Una casa di petali rossi
(The Girl In The Garden)
di Kamala Nair
Nord, 2012
La scritture liminali sono sempre
le più feconde. Lo sa bene la letteratura angloamericana, tanto familiare col
concetto di frontiera e di identità multiculturale: si pensi ai capolavori di
Salman Rushdie, o a tanta narrativa il cui volto ha fattezze occidentali e
orientali insieme. Nel caso di Una casa
di petali rossi, esordio narrativo di Kamala Nair uscito in Italia il 26 aprile per
Nord, questa commistione di stimoli visivi e letterari ottiene un felicissimo
risultato. E non poteva essere altrimenti: l’autrice è una giovane
rappresentante della cosiddetta «second generation», termine che in una società
indica chi proviene da una famiglia di origini straniere ma, nato e cresciuto
altrove - tra Londra e gli Stati Uniti, nel caso della Nair - ne ha ormai metabolizzato
le istanze culturali, che hanno interagito con le proprie origini a un livello
più sotterraneo, e per questo
misterioso.
Una casa di petali rossi racconta un viaggio di ritorno, di
reimmersione nei «sounds and scents of deep India». I suoni e i profumi
nel profondo dell’India. La stessa autrice svela il fondo autobiografico di
questa storia, nata da un viaggio che lei realizzò davvero - e alla stessa età
della protagonista Rakhee - nel Kerala, la terra del padre, dove il
nonno aveva fondato un ospedale che praticava la medicina ayurvedica. È
esattamente la stessa premessa del romanzo, ma con un’importantissima
differenza: in Una casa di petali rossi
il Kerala non è la terra del padre, ma la terra della madre. È Amma a provenire
dalle viscere dell’India; Abba, il padre, proviene dall’ambiente metropolitano
di Delhi, che non è per niente avvolto nel mistero. Quest’informazione è
fondamentale, perché Una casa di petali
rossi è un "romanzo delle madri"; lo avrebbe amato per questo, ne sono
sicura, l’italianissimo Elio Vittorini. Perché il viaggio nel Kerala significa
per la piccola Rakhee essenzialmente una cosa: scoprire la natura
incontrollabile della propria madre. Una natura divina, ma di una divinità mutevole e
terribile: Amma è la dea del silenzio e dei petali rossi che frusciano al
vento, è un personaggio sfuggente, che può coltivare dentro di sé la dolcezza
dell’istinto materno e il rifiuto stesso della maternità, capace di tenere per
mano e costruire prigioni. La casa della nonna, che prende il nome dall’albero
dai petali rossi, Ashoka, non è altro
che la casa delle madri: Mutashani, la nonna, non è che lo specchio/spettro di
Amma; Sadhana, la zia, è anche lei un riverbero della figura materna, delle sue componenti perturbanti e tragiche; Tulasi, la
misteriosa abitante di una giardino nascosto nel verde, rappresenta l’incontro
di Rakhee col proprio doppio, gentile e delicato, soltanto che questo esibisce
proprio sul volto, come una metafora fisiognomica, le tracce della terribile
colpa della madre.
Ma parlavamo di scritture
liminali, di frontiera culturale. Una
casa di petali rossi è una storia dai forti sapori indiani, ma non faremmo
giustizia alla sua autrice se ci fermassimo qui. La critica finora ha definito succintamente
il romanzo «a tragic novel», «a dark fairy-tale»: ma ci sono ragioni
decisamente letterarie per cui Una casa
di petali rossi è un romanzo «tragico» e una oscura «fiaba». Il romanzo
infatti si modella su due solidissimi ipotesti, uno scoperto, l’altro più
nascosto. Il primo è chiaro, un vero piacere per il lettore: Il giardino segreto, notissimo libro per
l’infanzia di Frances Hodgson Burnett puntualmente ripreso per temi e motivi. Il
secondo è sorprendente: il teatro di William Shakespeare. Shakespeare è l’autore
preferito di Tulasi, e la lettura delle sue tragedie diventa una vera e propria
metafora della scoperta del mondo e del rapporto fra verità e menzogna. Ma non
solo: come in Amleto, Rakhee e le sue cugine passano l’estate organizzando una
rappresentazione teatrale, che però metterà in scena due tragedie dei personaggi
reali (l’insulto alla bellezza femminile e il matrimonio combinato) più che la
storia che le cugine si erano preposte; come se ci trovassimo al confine tra la
tragedia elisabettiana e quella greca, il nucleo è in una relazione, ma l’orrore
(incestuoso?) e la colpa della madre non è svelato, ma suggerito.
Una casa di petali rossi è una lettura accattivante, dalla
scrittura acquatica e dal fondo oscuro. Come un pozzo in cui, forse, si cela
uno spettro. Da leggere assolutamente.
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