La vera storia della più grande truffa editoriale
di Clifford Irving
Edizioni Clandestine, 2008
pp. 381
€ 11,90
Un libro a metà tra la biografia e il romanzo non è certamente un'operazione nuova. Scomodando i grandi della letteratura europea, possiamo riferci certamente a La Recherche du temps perdu di Marcel Proust, a Ritratto di un artista da giovane di James Joyce, a La Conoscenza di Zeno di Italo Svevo, a L'uomo senza qualità di Robert Musil.
Perché, dunque, recensire il libro di Clifford Irving? Perché The Hoax, pur senza possedere certamente la qualità di scrittura e la poesia dei suoi illustri predecessori, contiene degli importanti elementi di novità.
Ma cominciamo, come si conviene, dall'inizio. Dicevamo: The Hoax è una biografia. La storia, un po' folle ma realmente avvenuta, di una tentata truffa da parte di Irving insieme al socio Richard Suskind e la moglie Edith a danni del colosso editoriale McGraw Hill di aver ottenuto l'autorizzazione a scrivere la biografia del misterioso miliardario Howard Hughes, magnate dell'industria aeronautica e del cinema che da anni si è ritirato dalla vita sociale e che, fino a quel momento, si era sempre negato alla stampa.
Approfittando di quell'esilio volontario e grazie ad una serie di colpi di fortuna, incontri fortuiti, ritrovamenti incredibili, essi riescono a ricostruire la vita del miliardario a cui attribuiscono un carattere e conseguenti comportamenti perfettamente credibili fino alla scoperta della truffa, la confessione e la galera per i tre truffatori.
Talvolta, io e Dick registravamo senza alcuna pianificazione, prendendo spunto dal mucchio di documenti accumulati e sviluppando liberamente gli argomenti. In altre occasioni, in preda ai più audaci virtuosismi, ci lanciavamo nelle torbide acque della filosofia howardiana: le sue teorie sulla corruzione delle famiglie americane, sui germi, su un universo in cui perfino un atomo del dito del piede di un uomo poteva contenere un intero sistema solare. Niente era troppo stravagante. "Più la storia è bizzarra", spiegai, "più sarà radicato il bisogno di crederci. Oltre che meno verificabile".
Ma, come dicevamo, questo libro racconta molto di più di una truffa "eroica" finita male. Bisogna cercare di leggere cosa c'è dietro questa biografia. E c'è appunto il romanzo, cioè il partire dal particolare per giungere al generale. E il generale è la descrizione, cruda ma anche qui totalmente realistica, dell'ambiente editoriale americano, non molto diverso da quello attuale. Un mondo ormai totalmente inserito a pieno titolo nell'"industria dello spettacolo", i cui dirigenti hanno abbandonato l'impegno culturale e lo sviluppo civile e sociale della propria nazione, ma il cui unico interesse è il profitto e i mezzi per procurarselo. Probabilmente per questo la truffa di Clifford e di Suskind ha rischiato di avere successo. Perché come spiega numerose volte Irving nel suo libro, e come viene comprovato da numerosi accadimenti, i dirigenti della McGraw Hill non credono alla storia, "volevano" crederci. Non crederci, infatti, vorrebbe dire mettere in discussione il sistema.
Loro credono. Vogliono credere e adesso devono credere. Vogliono credere perché questo è un colpo da maestro, bizzarro e sconvolgente; si tratta di Howard Hughes, l'uomo più ricco del pianeta e loro sono personalmente e indirettamente in combutta con lui. Possono identificarsi perché i biscotti Ores piacciono anche a loro e meravigliarsi perché Howard è capace di buttare al vento 137 milioni di dollari senza neanche pensarci. Questo è il modo in cui gli piacerebbe vivere. Non riesci a vedere l'egoismo che pervade tutto questo? La segretezza - grazie alla quale io e te siamo protetti - è quello che amano di più, è quanto li porta via dalla banalità quotidiana, in un altro mondo, il mondo in cui tutti noi sognamo di vivere, solo che non lo vogliamo veramente perché sappiamo corrispondere alla follia. La cosa più grandiosa è che in questo modo, possono viverlo in un tempo ristretto. Pur prendendone parte, si sentono al riparo grazie ad un intermediario. Io sono il loro cuscinetto tra realtà e fantasia.
Paradossalmente proprio in questa interpretazione di Clifford sta il fallimento della truffa. Howard Hughes, con tutti i suoi eccessi, con il suo andare oltre la banalità quotidiana, non era un elemento estraneo in cui riconoscersi, sognarlo ma non volerlo mai veramente realizzare. Lo stile di vita di Hughes, cioè di quella classe sociale oggi rappresentata non più da un bizzarro miliardario ma da finanzieri e grigi speculatori in giacca e cravatta, non era opposto a quello dei direttori della McGraw Hill. Facevano parte dello stesso sistema e dunque era chiaro che così come essi volevano "credere" alla truffa per non far saltare il sistema, così Hughes non l'avrebbe mai avallata per le stesse motivazioni.
Di particolare interesse nel libro di Clifford, oltre ad una scrittura chiara, semplice, lineare, con numerosi dialoghi diretti tra lui e Suskind, è anche la somiglianza ad una bottega editoriale. Infatti, leggendo il libro, al di là dell'elemento biografico e contenutistico (di cui abbiamo appena parlato), vediamo come si costruisce un romanzo. Un'operazione certo non semplice e che deriva esclusivamente dall'estro creativo. Il contrario. Vediamo dunque come Suskind e Irving girino il mondo alla ricerca delle fonti, di come stiano giorni (e notti) a scrivere e riscrivere, di come registrino e ascoltino i dialogo con il fittizio Hughes. Di come, insomma, si scrive un romanzo.
Arrivati alla fine di questa recensione non abbiamo ancora capito se The Hoax sia una biografia, un romanzo o cos'altro. Siamo certi però che sia un libro da leggere. Un'ultima nota: dal libro di Clifford Irving è stato tratto il film L'imbroglio (2007), con Richard Gere.