di Michele Toniolo
Galaad Edizioni, 2011
€ 5
pp. 48
«Accade che a volte, quando sa che resta, una malattia ti prepara da subito, vuole che tu la conosca» (p. 19)
Poco più di
un racconto, quasi un requiem, questa quarantina di pagine che l’anonimo io
narrante dedica ad Alice, madre che accompagna la malattia del figlio, l’ictus
che – quasi innominato, più volte alluso, ma onnipresente nel tessuto narrativo
– travolge e stravolge quella personalità che era convinta di conoscere a
memoria. E il narratore capisce che per ricostruire l’approssimarsi della
morte, unico processo che interessa ad Alice («Solo la morte interessa ad
Alice, la modalità della morte. Il modo in cui essa si presenta», p. 12), non
si può procedere per un narrare disteso, né per episodi, perché ci sono solo
continui strappi, violenti peggioramenti e ancor più crudi dubbi che assillano.
Dunque non si può avanzare che per parole-chiave, scandite dal narratore
onnisciente, o meglio padrone e orchestratore solo di quella parte di realtà che Alice decide di
condividere. Il narratore si fa allora mediatore di una verità che si può
portare sulla pagina per riflessioni e sincopi, tra raziocinio e amore innato.
E così le parole delitto, autunno,
debolezza, croce, amore, salvezza, fuoco, colpa… si spogliano del significato letterale, per
assumere una connotazione personale, in questa lotta a tratti feroce, a tratti
arrendevole.
Possibile o impossibile reagire alla malattia di un nostro caro? E
come? Non si pensi che in queste poche pagine si trovi una guida; ma un’Esperienza,
sporca di quell’amore che a volte porta a trasfigurare la realtà, a costo di
negare i fatti, come si scoprirà nelle ultimissime pagine.
Struggente,
condivisibile fino alle lacrime: un passaggio per la malattia in punta di
piedi. Per gli spiriti più sensibili.
Gloria M. Ghioni
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