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Il salotto - “Dietro a una Piuma Bianca”, di fronte la natura. Intervista a Sergio Mangiameli

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Dietro a una Piuma Bianca
di Sergio Mangiameli

Puntoacapo Edizioni, 2010



Tutto ha inizio su un taxi, un classico taxi giallo di New York. Sergio Mangiameli è seduto sui sedili posteriori e osserva la città. Pensa alla neve e alla sua amica Liliane, una donna piena di poesia. Poi, uno chalet, un pianoforte, una tazza di caffè e alcune note di Brahms. La chiave di violino che apre “Dietro a una Piuma Bianca” coincide con l’impetuosità dell’autore: rabbia, vecchi ricordi, voglia di libertà. Ma anche amore per la natura…
È vero, sono debitore nei confronti della natura in generale, della montagna in particolare. La montagna mi ha salvato in adolescenza dal senso di profonda incomprensione che vivevo in famiglia. Lasciavo la tensione a valle e in montagna trovavo la serenità; cosa peraltro che mi succede anche oggi a 47 anni, per tornare in pace con me stesso dopo il lavoro. Devo sentire con una certa frequenza il senso di appartenenza alla natura, come correre nei boschi più remoti o sciare sulla neve intonsa.


Metaforicamente, ciò che troviamo tra le pagine di un libro è un’immagine, vista da differenti prospettive: un lupo in gabbia. Lo scrive anche: 
A cosa serve trattenere un lupo in gabbia, se i suoi occhi sono altrove e non ci guardano nemmeno? (p. 38)
Di chi sono quegli occhi? Sono i suoi?
No, non sono i miei occhi. Sono gli occhi di tutti coloro che vogliamo tenere sotto chiave per paura di perderli. La prova è semplicissima: si apra la porta e si veda chi rimane.


Nel romanzo scorrono pensieri della sua infanzia. E scorrono anche antidoti per liberarsene: uno di questi è l’istinto. Che tipo di istinto?
L’istinto mi ha portato a risalire i fianchi della montagna, di quella che qui si dice “’a Muntagna”, l’Etna. Non sapevo cosa avrei trovato, ma l’attrazione era forte. E la mia vita è cambiata. L’istinto mi ha portato a conoscere alcune persone, certi luoghi, compiere determinati viaggi, che mi sono serviti per il cambiamento che volevo e che è ancora in opera. Credo che ognuno di noi abbia il potere di attrarre eventi e soprattutto persone, che ci servono per imparare; poi dipende da noi scegliere cosa farne di queste persone. 


A circa metà libro fa capolino un capitolo intitolato “Dimenticare”. Lei scrive una frase, secondo me, da incidere su marmo: 
...dimentichiamo di dare ascolto ai bambini. (p. 51)
Se ce ne ricordassimo, infatti, ricorderemmo noi stessi. È così? 
Esattamente. I bambini sono come gli animali: essenziali. Vivono il tempo presente, come gli animali. Giocano seriamente, e danno fondo a tutte le loro energie, qui e adesso, come gli animali. I bambini hanno in sé il senso della vita, qui e adesso. Roba che gli adulti equilibrati e affidabili tendono a dimenticare, vivendo costantemente in un tempo futuro di piani e programmazioni. Cioè, scollati dalla realtà, con tutto quello che ne comporta. Ai bambini, io affiderei la consulenza di un Parco Naturale, per esempio*.



Infine, tornerei al concetto “natura”. La mia domanda è: cosa si impara da essa? 
S’impara il ruolo. Se si pensa che la Terra c’è da quattro miliardi e mezzo di anni e l’uomo è arrivato l’ultimo milione, si capisce la proporzione e dunque il ruolo. Noi siamo figli di questo mondo come tutte le altre specie viventi, col compito di consegnarlo a chi viene dopo esattamente come a noi è stato consegnato. La natura di questo mondo esiste da parecchio tempo prima di noi, e dunque non è la natura ad aver bisogno dell’uomo, ma il contrario. Conservare la natura e averne cura non è solo rispetto, ma un atto di egoismo per il senso di appartenenza che in fondo sentiamo tutti, e che ci permetterebbe di vivere meglio. Se poi osserviamo il comportamento naturale di alcune specie viventi molto intelligenti e sociali, come per esempio il lupo, possiamo capire anche che se la nostra società avesse regole rispettate con ruoli ben definiti di ogni componente, non ci sarebbero devianze. Nel branco dei lupi c’è una coppia fissa fedele a stessa per tutta la vita, col maschio che fa da capobranco; c’è una gerarchia ben precisa in cui però tutti collaborano alla vita del branco; ogni lupo è sempre pronto a dare la propria vita per qualcosa che sente più grande di sé e che continuerà dopo di sé, che è appunto il branco. L’associazione che ho fondato, che è basata proprio sul senso di appartenenza alla natura, si chiama Piuma Bianca e prende il nome dalla forma della coda del Malamute**.


*Il capitolo “Dimenticare” è il testo di un esperimento artistico: il trailer “Per un soffio di vento” http://www.youtube.com/watch?v=rLuxcrHpu7c di Gian Maria Musarra, musica di Giovanni Sollima, voce di Aldo Leontini. “Per un soffio di vento” è stato finalista al Catania FilmFest 2011.
**Per maggiori informazioni: http://www.facebook.com/pages/Piuma-Bianca/195997427109778 



intervista a cura di Dario Orphée