Vivere non basta. Lettere a Seneca sulla felicità
di Marcello Veneziani
Mondadori, Milano 2011
pp. 133
€18.50
A volte si fa fatica a trovare un libro che corrisponda al proprio sentire e alla soddisfazione delle proprie aspettative. Capita di vagare tra gli scaffali dei propri argomenti preferiti senza però riuscire a fermare lo sguardo su quel titolo desiderato. Inaspettatamente, un fatto di cronaca o di attualità fa saltare all'attenzione dell'intelletto proprio il testo che si cercava, quello adatto, quello che sia in grado di risvegliare il piacere della lettura.
Con Vivere non basta molti hanno sperimentato questo tipo di eventi. Un libro nuovo, sulla scia della fantasiosa scoperta delle lettere che Lucilio scrisse a Seneca; ecco allora che un personaggio di spessore come il grande filosofo torna a galla dall'aurea di classicità in cui gli accademici lo hanno relegato. E oggi ancora, invece, grazie a un appassionato come Veneziani, il lettore si trova non tanto a riprendere in mano la filosofia e il latino classico ma a pensare con un raziocinio altro, fino a toccare sfere più alte. In questo testo, ardito per l'accostamento al nobilissimo destinatario/mittente Seneca, uno stile buono, fluente e maturo si estende in una serie di lettere al “maestro” con cui Lucilio quasi interloquisce o si confessa vis à vis con l'amato, dotto e illustre amico. Lucilio portando nella sua penna le gioie e le angosce, le domande e le ribellioni di ognuno di noi espone al maestro la sua visione del mondo che vuole essere, e al contempo non vuole essere, quella di Seneca stesso. Il fluire dolce e rispettoso dell'autore delle missive si cimenta in una serie di esposizioni in cui di volta in volta si asseconda o si critica in senso costruttivo quelle che sono state le idee stesse del filosofo, incredibilmente attuali ed eccezionalmente vicine al messagio cristiano.
Non c'è ipocrisia in queste pagine. Si affrontano i problemi e le domande con un principio solido di maturità, in cui le fasi della vita ed i vari aspetti che la animano - il dolore, la gioia, l'amore e le sue manifestazioni - sono messe a disposizione della riflessione di ognuno dei lettori, quasi ad imbandire una tavola da cui attingere ma senza idee precostiutite o intoccabili.
Fa sempre piacere incontrare autori come Veneziani, perché nella produzione scrittoria se ne percepisce il senso ed il desiderio di voler comunicare l'umanità, un umanesimo che non stanca per la monotonia di idee prese in prestito ma che attinge direttamente all'esperienza della propria corporeità.
Esperienza del limite e della grandezza dell'uomo in un lodevole intento di condivisione nella sua forma più alta e sublime che è quello del pegno dello scrittore nei confronti del lettore. Il messaggio è chiaro e forte: anche oggi gli individui non possono limitarsi a vivere la vita che hanno ricevuto ma devono potersi impegnare affinché la preziosità dell'esistenza sia spesa nel dedicarsi, facendo fruttare le ore del nostro vivere nella delicatezza dell'implicito donarsi.
A volte si fa fatica a trovare un libro che corrisponda al proprio sentire e alla soddisfazione delle proprie aspettative. Capita di vagare tra gli scaffali dei propri argomenti preferiti senza però riuscire a fermare lo sguardo su quel titolo desiderato. Inaspettatamente, un fatto di cronaca o di attualità fa saltare all'attenzione dell'intelletto proprio il testo che si cercava, quello adatto, quello che sia in grado di risvegliare il piacere della lettura.
Con Vivere non basta molti hanno sperimentato questo tipo di eventi. Un libro nuovo, sulla scia della fantasiosa scoperta delle lettere che Lucilio scrisse a Seneca; ecco allora che un personaggio di spessore come il grande filosofo torna a galla dall'aurea di classicità in cui gli accademici lo hanno relegato. E oggi ancora, invece, grazie a un appassionato come Veneziani, il lettore si trova non tanto a riprendere in mano la filosofia e il latino classico ma a pensare con un raziocinio altro, fino a toccare sfere più alte. In questo testo, ardito per l'accostamento al nobilissimo destinatario/mittente Seneca, uno stile buono, fluente e maturo si estende in una serie di lettere al “maestro” con cui Lucilio quasi interloquisce o si confessa vis à vis con l'amato, dotto e illustre amico. Lucilio portando nella sua penna le gioie e le angosce, le domande e le ribellioni di ognuno di noi espone al maestro la sua visione del mondo che vuole essere, e al contempo non vuole essere, quella di Seneca stesso. Il fluire dolce e rispettoso dell'autore delle missive si cimenta in una serie di esposizioni in cui di volta in volta si asseconda o si critica in senso costruttivo quelle che sono state le idee stesse del filosofo, incredibilmente attuali ed eccezionalmente vicine al messagio cristiano.
Non c'è ipocrisia in queste pagine. Si affrontano i problemi e le domande con un principio solido di maturità, in cui le fasi della vita ed i vari aspetti che la animano - il dolore, la gioia, l'amore e le sue manifestazioni - sono messe a disposizione della riflessione di ognuno dei lettori, quasi ad imbandire una tavola da cui attingere ma senza idee precostiutite o intoccabili.
Fa sempre piacere incontrare autori come Veneziani, perché nella produzione scrittoria se ne percepisce il senso ed il desiderio di voler comunicare l'umanità, un umanesimo che non stanca per la monotonia di idee prese in prestito ma che attinge direttamente all'esperienza della propria corporeità.
Esperienza del limite e della grandezza dell'uomo in un lodevole intento di condivisione nella sua forma più alta e sublime che è quello del pegno dello scrittore nei confronti del lettore. Il messaggio è chiaro e forte: anche oggi gli individui non possono limitarsi a vivere la vita che hanno ricevuto ma devono potersi impegnare affinché la preziosità dell'esistenza sia spesa nel dedicarsi, facendo fruttare le ore del nostro vivere nella delicatezza dell'implicito donarsi.
Francesco Bonomo