L'ospite
di Lalla Romano
Oscar Mondadori, 2000
prima edizione: 1973
Cosa accade quando si scopre una "felicità molto più grave, appassionata
e complessa di quella che mi ero figurata"? E se è seguita da "quella
sorda sofferenza, o smarrimento, e un senso di prigionia, di
soffocamento, per la mutilazione: per essermi tagliata fuori dalla mia
stessa vita (e modo di vivere)"? (p. 27)
Sono i dettagli di quella che
l'io narrante definisce "un'avventura estrema" (p. 127), nonché gli
effetti di una passione dirompente, contro cui l'anziana protagonista
cerca di erigere tutte le barricate del cinismo, della freddezza e dello
straniamento. Invano. Chi sia l'oggetto di questa passione, poi, è del
tutto inaspettato: è l'ospite del titolo, Emiliano, il nipotino poco più
che neonato che viene affidato alle cure della nonna, malgrado i tanti
dubbi della stessa. Troppo rigida per sapere come fare con un bambino, e
soprattutto, troppo provata dall'esperienza fallimentare col suo stesso
figlio Piero, la donna osserva con invidia malcelata come tutti gli
altri - dal marito Innocenzo alla bambinaia Rachele, ma anche amici di
famiglia e conoscenti - siano più bravi di lei nel gestire Emiliano.
Il
problema principale, infatti, è ammettere quell'amore incondizionato e
totale che la donna è tornata a sentire per questo putto alla Mantegna,
ammirato e quasi idolatrato d'una venerazione silenziosa, contemplativa,
quasi sublime. Da qui deriva la rigidità dei movimenti, degli abbracci,
il timore di rompere l'assoluta perfezione della curiosità di Emiliano,
la sua natura quasi cristologica e cristofora, benché il trascorrere
dei giorni fu un percorso "dall'ansietà alla calma, quasi la sicurezza:
con una specie di annebbiamento, che si traduceva in malinconia fonda,
non più provata da tanti anni" (p. 129), perché conscia dell'avvicinarsi
dei saluti e, così, l'ansia di essere rimossi:Un anno pieno come un'intera vita. Tale è l'anno di un bambino. Che lui non sappia dirselo, non cambia nulla. Del resto è la condizione: più la vita è intensa, meno uno se lo dice.
Non avrò un bambino di meno di due anni, il recupero della memoria? Sappiamo solo che tutto si scrive, dentro. L'esperienza, va bene; ma le persone? Non posso non domandarmi se Emiliano si ricorderà. (p. 133)
Per questo la nonna, piano piano portata ad abbandonare la sua posizione
di borghese acculturata e mondana, per sporcarsi le mani con i giochi
infantili e il passeggino, arriva a chiedersi che cosa accadrebbe se
Piero e la consorte non tornassero affatto dal loro viaggio, a prendere
Emiliano:
E se non tornassero? Una punta di tentazione incredibile si infiltra: va detta perché tutto (che è poi sempre un quasi-tutto) va detto. Sarebbe tutto nostro.
Il fantasma di una gioia selvaggia ammicca sul bordo della follia. (p. 118)
L'idea di poter avere per sé il bambino, senza limiti di tempo, conferma
quell'idea del "rettangolo amoroso" cui accenna Pasolini in una
splendida prova consegnata nel 1973 alla rivista "Il tempo illustrato"
(poi confluito in Descrizioni di descrizioni, Einaudi 1979, pp. 121-25):
oltre al triangolo nonna-nipote-madre, si aggiunge il fantasma di
Piero, il figlio motivo di tanta frustrazione per un rapporto
superficiale e poco appagante. Dunque, Emiliano si configura anche come
riscatto per la protagonista, occasione offerta (quasi imposta) dal
destino, e non mancano i confronti tra il bambino e il padre, né si nega
la rivalità con la giovane madre, istintivamente prediletta dal
bambino.
Il romanzo, in capitoletti brevi e brevissimi che riempiono poco più di centotrenta pagine, apre però a questioni ancora attualissime, ma quasi sconvolgenti se pensiamo all'epoca in cui è stato scritto. Gli anni '70 in media sono segnati dal desiderio di riscatto della donna, della sua indipendenza e dall'uscita dall'idea tradizionale di famiglia, nonché dal ribaltamento e dalla messa in discussione violenta dei valori di casa e figli. Se vogliamo, in questo caso l'operazione di Lalla Romano è opposta: da un iniziale inquadramento della protagonista nei trend del periodo, si ha poi un ripensamento e un ritorno ai valori familiari, quasi in una riscoperta del proprio ruolo di madre e di moglie. E ad accompagnare questo processo, vi è anche una maggiore apertura di sguardo sul mondo circostante, ora filtrato dal pensiero di come lo vedrà Emiliano.
Una storia di paura, ansia, terrore per il troppo amore. Ma anche una storia delicata come il suo stile, calibrato e mai espressionistico, in cui la realtà viene trasformata dalla presenza eroica, quasi mistica, di un bambino. La sua semplice complessità ammanta di problematicità l'apparente immediatezza delle pagine: irrinunciabile esempio di amore-nonostante.
Il romanzo, in capitoletti brevi e brevissimi che riempiono poco più di centotrenta pagine, apre però a questioni ancora attualissime, ma quasi sconvolgenti se pensiamo all'epoca in cui è stato scritto. Gli anni '70 in media sono segnati dal desiderio di riscatto della donna, della sua indipendenza e dall'uscita dall'idea tradizionale di famiglia, nonché dal ribaltamento e dalla messa in discussione violenta dei valori di casa e figli. Se vogliamo, in questo caso l'operazione di Lalla Romano è opposta: da un iniziale inquadramento della protagonista nei trend del periodo, si ha poi un ripensamento e un ritorno ai valori familiari, quasi in una riscoperta del proprio ruolo di madre e di moglie. E ad accompagnare questo processo, vi è anche una maggiore apertura di sguardo sul mondo circostante, ora filtrato dal pensiero di come lo vedrà Emiliano.
Una storia di paura, ansia, terrore per il troppo amore. Ma anche una storia delicata come il suo stile, calibrato e mai espressionistico, in cui la realtà viene trasformata dalla presenza eroica, quasi mistica, di un bambino. La sua semplice complessità ammanta di problematicità l'apparente immediatezza delle pagine: irrinunciabile esempio di amore-nonostante.
Gloria M. Ghioni