La fissione dell'attimo: falso movimento, Riccardo D'Anna


Falso movimento
di Riccado D'Anna
Roma, 2011

pp. 124
€ 12

Dicono che per uno strano effetto, in particolari circostanze, può accadere che rivedi la tua vita in un attimo”. 
Come i Ragazzi di via Panisperna studiavano l'atomo, D'Anna osserva l'attimo, lo esamina, lo bombarda con violentissime radiazioni spaesanti, lo destruttura: il risultato è una prodigiosa fissione letteraria che dilata la dimensione temporale, contaminandola di eternità di istanti. Un'eternità lunga 124 pagine, in cui “tutto si scioglie e si dispone rimescolando volti e immagini” di una vita dominata dalla fatalità.

La vita in questione è quella di Michele, marito, padre e odontoiatra, che durante un soggiorno in America trova la morte per mano di un oscuro parente della moglie. L'incontro con il misterioso militare in pensione e il suo tragico esito saranno un'occasione di rinsavimento per l'uomo, che cupamente si perderà nel “labirinto senza centro” dei ricordi, nella notte oscura dell'anima che precede la fine. Le tessere del mosaico esistenziale, che progressivamente si fanno sempre più opache, ci restituiscono l'immagine di un “vinto” pervaso dall'indifferenza e dal cinismo, severo censore delle illusioni e delle miopi speranze degli anni giovanili, i gloriosi anni Sessanta e Settanta, dominati dalle ideologie e dalle lotte violente. Le vicende personali, nel flusso martellante dei ricordi, si accordano così con la Storia controversa degli ultimi decenni: come due spartiti sovrapposti, legati da quelle indicazioni dinamiche (intenso, drammatico, allegretto...) usate in luogo delle titolazioni dei capitoli, e suonati all'unisono, accompagnano le immagini dei morti ammazzati per le strade, del terrorismo, degli esperimenti nucleari, del Vietnam, dell'omicidio Kennedy. Ogni immagine un fatto, ogni fatto un “falso movimento”, in grado di sconvolgere la realtà senza disturbare la calma apparente che l'avvolge. Michele e gli altri “sopravvissuti” della sua generazione si sono dimostrati incapaci di comprendere il loro tempo, e per questo ora si ritrovano “narcotizzati dentro il cerchio del tempo trascorso”, corrosi dai rimorsi e dai ricordi rabbiosi: “senza che ce ne fossimo accorti, la parabola discendente era già cominciata”. Per loro D'Anna non prevede né assoluzione né redenzione, ma soltanto una sola e tardiva opportunità di lancinante realismo, che Michele, ormai sradicato dalla vita, coglie affidandosi ad  una dichiarazione lapidaria: “siamo stati gli interpreti di una commedia senza lieto fine”.

Antonio Demontis