Il Mai
di Anna Casalino
Autodafé, 2010
pp. 160
€ 15
Giulia Terra ricomparve nella mia vita dopo sette anni. Ero certa che non avrei più sentito parlare di lei; l’avevo relegata nel passato remoto della memoria, sicura di non incontrarla mai più. È vero, dall’ultima volta che l’avevo vista non era trascorso giorno in cui non avessi dedicato un seppur fuggevole pensiero a quella troia; ma i ricordi avevano smesso di farmi male e Giulia era diventata parte di un passato a cui pensare con distacco o a cui non pensare affatto.
Arianna è una giovane segretaria di Pesaro piuttosto confusa e insoddisfatta della sua vita. Un giorno, passando davanti alla libreria del padre, si imbatte in una suadente copertina: caratteri bianchi e opachi su uno sfondo nero e lucido sussurrano la parola Mai. L’autrice esordiente del fortunato romanzo è Giulia Terra, sua vecchia e fascinosa compagna di università. La vecchia, fascinosa e stronza coinquilina che anni prima le aveva rubato il manoscritto del romanzo che ora ammicca nelle librerie di tutta Italia.
Si apre così una storia a doppio filo, presente e passato si mescolano tra le pagine: gli anni universitari ricchi di eccessi, speranza ed energia, lasciano il posto ad un’attualità dove Arianna non è felice e deve fare i conti con le delusioni e le occasioni perdute di un tempo neanche troppo lontano. Come riprendere in mano la propria vita e come tornare a scrivere?
Gli ingredienti mi sono piaciuti subito: storia al femminile, ambizioni letterarie che pervadono così tanti studenti universitari, cosa fare quando la vocazione per la scrittura sembra venir meno… un po’ come mettervi davanti la vostra torta preferita. Non si dice di no nemmeno alla seconda fetta. Il rischio che si incorre in questo genere di narrazione è di cadere nello stucchevole, ovvero di declinare la storia al femminile nelle tinte tenui del rosa pastello con conseguente perdita di verosimiglianza e possibilità per il lettore/ lettrice all’identificazione.
L’autrice ha brillantemente scongiurato il pericolo con originalità e forza linguistica. I rapporti tra le protagoniste non sono affettati o portati all’estremo melodrammatico, ma sono tormentati, torbidi, estremamente reali. Non ci troviamo di fronte a signorine compite, ma a studentesse un po’ alla “Rive Gauche” che non disdegnano qualche droga per stimolare il processo creativo. Anche il linguaggio che è, a mio avviso, il vero punto di forza della narrazione, è crudo, anche se mai eccessivo, ed estremamente tangibile. C’è tanta amarezza, ma, come nel vaso di Pandora, in fondo c’è sempre la speranza. Leggendo queste pagine ci si può veramente sentire affini ad Arianna, sognare con lei un futuro da scrittrice, patire le sue stesse frustrazioni e delusioni quando i colori della vita sono in mille sfumature, ma di certo non a tinta pastello.
Giulia Pretta