In attesa della proclamazione del vincitore del Premio Strega 2012, CriticaLetteraria ha letto per voi i finalisti in gara: Gianrico Carofiglio con Il silenzio dell'onda (Rizzoli), Marcello Fois con Nel tempo di mezzo (Einaudi), Lorenza Ghinelli con La colpa (Newton Compton), Alessandro Piperno con Il fuoco amico dei ricordi (Mondadori), Emanuele Trevi con Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie); e vi propone un countdown, a partire da oggi fino al giorno della premiazione, il 5 luglio, per scoprire insieme ogni romanzo della cinquina. Cominciamo occupandoci di:
Il silenzio dell'onda
di Gianrico Carofiglio
Rizzoli, 2011
pp. 300, 19 €
Le settimane di Roberto Marìas ruotano intorno alle sue sedute di terapia psichiatrica. Raggiunge lo studio, siede sulla poltrona e racconta del suo passato di infiltrato nei circuiti del narcotraffico. Raccontando, ricorda. Ricordando, ricomincia a vedere la vita intorno a sé. La vita di Giacomo, dodicenne taciturno, è invece una doppia attesa: a scuola, segue con lo sguardo la più bella della classe, la notte, in sogno, incontra le grandi presenze della sua vita, per fare i conti col passato e, forse, rivelare qualcosa sul futuro. Due storie parallele, destinate a intrecciarsi in un finale dal taglio netto e rapido.
Il silenzio dell'onda è un romanzo dalla trama semplice, in cui lo svolgimento è prevalentemente a ritroso; a conti fatti, qualcosa di diverso rispetto alle altre prove narrative di Gianrico Carofiglio, che ha conquistato il suo pubblico con i casi dell’avvocato Guerrieri: la sua bellezza e, in parte, la sua fragilità stanno proprio nell’intenzione di raccontare una storia al contempo intima e condivisibile. A mio parere, si tratta di un testo di transizione, al cui interno si possono già distinguere i germi (tematici, per lo più) di un cambiamento, pronti a un ulteriore sviluppo. Ne è la prova il fatto, fondamentale, che le più belle pagine del romanzo non sono strettamente legate allo svolgimento dell’intreccio: sono i racconti nel racconto di Roberto, da una parte, e il sogno di Giacomo. Entrambi ricreano un altrove lontano: nel passato di Roberto, la cui intensa carriera di infiltrato ha lasciato un’eredità di storie incredibili, fatte di stupidità, orrore e sofferenza; nel mondo onirico di Giacomo, un vero e proprio ‘giardino dei desideri’ in cui il ragazzino può acquisire la propria crescita e indagare il rapporto col padre senza soffrirne. Quest’ultima parte, per i toni pastello e l’ottimo adattamento ai modi e alla sensibilità preadolescenti, mi ha ricordato vagamente la bella prova di Alice Sebold con Amabili resti.
A questo proposito, per Il silenzio dell’onda è stata rispolverata, in alcune autorevoli recensioni, l’etichetta del realismo magico. Non mi spingerei tanto oltre, perché se davvero nel romanzo esiste una componente magica, essa non è più che un vago odore fiutato in una realtà dolente, sempre subordinata al percorso intimistico. La più bella di queste creazioni del magico, il cane Scott, è senz’ombra di dubbio una proiezione onirica della guida paterna.
Una nota, infine, sul titolo. Se esistesse un premio al miglior titolo, tra i finalisti dello Strega di quest’anno Il silenzio dell’onda lo meriterebbe a pieni voti: perché è un’immagine semplice, luminosa e insieme profondissima. L’onda è il flusso dei ricordi ma anche lo specchio dell'imprevedibilità della vita, specialmente per Roberto che, nato e cresciuto in California, condivideva (e condivide ancora) col padre la passione per il surf; ma quest’onda è silenziosa: Roberto non riesce a sentirne il fragore perché si trova imprigionato dentro quella che Sylvia Plath chiamava «la campana di vetro». Riacquisire un vero legame col mondo e con se stesso vorrà dire imparare, nuovamente, a sentire l’onda: ascoltare il ricordo e guardare la vita intorno.
“Lei del resto dovrebbe sapere bene com’è, finire sotto una grande onda.”
“Si perde del tutto il senso della posizione. Non sai dov’è il sopra e dov’è il sotto. Non hai più nessun controllo dei movimenti e del tuo stesso corpo.”
“Come se le regole dello spazio fossero sospese?”
“Sì, esatto. Come se le regole dello spazio fossero sospese” ripeté lentamente Roberto.
“E come si fa a venirne fuori?”
“Bisogna aspettare che passi.”
In questo rieducarsi allo «stare al mondo» ci sono tanti piccoli riferimenti culturali, cari anche al Carofiglio giallista: la bella immagine del tassista cinefilo, che fa scoprire all’ignaro Roberto una Roma da cartolina; la playlist che Giacomo vorrebbe regalare alla ragazza che gli piace. Anche la lettura, il teatro, con alcune belle intuizioni.
Aveva letto un libro intero in un solo giorno e la cosa gli era parsa naturale. Proprio questa naturalezza era l'aspetto più singolare della faccenda. Aveva sempre considerato la lettura un'attività che richiedeva impegno, programmazione, tempo. Una cosa riservata solo a chi poteva permettersela. Adesso invece veniva fuori che leggere era – poteva essere – come bere, mangiare, camminare o respirare.
Ma non solo. Il personaggio femminile, per esempio, è una comparsa con gustosi tratti ‘per contrasto’: si chiama Emma, in memoria della nota Madame Bovary; nella sua carriera ha recitato in Come tu mi vuoi, una commedia di Pirandello in cui la protagonista è una femme fatale post-vittoriana a tutti gli effetti. Tutti riferimenti capovolti, perché Emma non appartiene più al mondo in cui «all that glitters is gold» (la canzone Stairway To Heaven è un elemento ricorrente): ha smesso di fare l’attrice, e quel passato non è che un fantasma narcisistico. Un fondo narcisistico, o quanto meno solipsistico, lo possiedono in fondo tutti i personaggi: funzionale, perché disvela, nella stragrande maggioranza dei casi, un irrisolto rapporto genitore-figlio. Un’irrisolta ricerca.
Per tirare le somme: Il silenzio dell’onda è un romanzo molto agile, senza dubbio un’ottima lettura estiva, fresca al punto giusto per regalare emozioni in riva al mare, proprio dove si rifrangono le onde; complice il narrato eccezionalmente fluido: è il vero marchio di qualità della scrittura di Carofiglio.
Laura Ingallinella