Premetto di non avere ancora visto il film di Marco Tullio Giordana, Romanzo di una strage. Quindi non entrerò nei dettagli della pellicola. Tuttavia, le polemiche che circolano sui giornali da quando è uscito riportano a galla un tema, quello della relazione tra storia e finzione, troppo spesso lasciato in disparte. Inutile dire che a questo Paese una tale polemica fa solo che bene. Poco abituata a guardare il proprio passato con un sano spirito critico, l'Italia ha tutto da guadagnarci nel dibattito che sta ruotando attorno ad uno dei fatti storici più importanti della sua storia recente. Non credo che Marco Tullio Giordana abbia la pretesa di stabilire una verità storica, né che avesse in mente di girare un film documentario sulla strage di Piazza Fontana. Se così fosse non si sarebbe liberamente ispirato a un romanzo e quella parola, romanzo, non l'avrebbe inserita nel titolo. Essa rimanda immediatamente alla finzione, è termine letterario più che cinematografico, è parola che fa a pugni con la realtà storica ma non per questo non è in grado di raccontarla e, proprio attraverso la finzione, svelarne alcune verità o indurci a porci dei ragionevoli dubbi.
Lo scrittore spagnolo Max Aub difese il Guernica di Picasso all'esposizione universale di Parigi nel 1937 dicendo che se è vero che un uomo di profilo ha un solo occhio, è altrettanto vero che un orrore come quello del bombardamento della città basca lo guardiamo con entrambi gli occhi. E l'orrore che ci provoca è perfettamente reso dalla pittura di Picasso. Quindi se c'è un difetto in Guernica, disse Aub, è quello di essere atrocemente vero.
Romanzo di una strage ha, per le polemiche che suscita, già vinto: ci costringe a guardarci indietro, a riconsiderare la nostra storia, ci dà come popolo il dovere di una memoria collettiva, ma anche critica. Dove il dubbio possa trovare delle risposte. La finzione può darle queste risposte, ma ancora di più può e deve renderci cittadini consapevoli, attraverso i suoi mezzi che cancellano il distacco che suscita un documento d'archivio o un verbale di polizia, e ci permettono di guardare al nostro passato con entrambi gli occhi, esattamente come nel Guernica di Picasso.
Adriano Sofri ha praticamente scritto un libro in diretta polemizzando sul film, mentre Miguel Gotor, da bravo storico quale è, minimizza la portata storica del film e Benedetta Tobagi, su Repubblica del 2 aprile scorso, rivendica le sue ambizioni proprio in tale senso. Marco Tullio Giordana ha magnificamente raccontato questo Paese ne La meglio gioventù, quindi, voglio pensare che se avesse voluto veramente girare un film interamente basato su fatti storici allora Romanzo di un strage sarebbe un altro film, ad iniziare dal titolo. Se ha contaminato, come sembra, la storia con la finzione è con un solo obiettivo, che poi è quello principale del fare letterario: far dubitare lo spettatore/lettore, renderlo consapevole di quello che è, è stato e sarà.
A. Piras