Little Women, 1869
di Louisa May Alcott
Collins Classics 2010
pp. 286
3,50
La
regione intorno a Boston era semplice e genuina campagna.
“Lì”, afferma il Cunliff, “l’aspirante scrittore poteva vivere con pochissimo, coltivando un pezzo di terra per trarne il necessario al proprio sostentamento […] e facendo di tanto in tanto un viaggio a Boston per prendere libri in prestito, o incontrarsi con un editore.[…] fu in quella cerchia di comunità colte e intimamente collegate, nei dintorni di Boston, che apparve il fenomeno del trascendentalismo, termine impreciso e difficilmente attribuibile ad una qualsiasi fra le figure di maggior rilievo del tempo.”
Si tratta di scrittori imbevuti di filosofia kantiana, convinti di vivere in un universo benefico, in collegamento con la natura, di sostanziale stampo romantico ed in costante movimento verso la perfezione, ottenibile, per altro, solo in America. Fu Emerson a formulare con maggior completezza la teoria trascendentalista. Fra i tanti appartenenti al movimento, dallo stesso Emerson a Thoreau, a Hawthorne, a Whitman, c’era anche Amos Bronson Alcott, padre di Louisa May, l’autrice di Piccole Donne.
Louisa
May nasce a Germantown in Pennsilvania nel 1832, poi si trasferisce a Concord,
a ovest di Boston, con la famiglia, la seconda di quattro sorelle. Cresce in un
ambiente “illuminato e progressista”, fieramente abolizionista e vive la realtà
della Guerra Civile. Il padre fonda una scuola conosciuta per le sue idee
rivoluzionarie, dove si applica il principio del rispetto della spontaneità del
fanciullo.
Così
Silvano Ambrogi descrive Louisa, come la si coglie in un ritratto:
“La vediamo all’angolo di una scrivania, con un vestito ad ampie, lunghissime gonne, una candida e voluminosa pettorina arricciata, capelli ondulati e gran crocchia alla nuca, insomma l’aspetto di una signora della buona società del tempo. Il braccio appare del tutto disteso, con languore quasi dannunziano, ma la grinta viriloide fa da aperto contrasto: lo sguardo infossato, che punta diritto davanti a sé e la bocca strettamente serrata. La penna appare fra le dita impugnata come fosse uno stiletto o una pistola.”
Amos Bronson trasforma la casa in un cenacolo trascendentalista, frequentano il salotto Thoreau, Hawthorne ed Emerson.
Louisa fa scuola alle figlie di quest’ultimo e ha libero accesso alla biblioteca, dove legge di tutto, da Platone a Dickens, il suo idolo, che incontrerà durante un viaggio sul vecchio continente e di cui ricreerà Il circolo Pickwick, attraverso la società segreta fondata per gioco dalle protagoniste del suo libro più famoso.
Lavora come infermiera, si ammala di tifo, scrive molti libri di
successo, contenenti tutti gli elementi dei classici romanzi d'appendice ottocenteschi,
con avventure gotiche ed eroine tragiche. Durante un viaggio in Europa come
dama di compagnia - descritto nella seconda parte di Piccole donne, quella che in Italia è stata pubblicata come Piccole donne crescono – vive un amore
con un musicista che diventa il Laurie del romanzo. Morirà nel 1888, per un’infreddatura,
mentre corre al capezzale del padre senza sapere che egli è deceduto due giorni
prima.
Pubblicato
nel 1869, e poi nella versione completa nel 1880, Piccole donne si rifà alla vita che si svolgeva in casa
Alcott/March, negli anni della formazione delle quattro sorelle e ci offre con
immediatezza l’immagine dell’America nella seconda metà dell’Ottocento. Delle
quattro ragazze, solo Beth conserva il nome originario e, come la sfortunata
sorella minore di Louisa, anche lei morirà (anche se non nella prima parte).
Ognuna
delle protagoniste ha una personalità spiccata e differente dalle altre, benché
cresciute tutte nello stesso ambiente e sotto l’occhio vigile e saggio della
madre. Fin dal loro primo apparire sulla scena, i termini usati per riferirsi a
ciascuna di esse indicano subito i loro caratteri, le modellano e le fanno risaltare
agli occhi del lettore.
“Christmas won’t be Christmas without any presents’ grumbled Jo, lying on the rug.
“It’s
so dreadful to be poor!” sighed Meg, looking down at her old dress.
“I
don’t think it’s fair for some girls to have plenty of pretty things, and other
girls nothing at all”, added little Amy, with an injured sniff.
“We’ve got father and Mother and each other”,
said Beth contentedly, from her corner.
In queste prime righe c’è già tutto il romanzo, i pregi e i difetti delle sorelle, le mancanze che condizioneranno la trama, il loro modo di agire, di porsi, le loro movenze.
Jo,
il maschiaccio, sta sdraiata sul tappeto. Per lei l’autrice sceglie il verbo grumbled, brontolò, a fissarne fin dal
principio il carattere bellicoso.
La
romantica e saggia Meg, (sighed) sospira
sulla ricchezza che non può avere che la condurrà in tentazione.
La
viziata e capricciosa Amy si presenta con un injured sniff, “un offeso tirar su col naso”, mentre per la buona
Beth, che timidamente se ne sta in un angolo, è usato l’avverbio contentedly, cioè con contentezza,
appagamento, mansuetudine.
Il
personaggio principale è Josephine (Jo) March, nella quale la Alcott si
rispecchia. Tramite lei, l’autrice dà voce al suo femminismo, protestando
contro le ingiustizie subite dalle donne. Jo è un ragazzaccio, la sua unica
bellezza sono i capelli, di cui si priverà in un impeto di generosità. Goffa e
sgraziata, impulsiva e furiosa, capace di alternare slanci e collere, sogna di
andare all’università, di combattere al fianco del padre nella Guerra Civile. È
l’intellettuale di casa, la scrittrice piena di fantasia che compone le sue
novelle e le legge in soffitta alle sorelle.
Seguendo
gli insegnamenti del padre Amos, la Alcott crede profondamente in Dio e nella
possibilità di migliorarsi, di compiere una sorta di pellegrinaggio in vita
verso la trascendenza, la sublimazione e il perfezionamento, di cui è simbolo
il libriccino regalato a Natale dalla madre alle figlie. Ciò comporta una lotta
per tutte e quattro le ragazze, ma soprattutto per Jo, che ha il carattere più
difficile. Le sarà di grande aiuto e conforto scoprire che anche la madre, all’apparenza
infallibile, ha dovuto come lei combattere e per tenere a freno e riformare la
propria natura. Alla fine il bene trionferà sulle debolezze, sulle invidie, sui
capricci e le sorelle si ritroveranno più unite che mai. Alla fine il cammino
trascendente del pellegrino sarà compiuto.
Patrizia Poli
Patrizia Poli
Riferimenti
Marcus Cunliff, “Storia della letteratura americana”, Einaudi , 1976
Silvano
Ambrogi, Introduzione a “Un lungo fatale
inseguimento d’amore”, Newton Compton, 1996
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