri in cui è possibile ritrovare una connessione profonda con figure geometriche più o meno note: a partire da George Seurat e al divisionismo che rappresenta le figure attraverso insiemi di punti colorati, all’astrattismo di Vasilij Kandinskij costruito sulle riproduzioni di punti, linee e superfici di svariate forme e dimensioni, fino ad arrivare ad artisti più recenti quali Salvador Dalì o Piet Mondrian e alle sue colorate composizioni di quadrati. Non mancano, inoltre, immagini e fotografie relative a monumenti e sculture di interesse artistico mondiale, nei quali anche l'occhio meno esperto ha la possibilità di riconoscere e apprezzare l'estrinsecazione architettonica delle forme geometriche: dalla pianta ottagonale della fortezza normanna di Castel del Monte, alla forma ellittica di Piazza San Pietro, senza contare l'uso delle figure geometriche nell'iconografia religiosa, non solo cristiana (uno dei monumenti più importanti del culto islamico è la Ka'-ba, il cubo nero di La Mecca). Ai matematici greci si devono, infine, alcune scoperte sorprendenti nel campo dell’astronomia che, in mancanza dei moderni strumenti di calcolo, sono state possibili grazie all'applicazione di teoremi geometrici: la misura, ovviamente approssimativa, della distanza Terra-Sole e una pionieristiche formulazione della teoria eliocentrica, risultati straordinari che verranno formalizzati e accolti dal mondo scientifico solo molti secoli dopo grazie agli studi di Keplero, Newton e Galileo.
Il lungo iter storico che si snoda tra le pagine del libro, si chiude con il ricordo dalla morte di Ipazia di Alessandria, astronoma, filosofa e matematica, uccisa barbaramente da un gruppo di fanatici cristiani e divenuta simbolo del sapere libero. L'epoca classica si chiude definitivamente e il testimone passa agli arabi che proseguiranno e arricchiranno di nuove scoperte il campo dell’aritmetica e della geometria.
In conclusione, “C'è spazio per tutti” è un libro davvero ‘sui generis’ che conferma le doti di divulgatore scientifico di Odifreddi; una trattazione non convenzionale della geometria, in cui non mancano l'ironica e qualche punta di irriverenza. Non solo un viaggio entusiasmante che, partendo dalla geometria, coinvolge svariati settori dell’universo infinito dello scibile umano, ma anche una sapiente dimostrazione del fatto che nessuna disciplina è fine a sé stessa in quanto ognuna arricchisce il sapere di una sfumatura diversa proprio come ogni colore della tavolozza regala al quadro un tocco unico e imprescindibile.
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