Roberto Saviano è un grande scrittore e Gomorra (2006) è un grande libro. La sua lettura non è affatto semplice e alla fine, quando metti gli occhi sull'ultima parola, la sensazione globale di quello che hai letto è di sgomento. Ogni finzione (romanzo) ben riuscita lascia un sapore simile, ma il problema è che quello che si racconta in Gomorra non è finzione. La chiave del testo sta tutta in quel "racconta" e mette in luce il vero talento di Saviano: è un grandissimo narratore, in grado di raccontare qualsiasi tipologia di fatto con la semplicità della favola. Ecco che Gomorra non è semplice inchiesta, non è semplice giornalismo, non è semplice cronaca. Ma allora cos'è? Su questa domanda dibattono da qualche anno gli italianisti di mezzo mondo e il testo di Saviano è entrato come un coltello nel burro nei corsi di letteratura italiana contemporanea nelle università straniere.
I problemi che pone Gomorra sul piano del genere (romanzo o saggio) sono di fondamentale importanza per il dibattito letterario contemporaneo. La novità rappresentata dal libro di Saviano sta nel fatto che lo scrittore racconta fatti veri utilizzando strumenti della finzione letteraria. Sul piano dei contenuti Gomorra è un saggio, ma su quello della forma è un romanzo. E dà ragione, indirettamente perché l'intento di Saviano era un altro (logico!), a quella linea critica che fa capo ad Hayden White e secondo la quale una distinzione netta tra storia e letteratura, tra discorso storico e discorso figurativo è impossibile. White fa l'esempio di Primo Levi. Un altro scrittore italiano, un altro grande scrittore italiano.
Ma il nostro non è un paese normale e allora un grande scrittore italiano come Saviano viene risucchiato dal tritacarne mediatico, dato in pasto alla televisione, messo in prima serata in un bel programma come Vieni via con me. Questo ha comportato che Saviano non sia più considerato come uno scrittore e basta. La sua insistenza nel ribadire che lui è uno che scrive, che il suo mestiere è raccontare, è una testimonianza del fatto che la cosa migliore che possiamo fare per Saviano e per l'Italia è quella di restituirlo alla sua macchina da scrivere. Perché torni a darci un libro (speriamo moltissimi) che risvegli in noi quello sgomento che ha risvegliato Gomorra, che apra gli occhi al lettore sullo schifo nel quale viviamo ogni giorno, che disveli con le sue parole gli inganni del potere. Che lo sfidi, questo potere, a colpi di penna come prima di lui hanno fatto Sciascia e Pasolini, perché il posto di Saviano è quello e non, come domenica scorsa, nello studio di Che tempo che fa.
Alessio Piras