Era la mia seconda presenza al Salone di Torino. L'anno scorso ero stato al Salone durante tutta la settimana, lavorando per la Bottega Editoriale. Quest'anno mi sono recato soltanto come visitatore e ho potuto maggiormente visitare il Salone, presenziando anche ad alcune conferenze e presentazioni (tra cui quella della nostra Laura Ingallinella).
Purtroppo, sono potuto rimanere soltanto un giorno e dunque il mio giudizio sarà obbligatoriamente limitato e parziale.
La mia critica, non potendo avere una visione globale degli eventi svolti durante il Salone, sarà dunque di costume.
Diamo immediatamente il nostro giudizio. Il Salone è un bene che esista.
Resta, probabilmente, l'unico evento culturale a livello nazionale del nostro Paese. L'unico evento in cui la maggior parte delle case editrici, grandi e piccole, possono essere presenti; in cui è possibile un incontro tra autori e lettori; in cui si può assistere, da parte di grandi masse di persone, a conferenze ed eventi non considerati dai grandi media nazionali.
Detto questo bisogna, però, iniziare a fare una riflessione seria sul Salone del Libro.
Ha senso un evento, come quello di Torino, in cui con un biglietto di 10 euro per l'ingresso non vi è, in cambio nessuno sconto significativo? Ha senso un evento in cui gli spazi maggiori sono assegnati alle grandi case editrici? Ha senso dove il maggior battage pubblicitario viene dato ad eventi in cui sono presenti personaggi noti mediaticamente, ma insignificanti da un punto di vista culturale (Concita de Gregorio, Alessandro Del Piero, ecc)?
Vogliamo che sia un incontro tra addetti ai lavori per riflettere sul futuro dell'editoria italiana? Oppure, vogliamo che diventi un evento che sia di aiuto alla lettura, un evento per far nascere dei futuri lettori? O, ancora, vogliamo che venga dedicato alla promozione dei vari eventi culturali presenti nel nostro Paese e mortificati da un'informazione (anche, se non soprattutto, quella culturale) che tende alla massificazione e al conformismo?
Ebbene, il Salone del Libro non è niente di tutte queste cose. Il Salone del Libro, oggi, è un evento che si accontenta di qualche titolo sui quotidiani a tiratura nazionale (pochi quest'anno a dire la verità), del ricavato dei biglietti d'ingresso, di qualche intervista sui giornali e di cui, nei mesi (ma anche nei giorni) seguenti non lascia alcuna traccia nel dibattito culturale italiano.

Vogliamo provare il prossimo anno, ad esempio, a non emarginare le presentazioni per gli autori stranieri in piccole sale difficili anche da trovare? Vogliamo provare a dare la stessa pubblicità per la presenza di Del Piero a un piccolo autore italiano pubblicato da una piccola casa editrice? Si potrebbero, a parere di chi scrive, trovare grandi sorprese. I lettori italiani sono meglio di come li si descrive e li si presenta.