Ehi, prof!
di Frank McCourt
Adelphi 2008
pp. 309
€ 11,00
Una lettura particolare.
Solo chi ha sperimentato e continua a sperimentare l'esperienza
lavorativa dell'insegnamento, ed in particolare dell'insegnamento
rivolto agli adolescenti, è in grado di cogliere a fondo questo
libro.
Frank McCourt, irlandese
trapiantato in America, è un professore nelle scuole superiori di
New York. In questo suo testo autobiografico il lettore fa un viaggio
particolarissimo all'interno della mente dell'educatore, del
formatore, del comunicatore, dell'insegnante che continuamente viene
messo dinnanzi alla realtà delle sue classi. Fallimento e gioia,
senso di inadeguatezza ed inquietudine di fronte ai ragazzi della
scuola sono il leitmotiv di
questo testo.
Pochi sono i voli
accademici, misere le possibilità di elevazione nelle classi della
scuola. Chi insegna sa perfettamente quale grosso rischio si annida
tra i banchi della scuola: quello dell'imbrutimento. Incredibile
dictu! Passare le proprie giornate a far ragionare, lavorare ed
impegnare gli alunni nel momento delicato della loro formazione
intellettuale rischia di essere per l'insegnante la tomba della
curiosità intellettuale, dell'apprendimento, come afferma l'Autore
descrivendo il senso di spossatezza che prende dopo le ore trascorse
in classe, con il chiacchiericcio dei ragazzi che accompagna il
docente fino alle soglie del sonno e che quasi impedisce qualsiasi
altro sforzo intellettuale.
Tra i racconti ed il
sarcasmo dell'Autore questo libro è un viaggio nelle
viscere della scuola, un itinerario che mette a nudo le debolezze e
la forza di un professore liceale.
Stare di fronte ai ragazzi, come ricorda McCourt, esige un continuo processo e sforzo di conservazione; il professore deve mantenere giovane la mente ed il proprio atteggiamento, pena la squalificazione da parte della platea adolescenziale. Questa gioventù alle volte non permette di elevare la mente perché ci sono gli oneri scolastici da assolvere, le lezioni da preparare, i compiti da correggere... ma non si può fuggire dalla gioventù. Al rischio di ingrigire nella quotidianità deve quindi corrispondere un continuo slancio verso quel desiderio di sapere e di conoscere che se germina nell'alunno può creare una nuova mente allenata al confronto, pronta all'impegno della ricerca, adatta ad affrontare il mondo: infatti non si può interessare se non si è interessati ed interessanti, incuriosire se la curiosità non è la forma del proprio essere insegnante.
Stare di fronte ai ragazzi, come ricorda McCourt, esige un continuo processo e sforzo di conservazione; il professore deve mantenere giovane la mente ed il proprio atteggiamento, pena la squalificazione da parte della platea adolescenziale. Questa gioventù alle volte non permette di elevare la mente perché ci sono gli oneri scolastici da assolvere, le lezioni da preparare, i compiti da correggere... ma non si può fuggire dalla gioventù. Al rischio di ingrigire nella quotidianità deve quindi corrispondere un continuo slancio verso quel desiderio di sapere e di conoscere che se germina nell'alunno può creare una nuova mente allenata al confronto, pronta all'impegno della ricerca, adatta ad affrontare il mondo: infatti non si può interessare se non si è interessati ed interessanti, incuriosire se la curiosità non è la forma del proprio essere insegnante.
In questo libro di
McCourt si percepisce il valore del participio presente insegnante:
colui che insegna; egli è colui
che trasmette i valori che permangono e l'autore fa notare quale sia la fatica perché l'insegnamento non sia sinonimo di penna rossa,
domanda e risposta preconfezionata, voto finale ma formazione totale
del ragazzo.
Studiare secondo McCourt significa anche uscire dagli schemi, come testimoniano i resoconti delle sue lezioni. Lo studio è capace di trasfigurarsi nell'avventura unica ed esclusiva della scuola dalla quale ogni giorno si potrebbe tornare a casa con le valigie dell'intelletto stracolme di nuove possibilità di apertura, conoscenza ed approfondimento.
Studiare secondo McCourt significa anche uscire dagli schemi, come testimoniano i resoconti delle sue lezioni. Lo studio è capace di trasfigurarsi nell'avventura unica ed esclusiva della scuola dalla quale ogni giorno si potrebbe tornare a casa con le valigie dell'intelletto stracolme di nuove possibilità di apertura, conoscenza ed approfondimento.
Tristemente
si nota dai racconti dell'Autore come i ragazzi delle sue classi, in
nulla differenti da quelli del nostro Paese, sono adagiati,
stravaccati sui propri banchi in attesa della campanella o di
qualcuno che li solleciti e li sproni ad avvicinarsi alla materia
anche se non nel modo più conforme e classico della lezione
frontale. Dal libro emerge la paura di un rischio, che gli educatori
siano più afflitti dalla fatica del farsi ascoltare che
dall'eventualità tragica che l'alunno non sia affascinato dalla
materia esposta.
Leggere
Ehi prof! Non è impegnativo ma
credo che esiga la prontezza a saper valutare e mettere in
discussione il proprio metodo di insegnamento così come testimonia
McCourt di capitolo in capitolo. Insegnare non è solo comunicare
dottrina ma è passare attraverso l'insuccesso, lo sconforto, la
preoccupazione e la consolazione data dagli alunni. La vera lezione
emerge dai banchi, dalle classi, dalle tante individualità che
permettono al professore di arricchire il proprio metodo ed i suoi
contenuti in un modo del tutto speciale dato dal continuo vaglio
degli alunni.
Il
professore si trova dinnanzi all'onere della comunicazione dei
contenuti ma è anche colui che accoglie il grazie sincero e modulato
secondo i linguaggi particolari, a volte criptici, degli studenti. Le
loro espressioni di soddisfazione per il professore e per la materia,
la percezione di aver colto nel segno e di essere riusciti a
polarizzare la loro attenzione, la consapevolezza di aver lasciato
qualcosa di importante nel loro animo e nella loro ragione: questo è
ciò che permette di affrontare i limiti della scuola e della propria
umanità per il fine ultimo della crescita e della maturazione delle
nuove generazioni.