Continua tra eventi
diversissimi il Festival della letteratura milanese e la mia giornata di ieri è
un esempio della varietà che lo contraddistingue. Alle ore 19.00 sono andata al
Vinodromo per assistere alla presentazione del romanzo di Bijan Zarmandili, nato a Teheran, ma che vive a Roma dal 1960.
Lavora come giornalista esperto della politica del Medioriente per il Gruppo
Espresso-Repubblica e questo è già il suo quarto romanzo. Non ho ancora letto
il romanzo, ma una breve lettura della trama mi ha incuriosito al punto che
l’ho subito comprato e intendo recensirlo prima possibile. Pubblicato nel 2011
dalla casa editrice romana Nottetempo, il libro si chiama I demoni del deserto e ieri è stato presentato dalla giornalista e
autrice Daniela Padoan e da Liliana Rampello, studiosa, critica
letteraria, autrice di illuminanti saggi, molti dei quali su Proust e Virginia
Woolf. La storia è ambientata in un Iran senza tempo, anche se un tempo ce l’ha:
è il 26 dicembre del 2003. Un anziano nonno e sua nipote sono gli unici
sopravvissuti a un terremoto e a un vento di morte che hanno distrutto
completamente la città dove vivevano. Insieme cominciano un viaggio che li
condurrà a sud, verso una nuova vita che cercheranno faticosamente di
costruire. I due personaggi sono entrambi inaccessibili: la bambina è chiusa in
se stessa, autistica, vive in una sua alterità; il nonno è un maestro che per
tutta la vita ha vissuto nelle sue certezze e che ora, essendo tutte crollate,
deve metterle in discussione, riscoprendosi. “Volevo scrivere un romanzo sulla vecchiaia”, ha detto l’autore, per
“mostrare che la vecchiaia non è una stagione statica e immutabile”. Sia le
curatrici che l’autore hanno saputo mettere in luce gli aspetti salienti e le
bellezze del libro: la sua scrittura tattile, che procede per immagini, per
colori, per temperature. I demoni del
deserto è un libro sul rapporto tra il passato e il futuro: due personaggi
sfuggono dal caos per trovare un nuovo ordine. Ma questo caos non è solo una
catastrofe da cui scappare: è anche l’occasione di un nuovo inizio e l’autore
ne scorge la bellezza. Zarmandili, con questo romanzo, comunica la sua grande
passione per il mondo come strumento di conoscenza e dentro vi troviamo ritratti
più mondi.
La
gentilezza e la profondità dell’autore mi hanno colpita, ci
ha spiegato quanto doloroso sia il percorso di scrittura di un autore che
sceglie l’italiano come lingua originaria del suo romanzo ma proviene da un
paese in cui per anni gli è stato proibito tornare. Ci ha detto che ci si sente
come se si stesse tradendo la propria cultura e si è messo a nudo rivelandoci
che: “questo vecchio sono io”.
Ancora una volta un evento interessante per l’interazione umana che si è creata
tra l’autore e noi ascoltatori.
Di tutt’altro genere la
serata cui ho partecipato successivamente. Alle 21.30 all’Henry’s Cafè è
iniziato Milano in bionda, evento
particolarissimo in cui ventitré scrittori di noir (e non solo!) si sono
riuniti davanti a una birra e avevano a disposizione cinque minuti ciascuno per
raccontare il proprio libro ai presenti. L’atmosfera di festa e l’allegria si
sposavano con il divertimento di un venerdì sera a Milano, a simboleggiare il
fatto che la letteratura può essere
portata nei luoghi più diversi, per promuoverla e farla conoscere nei modi più
vari. Curato da Paolo Roversi, l’evento ha avuto un’ottima partecipazione di
pubblico ed è stato divertente vedere come gli scrittori presentassero in pochi
minuti i loro testi in modi così differenti, a seconda dei loro temperamenti.
Lo spirito del Festival
era anche questo: fare in modo che, per
cinque giorni, la città risuonasse di voci poetiche e letterarie, in ogni suo
angolo: nei caffè, nelle librerie, nelle biblioteche, nei pub, nelle stazioni,
nelle piazze, nelle scuole.
A domani, con la
cronaca della quarta giornata!
Claudia Consoli