di Alessandro Baricco
Feltrinelli, 2012
€ 10 (ebook 7.99 €)
pp. 96
Cosa accade quando nella narrativa entra un'ipotetica "interpretazione a molti mondi" a sconvolgere tempi e spazi? Molti i mondi possibili, ma soprattutto molti i tempi possibili, che Baricco sperimenta in questo centinaio di pagine. L'autore si misura con ciò che non può accadere, perlomeno non secondo il percorso lineare della vita che rispetta la tradizione occidentale. Attenzione: non si parla di eterni ritorni o di circolarità, ma del riproporsi di un incontro unico (dunque primo e ultimo al tempo stesso), destinato a esaurirsi nello spazio di una trentina di pagine di racconto, nonché in una sola giornata; anzi, in quelle poche ore che abbracciano l'ultima notte e si spingono fino all'alba. Variano le età, i luoghi, i momenti dell'incontro lungo il dipanarsi dell'esistenza dei protagonisti, esistenza che segue il suo normale corso, senza frizioni o alterazioni. Semplicemente, vengono sbalestrati i momenti in cui i due si incrociano: da adulti, vecchi o bambini.
Un'operazione originale, che ha un vago gusto da OuLiPo del Duemila, o che, per giocare in casa, richiama le sperimentazioni calviniane del Castello dei destini incrociati. Dati due elementi fissi,
ovvero le identità dei protagonisti, ecco che si mescolano tutte le altre variabili, pur conservando alcuni richiami inter- e intratestuali che permettono al lettore di riconoscere i personaggi e, soprattutto, di capire che l'arbitrarietà del destino non varia il carattere profondo dell'uomo. E questi finissimi fili rossi, in una concezione materialistica, non possono che richiamarsi alla concretezza dei corpi, degli oggetti e delle abitudini: la piega ordinata delle salviette, la passione per i popcorn, la lattina di birra, gli occhi grigi della donna, una casa in fiamme,...
Altro elemento da ricordare: Tre volte all'alba nasce dall'idea di realizzare quel libretto di cui parla Mr. Gwyn dell'eponimo romanzo (leggi qui la recensione). Ciò non toglie che non si tratti di un sequel in senso stretto, ma di un pretesto, forse un omaggio all'inventio narrativa di Baricco, chissà.
Almeno una cosa è certa: l'idea di questa raccolta di racconti/romanzo (difficile dare definizioni, vista la natura del libro) è ottima. Ottima perché non solo gioca con il lettore, ma sa suscitare domande che restano oltre la lettura, e questo, direi, è un passo oltre la sperimentazione fine a sé stessa o l'occhiolino dell'autore demiurgo. Cosa ci si chiede? Baricco ci contagia con il "cosa accadrebbe, se rimescolassimo le carte della nostra stessa vita?". Un po' per desiderio di fuga dal quotidiano (realizzabile molto più facilmente nel mondo delle idee, diciamocelo, cosa che Baricco ha capito subito), un po' per la soddisfazione rassicurante di constatare che non tutto è davvero variabile (non il carattere, non l'amore, non le attitudini, né una certa particolare idea di destino che si capisce con la lettura). Quindi ci si chiede se determinati incontri devono comunque avvenire, prima o poi, e se le tipologie di relazioni sono destinate a mutare di conseguenza, e a ridursi, come nell'opera, a un dialogo fittissimo (quasi teatrale), straripante di reticenze e imperativi, di conati a sapere e tentativi di ritrarsi. Peccato che in questo tira-e-molla di dialoghi rimanga poco spazio alla narrazione in sé, e venga il dubbio che - forse - l'ottima ispirazione e il livello simbolico avrebbero potuto realizzarsi appieno in una narrazione di più ampio respiro (meno dialogica) o, al contrario, in un'opera teatrale al pari del grandissimo monologo Novecento.
GMG
Almeno una cosa è certa: l'idea di questa raccolta di racconti/romanzo (difficile dare definizioni, vista la natura del libro) è ottima. Ottima perché non solo gioca con il lettore, ma sa suscitare domande che restano oltre la lettura, e questo, direi, è un passo oltre la sperimentazione fine a sé stessa o l'occhiolino dell'autore demiurgo. Cosa ci si chiede? Baricco ci contagia con il "cosa accadrebbe, se rimescolassimo le carte della nostra stessa vita?". Un po' per desiderio di fuga dal quotidiano (realizzabile molto più facilmente nel mondo delle idee, diciamocelo, cosa che Baricco ha capito subito), un po' per la soddisfazione rassicurante di constatare che non tutto è davvero variabile (non il carattere, non l'amore, non le attitudini, né una certa particolare idea di destino che si capisce con la lettura). Quindi ci si chiede se determinati incontri devono comunque avvenire, prima o poi, e se le tipologie di relazioni sono destinate a mutare di conseguenza, e a ridursi, come nell'opera, a un dialogo fittissimo (quasi teatrale), straripante di reticenze e imperativi, di conati a sapere e tentativi di ritrarsi. Peccato che in questo tira-e-molla di dialoghi rimanga poco spazio alla narrazione in sé, e venga il dubbio che - forse - l'ottima ispirazione e il livello simbolico avrebbero potuto realizzarsi appieno in una narrazione di più ampio respiro (meno dialogica) o, al contrario, in un'opera teatrale al pari del grandissimo monologo Novecento.
GMG