Per Criticaletteraria, l’intervista a Idolo Hoxhvogli, autore di “Introduzione al mondo. Notizie minime sopra gli spacciatori di felicità” edito da Scepsi&Mattana Editori (clicca qui per la recensione).
D. Partiamo con una domanda classica. Introduzione al mondo catapulta in un posto spietato, tagliente e che si percepisce senz’anima. Da dove è nata quest’idea? Lunga elaborazione oppure c’è stato un momento folgorante?
Questo libro non è nato da un momento. Non è nato da una lunga elaborazione. È nato dalla vita. Sì, è vero, catapulta in un posto violento e spietato: la città dell’allegria. Gli abitanti sono cinici, la serenità viene dilaniata, l’innocenza fagocitata dal male, quasi una sorta di città del peccato: le situazioni descritte sono feroci, le conversazioni astute e maliziose, lo stile è a volte orrendamente violento, a volte da libro per bambini. Un critico mi ha obiettato: è un libro pessimista, taglia le componenti felici. La mia risposta è: in primo luogo un libro non ha il compito di essere ottimista, in secondo luogo un libro non ha il dovere di essere d’accordo con il lettore. Come il lettore può avere una visione del mondo diversa rispetto a quella del libro, anche il libro ha questa libertà. Per cui me ne frego dell’obiezione di pessimismo. Introduzione al mondo è un libro di critica dell’allegria contemporanea, come si può criticare l’assenza di happy end nel libro? I lettori di happy end sono pregati di astenersi dalla lettura, che continuino pure a spararsi per endovena l’eroina chiamata “assenza di sguardo critico”, “pensiero convergente”, “narrazione aproblematica”.
D. La prima parte del lavoro evidenzia la percezione negativa dello straniero/forestiero: viene maltrattato dagli abitanti e non sa da che parte girarsi a causa del rimbombo degli altoparlanti. È un rifiuto dello straniero in senso attuale (anche se faccia
mo un gran parlare di globalizzazione) oppure è una reminescenza baudeleriana dello straniero/poeta?
Si tratta del rifiuto dello straniero in senso attuale. Ci tengo a sottolineare, e ti ringrazio per avermene dato l’opportunità con questa domanda, che Introduzione al mondo non è un libro specificatamente dedicato ai migranti, all’intercultura, al problema dell’incontro con lo straniero. Questi problemi vengono trattati, ma i temi principali sono l’allegria e la sua decapitazione: in Introduzione al mondo non solo cerco di mostrare la falsità dell’allegria emessa dal contemporaneo, ma cerco anche di mostrare come l’allegria bugiarda del presente si adoperi per soffocare le sacche di verità, per manipolare e sventrare la più significativa innocenza. In merito a questo libro, devono essere evitate le etichette di autore migrante e letteratura migrante. Il libro tratta del migrante, del forestiero, dello straniero, ma non è un libro sui migranti, è un’opera sul contemporaneo. Capisco che etichettare faciliti il compito dei lettori, dei librai, dei critici, ma le categorizzazioni devono essere aderenti alla realtà. La realtà è che in Introduzione al mondo la componente interculturale è una componente funzionale a, un pretesto per trattare del contemporaneo: la figura del forestiero non è un punto di arrivo, è un punto di partenza. Quella di letteratura migrante è un’etichetta che sta stretta a Introduzione al mondo.
Questo libro non è nato da un momento. Non è nato da una lunga elaborazione. È nato dalla vita. Sì, è vero, catapulta in un posto violento e spietato: la città dell’allegria. Gli abitanti sono cinici, la serenità viene dilaniata, l’innocenza fagocitata dal male, quasi una sorta di città del peccato: le situazioni descritte sono feroci, le conversazioni astute e maliziose, lo stile è a volte orrendamente violento, a volte da libro per bambini. Un critico mi ha obiettato: è un libro pessimista, taglia le componenti felici. La mia risposta è: in primo luogo un libro non ha il compito di essere ottimista, in secondo luogo un libro non ha il dovere di essere d’accordo con il lettore. Come il lettore può avere una visione del mondo diversa rispetto a quella del libro, anche il libro ha questa libertà. Per cui me ne frego dell’obiezione di pessimismo. Introduzione al mondo è un libro di critica dell’allegria contemporanea, come si può criticare l’assenza di happy end nel libro? I lettori di happy end sono pregati di astenersi dalla lettura, che continuino pure a spararsi per endovena l’eroina chiamata “assenza di sguardo critico”, “pensiero convergente”, “narrazione aproblematica”.
D. La prima parte del lavoro evidenzia la percezione negativa dello straniero/forestiero: viene maltrattato dagli abitanti e non sa da che parte girarsi a causa del rimbombo degli altoparlanti. È un rifiuto dello straniero in senso attuale (anche se faccia
mo un gran parlare di globalizzazione) oppure è una reminescenza baudeleriana dello straniero/poeta?
Si tratta del rifiuto dello straniero in senso attuale. Ci tengo a sottolineare, e ti ringrazio per avermene dato l’opportunità con questa domanda, che Introduzione al mondo non è un libro specificatamente dedicato ai migranti, all’intercultura, al problema dell’incontro con lo straniero. Questi problemi vengono trattati, ma i temi principali sono l’allegria e la sua decapitazione: in Introduzione al mondo non solo cerco di mostrare la falsità dell’allegria emessa dal contemporaneo, ma cerco anche di mostrare come l’allegria bugiarda del presente si adoperi per soffocare le sacche di verità, per manipolare e sventrare la più significativa innocenza. In merito a questo libro, devono essere evitate le etichette di autore migrante e letteratura migrante. Il libro tratta del migrante, del forestiero, dello straniero, ma non è un libro sui migranti, è un’opera sul contemporaneo. Capisco che etichettare faciliti il compito dei lettori, dei librai, dei critici, ma le categorizzazioni devono essere aderenti alla realtà. La realtà è che in Introduzione al mondo la componente interculturale è una componente funzionale a, un pretesto per trattare del contemporaneo: la figura del forestiero non è un punto di arrivo, è un punto di partenza. Quella di letteratura migrante è un’etichetta che sta stretta a Introduzione al mondo.
D. Se ti chiedessero di definire il genere letterario del tuo lavoro cosa sceglieresti?
Introduzione al mondo è un libro di prose brevi. La prosa breve non è, a differenza del racconto, vincolata a ipoteche narrative, non è costretta a narrare nel senso tradizionale del termine, tuttavia può anche farlo. Se è vero che una prosa breve può essere anche un racconto, un racconto non esaurisce l’ambito e le possibilità della prosa breve. Personalmente non amo parlare di generi e forme, la mia posizione è più radicale: esiste la scrittura, e la scrittura deve comunicare un’esperienza capace di trascendere l’attimo individuale per riflettere l’epoca e la dimensione collettiva. L’insegna di un negozio non indica alcun genere letterario canonico, tuttavia molte insegne dicono di un’epoca più di molti romanzi di successo. Cos’è arte? Cos’è letteratura? L’insegna capace di rivelare o il romanzo che non dice niente? Nella vita non ci sono generi, è tutto mescolato. Non vedo dunque perché preoccuparmi del genere di un libro. Il libro è scrittura, punto. Introduzione al mondo è un romanzo di formazione gettato dalla finestra: i cocci sopra l’asfalto sono le prose che lo compongono. Introduzione al mondo è un mosaico di materiali diversi in cui la prosa breve è un dettaglio che riflette l’intero. Introduzione al mondo è un libro di frammenti, perché frammentata è la nostra esperienza: un’esperienza incapace di generare una grande narrazione che funga da collante del nostro vissuto autistico e fratturato.
D. Domanda di più ampio respiro. Secondo te, l’arte e la poesia hanno spazio nel mondo in cui viviamo? Sono ancora un potente mezzo di comunicazione/denuncia/espressione sociale? Mi vengono in mente, ad esempio, i caffè del periodo illuminista o i movimenti pittorici impressionisti ed espressionisti.
Per un verso sembra che l’arte abbia un posto importante nella società contemporanea (festival, mostre, rassegne varie), per un altro verso, però, se ne promuove una fruizione che rende l’arte moda, tendenza, prodotto commerciabile e facilmente fruibile: l’arte, in un certo senso, è spettacolarizzata. Pensa a scrittori-star, artisti-star, architetti-star, poeti-profeti. La spettacolarizzazione è incompatibile con l’arte perché, mentre lo spettacolo vive dell’attimo sensazionale, l’arte vive della riflessione problematica e sofisticata. Si nota, a supporto della mia tesi, che molte persone, pur leggendo una discreta quantità di romanzi di successo, non sono capaci di riconoscere neppure la validità di un sillogismo, cioè di un ragionamento ridotto all’osso, non sono capaci di cambiare idea, non sono capaci di riconoscere un pensiero altro, un linguaggio diverso, non sono assolutamente in grado di capire il valore delle espressioni artistiche che non siano immediatamente omologabili al proprio vissuto. Il loro modo di fare non ha nulla a che vedere con l’arte e la cultura: il loro è un radicalchicchismo pestilenziale e carico di titoli ed etichette, un intrattenimento per intellettuali allo champagne. Moltissimi quotidiani non hanno la sezione Cultura, ma hanno la sezione Cultura & Spettacolo. Questa è un’altra traccia del problema che ho appena espresso: mettere Emanuele Severino accanto a Pupo è come mettere l’assassinio di una bambina accanto alle dichiarazioni di Platinette sulla medicina estetica. La letteratura – l’arte in generale – non è solo un modo potente di comunicazione, espressione e denuncia: è l’unico modo, perché solo l’arte trascende l’esperienza individuale elevandola a modello, pietra di paragone, sintomo di un’epoca.
D. Questa invece è una domanda che mi piace sempre fare e che mi pongo periodicamente anch’io. Proviamo a immaginare di “introdurci” in un altro mondo. In che libro ti piacerebbe vivere?
D. E chiudiamo con una domanda ancora più classica della prima: hai già altri progetti avviati?
Sì, un secondo libro, dallo stile più ironico e corrosivo rispetto a Introduzione al mondo. Il mio modello è l’acido muriatico. Saranno minime le parti di narrativa speculativa e più ricche quelle caustiche e mordaci.
Aspettiamo con ansia il nuovo lavoro dunque. Grazie mille per la disponibilità.