XXV Premio Italo Calvino: 1. «Io leggo perché non mi costa niente»: 4 maggio 2012


Ho dedicato la maggior parte della mia vita ai libri degli altri.
Italo Calvino

Il Circolo dei Lettori (Torino)
Torino, 4 maggio 2012. Sui tovaglioli che hanno accompagnato il gradito rinfresco successivo alla cerimonia di premiazione, presso il “Circolo dei lettori”, sono appuntate decine di motivi che possono spingere alla lettura, uno dei quali dice: «Io leggo perché non mi costa niente». Tralasciando l’interpretazione economica che si potrebbe dare alla frase, neanche peregrina tra l’altro (da buoni viveurs della società capitalistica), forse è quella che racchiude meglio lo spirito del premio «Calvino», giunto nel 2012 alla XXV Edizione: è il “non costare nulla” che ha spinto i 25 componenti (Annì Barazzetti, Vincenzo Berardi, Chiara Bongiovanni, Alberto Cavaglion, Silvia Corino, Margherita D’Amico, Emanuela Dorigotti, Loretta Junck, Michele Lamon, Damiano Latella, Gabriella Leone, Tiziana Magone, Mario Marchetti, Laura Mollea, Luca Negri, Franco Orsini, Andrea Pagliardi, Luca Ruffinatto, Francesco Ruggiero, Gaia Salvadori, Massimo Tallone, Luca Terzolo, Raffaela Valiani) del Comitato di Lettura a leggere i 626 (record, per il Premio) manoscritti arrivati, fino a selezionarne 8 che sono stati poi valutati dalla Giuria (Renato Barilli, Massimo Carlotto, Fabio Geda, Melania Mazzucco, Giorgio Vasta) che ha decretato il vincitore. Leggere perché “non costa nulla” implica l’assenza di qualsiasi opportunismo editoriale e calcolo “politico”, così che la passione e lo spirito critico di ogni Lettore siano i soli motori del giudizio.


Marchetti, Salis, Carlotto, Geda, Castelnuovo, Barilli, Vasta
L’incontro inizia appena la platea si disciplina, intorno alle 17.45, e tutti prendono posto: nel pubblico c’è una giocosa confusione, con gli 8 finalisti scortati dal corteo di affetti che coprono le classiche grandi occasioni. E l’occasione, oltre che grande, è però anche prestigiosa, e l’iniziale intervento di Ernesto Ferrero, che ricorda la consonanza di compleanni tra Venticinquesimo Premio Calvino e Venticinquesimo Salone del Libro, non fa che lucidare ulteriormente la serata. Il padrone di casa, ossia il Presidente dell’«Associazione per il Premio Italo Calvino», Enrico Castelnuovo, prende appena dopo la parola e l’ansia dei finalisti non può che crescere: gareggiano per un “qualcosa” che ha oramai un’importante parte nella storia dell’editoria italiana, e nomi come Norberto Bobbio e Natalia Ginzburg, letti nell’opuscolo o sentiti pronunciare, provocano ai più qualche sommovimento ematico sia di addizione (rossore) che di sottrazione (pallore). Castelnuovo diverte l’auditorio rievocando gli ironici Fruttero & Lucentini, relativamente alla prima edizione (1987) del Premio, non assegnata per latitanza di qualità.

La nostalgia romantica idealista soccombe però, come sempre e giustamente (e umanamente, aggiungo io), a un empirico hic et nunc: cominciano a aggirarsi prepotenti i nomi degli editori, quelle entità che ogni aspirante scrittore insulta almeno qualche decina di volte, ree di non interessarsi al vero talento, di pubblicare solo i cugini degli editor e i conduttori televisivi, di essere terribilmente incompetenti (hanno ignorato Proust!) e assoggettati al “commerciale” (pubblicano Fabio Volo!). Al «Calvino», però i ruoli si capovolgono: non più il malinconico manoscrittaro corre loro dietro, ma il contrario: lo sanno tutti. E allora appena si scorre nell’opuscolo l’elenco degli editori che hanno attinto dal premio, i brividi per un sogno ormai a portata di mano vengono davvero: grossi come Baldini Castoldi Dalai, Einaudi, Guanda, Bollati Boringhieri, Marsilio, Mursia, Frassinelli; medio-piccoli e di qualità come Il Maestrale, Marcos y Marcos, Avagliano, Nutrimenti, Elliot… e altri. E certo non ci si rilassa neanche scorrendo gli scrittori “lanciati”: Paola Mastrocola, Marcello Fois, Flavio Soriga, Maria Pia Veladiano, giusto per fare solo qualche nome oramai importante: autori “arrivati”, che oggi combattono per l’altro premio.

Giorgio, indeciso tra la carriera
da scrittore e quella da editor
Ma chi sono gli 8 finalisti? Ecco:

Simona Baldelli, Evelina e le fate
Marco Campogiani, Smalltown boy
Riccardo Gazzaniga, A viso coperto
Simone Giorgi, Il peggio è passato
Eugenio Giudici, Piccole storie
Paolo Marino, La casa di Edo
Michela Monferrini, Gennaio come
Fabrizio Pasanisi, Lo stile del giorno

Ogni finalista, adiuvato dagli occhi aguzzi del corteo, getta sguardi tra il pubblico: ci sarà l’editor di Baldini Castoldi Dalai? E Sperling & Kupfer? Frassinelli? Una ragazza delicata con un serafico bimbino in braccio: sarà l’editor di Einaudi alla ricerca di nuovi talenti? Una lieve giovane vestita con un tubino beige bisbiglia all’orecchio di un aitante figuro: sono “i” Mondadori? Qualcuno nomina qualche editore a pagamento, e è come bestemmiare in chiesa.

Tutti i pensieri vengono però azzerati, si entra in quello che i cliché giornalistici indicano come “il vivo della serata”: il moderatore con le redini, Stefano Salis, coordina il tutto. Cominciano così le analisi delle singole opere in gara. A rotazione, i giurati presenti sulla cattedra sopraelevata (assente Melania Mazzucco) prendono la parola e il pubblico inizia così a conoscere, pur tramite intermediazioni, le 8 opere: i più attivi e passionali sono Renato Barilli, Giorgio Vasta e Fabio Geda, che comunicano un contagioso entusiasmo e ci ricordano, col loro approccio, che la letteratura è ancora passione disinteressata, umiltà e curiosità anche per gli “emeriti sconosciuti”, seppellendo brutalmente i lamentosi catastrofisti che ogni sei mesi strepitano sulla morte dell’arte di scrivere e sulla vittoria schiacciante del mercato e del marketing. Le energiche incursioni di Stefano Salis e gli stimolanti interventi di Mario Marchetti mettono a proprio agio gli autori, che uno a uno, come nelle interrogazioni delle scuole medie, si approssimano alla cattedra appena qualcuno chiama il loro nome: nascono simpatiche mini-interviste in cui timidezza e positiva sfacciataggine si alternano, e gli aneddoti saltano fuori frenetici. Dall’autore che partecipò a un’edizione passata con un’opera fiume indigeribile, e che sospetta perciò di avere la colpa dell’introduzione di norme restrittive sulla lunghezza e dell’aumento della quota di partecipazione, all’autrice che non aveva mai partorito un romanzo concluso prima di scoprire la data di scadenza del bando, usata dunque come bastone e carota per disciplinare le proprie incostanze creative.

La folla festante
Poiché però le opere hanno sempre e comunque la precedenza sugli autori, visto che sono quelle, a essere premiate, hanno anch’esse un bello spazio: rappresentativi estratti vengono letti da una brava attrice, Federica Bonani, che con discrezione valorizza i differenti registri narrativi, senza cadere in quel manierismo egocentrico non raro nei reading letterari.

Fanno dunque la spola i libri di Simona Baldelli, Marco Campogiani, Simone Giorgi, Eugenio Giudici, Michela Monferrini. E tutto si blocca: la giuria comunica che non ha intenzione di tirarla per le lunghe (il rinfresco incombe), come durante Miss Italia, e non vuole far capire chi sia il vincitore col classico stratagemma del “per esclusione”: cosicché ribadisce che i tre rimasti (Riccardo Gazzaniga, Paolo Marino, Fabrizio Pasanisi) sono gli occupanti del podio: viene letto il comunicato:

«La Giuria decide di assegnare il premio al romanzo A viso coperto di Riccardo Gazzaniga per la capacità di coinvolgere il lettore facendolo penetrare negli universi paralleli, e poco noti, delle forze dell’ordine e degli ultrà, illustrandoli con una complessa macchina narrativa caratterizzata dalla molteplicità di punti di vista e da una scrittura asciutta e scorrevole adeguata alla materia, non rifuggendo, coraggiosamente, dal mostrare luci e ombre di entrambi gli universi.
La Giuria decide inoltre di segnalare La casa di Edo di Paolo Marino, un testo di intensa qualità letteraria, che, affidandosi a un misurato registro tragicomico, riesce nella sottile impresa di raccontare l’esistenza di un adolescente fondata sul sospendersi della vita e dalla vita, nella più totale segregazione dal mondo esterno fino all’autoannullamento.
La Giuria ritiene infine di segnalare Lo stile del giorno di Fabrizio Pasanisi per la sorprendente e appassionante capacità di ricostruire ‒ sullo sfondo della grande storia del Novecento e intrecciandole in un ben strutturato impianto narrativo, sulla linea di frontiera tra saggistica e fiction ‒ le biografie di Thomas Mann e di Bertolt Brecht, avvalendosi di una profonda e accurata conoscenza della loro opera.»
Gazzaniga, Marino, Pasanisi 

La terna di autori è alla destra della cattedra, e da loro – anche dal secondo e dal terzo classificati – partono sorrisi che si diffondono poi per la sala, soprattutto tra amici e parenti. C’è un piacevole sconcerto incredulo sui visi illuminati di gioia dei genitori e della nonna di Riccardo Gazzaniga. Lui stesso entra in un’altra dimensione nella quale anche la temperatura corporea è differente: è rosso, e la sua mano scotta! Le interviste a Pasanisi, Marino e Gazzaniga, così come il reading, avvengono in un’atmosfera ovattata, nella quale tutto è sfumato e precario; si capisce ben poco di quello che sta succedendo: alla ancora resistente liturgia che la levatura dell’incontro richiede, si oppone un violento tornado interiore di emozioni pensieri speranze che si scatena nella testa del Gazzaniga, e che per osmosi contagia anche la sua compagnia: Daniela, Silvia e Mirko col piccolo Giorgio, Fabio, Chiara, Marco, Maurizio, Roberto e pure io, tutti giunti speranzosi da Genova. È il momento di baci, abbracci, pacche e risate.

I più prosaici dopo qualche minuto inaugurano l’esodo verso le sale delle libagioni, accompagnate da pasti invitanti: insaccati, tortini, vitelli tonnati, formaggi, insalate di riso, agnolotti… Ci si perde un po’ tutti, per poi riaggregarsi sorridenti con in mano bicchieri e piatti. Cadono le formalità e si parla con qualsiasi cosa o persona capiti a tiro: il Gazzaniga scompare e riappare, è inseguito dagli editor (un sogno!) e dai lettori del Comitato che hanno apprezzato il suo libro, il suo telefono trilla il doppio perché è di quelli con due SIM.

Riccardo ritira il premio: meglio della laurea!


Sui tavoli, prima di abbandonare il Circolo dei lettori per cercare enoteche prossime, ogni tanto appare un libro prezioso, donato dall’Associazione ai finalisti: I libri degli altri, di Calvino. Un dono non certo casuale.

Piero Fadda