Shakespeare scriveva per soldi
Diario di un lettore
(Shakespeare wrote for money)
di Nick Hornby
Guanda 2009
162 pp.
Il mio consiglio: non leggete di scrittori che pensano ai posteri. Quelle sono persone serie e i loro libri, se li leggeste adesso, li banalizzereste. E poi a loro i soldi non interessano. È gente superiore.
Non so se sono particolarmente fortunata in questo periodo, o se congiunzioni astrali e recenti rivolgimenti di vita mi portano ad essere in buona disposizione di spirito, fatto sta che questo è il terzo libro di fila che azzecco. Nel senso che mi è piaciuto.
Questa volta mi sono allontanata, per poco credo, dal genere del romanzo strictu senso, per tuffarmi nella metaletteratura: parola altisonante per dire che questo lavoro di Hornby è una raccolta delle sue recensioni letterarie pubblicate tra agosto 2006 e settembre 2008 per la rivista Believer. Un libro che racconta di libri, una matrioska, un po’ come le portate di Trimalcione con i tacchini ripieni di quaglia o altri volatili simili.
Quando un uomo riesce a farti ridere, una delle caratteristiche fondamentali perché un rapporto vada a buon fine è soddisfatta. Questo è amore, signori. Non mi capitava da un bel po’ di dovermi fermare dalla lettura per farmi una sana risata sulle fulminanti, talvolta irrispettose e pungenti battute sui libri da lui nevroticamente sbocconcellati.
Insieme alla risata un uomo deve anche saperti stimolare intellettualmente. In questo caso mi sono sentita molto, molto piccola perché, di tutti i libri da lui citati, ne avrò letti forse 4 o 5 a voler essere generosi. Non è una scusante che sia tutta letteratura anglo-americana, però probabilmente Hornby non ha mai aperto Guareschi o la Mastrocola (il primo ancora un’icona della nostra letteratura, la seconda per me è la Pennac italiana, ma son gusti). Di sicuro mi ha messo curiosità su un sacco di titoli che andranno ad alimentare la mia lista di futuri acquisti. Dovrò nuovamente portare il mio portafogli dal medico per reiterata anoressia. Quindi l’invidia è scattata ai massimi livelli vedendo quanti volumi l’autore può permettersi di comprare nel giro di un mese.
Altra caratteristica è che l’uomo ti coinvolga, almeno in parte, nella sua vita. La rubrica di Hornby doveva essere particolarmente apprezzata proprio per i brevi squarci della sua vita che fanno capolino tra Mc Carthy e Robert Harris: dal matrimonio alle partite dell’Arsenal, Nick, e non solo la sua penna di recensore, si fanno strada con molta discrezione senza assolutamente distogliere l’attenzione dall’argomento principale, ma consentendo una piacevole e ironica boccata d’aria tra i tanti capolavori.
Voglio decisamente fare il suo lavoro, quando sarà grande.