di Vincenzo Consolo
La Lepre Edizioni, Roma 2009
con illustrazioni di Cecilia Capuana
pp. 61
€ 10,00
Due racconti inediti, questi di Vincenzo Consolo, intervallati dalle illustrazioni di Cecilia Capuana, create ad hoc per un librino del tutto inaspettato. Come inaspettato è ciò che accade nei viaggi - reali e/o immaginari - che coinvolgono l'io narrante e i personaggi secondari (quasi comparse, irrilevanti ai fini della narrazione). Nel primo racconto, tutto ambientato in Grecia, è l'ekphrasis tradizionale a innescare un racconto nel racconto: l'io narrante, che viaggia con la moglie, davanti a monumenti, sculture e dipinti del passato viene immaginificamente a rivivere i tempi mitologici. Vero e proprio cammeo di marca descrittiva, il viaggio - quasi onirico -, non trasforma la realtà circostante, né ha un impatto sul ritorno al presente dell'uomo, né l'esperienza è condivisa con la moglie o con il folkoristico taxista. Il viaggio riprende, ed è curioso chiedersi se questo viaggio nel passato non sia per Consolo una minima pausa ritagliata entro la scontatezza del presente:
Smuovo le mani nell'aria per fugare l'affanno, frantumare allucinazioni, fantasmi. Cerco di muovere i passi, fuggire dall'incantesimo, da quello spazio stregato, dalla lunga storia angosciosa di questa superba città, dell'incantevole isola, che in figure, in ossessione mi viene. (p. 47)
Fantasmi e rovine dense di storia popolano anche il secondo racconto, dedicato alla bella Palermo. Qui, l'io-narrante, che impersona uno scrittore (forse lo stesso Consolo?), si trova a dover descrivere il presepe natalizio, o meglio a costruire un racconto che metta in parole una delle più ineffabili e commoventi tradizioni cattoliche. Riflessioni e dialoghi con il signor Baudot, che gli commissiona il racconto, innescano una dialettica sempre aperta tra la descrizione e l'ineffabilità della bellezza stessa: come rappresentare quanto è da sempre - e non solo per i dogmi cristiani - inesprimibile?
"Non è meglio lasciar tutto questo senza parola, commentarlo con solo la musica?" dico al signor Baudot.E proprio perché non si può inventare nulla, Consolo propone un racconto problematizzato, metaletterario e tutt'altro che scontato. Spontaneo, per entrambi i racconti, è maledire la loro brevità: si vorrebbe molto più Consolo, poi. Per questo li definirei un allettante invito alla lettura della produzione di Consolo.
"No, no, scherziamo? La parola ci vuole, ci vuole il racconto per far capire ai bambini, incantarli di più".
Ma cosa posso mai inventare? Posso solo descrivere, e nel modo più banale, tutta questa bellezza.
(pp. 55-56)
Gloria M. Ghioni