Ogni parola conosce il circolo vizioso
Discorso per il conferimento del Nobel, 2009
(Germania e Romania)
Si può dire che proprio gli oggetti più piccoli – tromba, armonica o fazzoletto – uniscono nella vita le cose più disparate. Che gli oggetti compiano moti circolari e che nelle loro deviazioni vi sia qualcosa che obbedisce alla ripetizione, al circolo vizioso, è qualcosa cui si può credere ma che non si può dire. Però ciò che non si riesce a dire, si riesce a scrivere. Perché lo scrivere è un fare muto, un lavoro dalla testa alla mano. La bocca viene scavalcata.
Il suono della parola sa che deve ingannare, perché gli oggetti ingannano con il loro materiale, i sentimenti con i loro gesti. Lì dove l’inganno dei materiali e quello dei gesti confluiscono, si annida il suono della parola con la sua verità ideata. Scrivendo non si può parlare di sicurezza, quanto piuttosto di dicibilità dell’inganno.
A me pare che gli oggetti non conoscano il materiale, i gesti non conoscano i sentimenti e le parole la bocca che parla. Ma per assicurare a noi stessi la nostra esistenza, abbisogniamo di oggetti, gesti e parole. Più parole possiamo prenderci, più siamo liberi. Quando la bocca ci viene proibita, cerchiamo di affermarci tramite i gesti e gli oggetti. Sono difficili da interpretare e rimangono a lungo innocui. Così possono aiutarci a rovesciare l’umiliazione in una dignità, che a sua volta rimane a lungo non sospetta.