Ho visto uomini cadere
di Michele De Virgilio
di Michele De Virgilio
Sentieri Meridiani 2010
«Sarò
il miele sul coltello / e nel contempo, la lama sottile / che non
chiede mai prima di tagliare» – a mo' di brevissimo manifesto. È
una delle prime poesie di Ho
visto uomini cadere
(Sentieri Meridiani 2010) di Michele de Virgilio, in cui ritroviamo
un'ispirazione limpida, un verso netto, «una poesia 'vera', sia nel
suo tenersi moderatamente aggrappata agli istituti propri dell'arte
versificatoria, sia nel suo cercare la pienezza del contatto con la
sofferenza e con gli slanci emotivi della vita reale», come scrive
nella quarta di copertina Daniele Maria Pegorari, curatore della
collana Le
Diomedee.
Una
limpidezza che amerei dire infantile,
che pecca a volte per un semplicistico intimismo, ma che riesce più
spesso a splendere in versi stupendi come quelli della prima poesia,
Infanzia:
«Senza rumori / intendemmo gli sguardi / come coppie fisse di giochi
/ a ingannare i ritardi».
A
mio parere l'ispirazione del poeta dà il meglio di sé quando si
dedica a un progetto, un tema, un'idea di fondo – e non di
sottofondo.
Così la semplicità di questi versi riesce a conquistare l'efficacia
di un proverbio antico: «I vestiti di uno scrittore / non possono
non essere sacri […] E se ci pensi, / quanta luce c'invade, / per
ogni vita vissuta al massimo», «Dovevamo abbandonare di tutto / per
riprenderci qualcosa». Bisogna muoversi! – scrive in Lo
sanno pure i vermi
– «Bisogna muoversi. / Perché anche l'indicibile / possa servire
a perdersi / ché occorre aver peccato / per entrare in una chiesa».
Ecletticamente
Michele de Virgilio trova i suoi riferimenti lirici anche fuori
dalla poesia, ad esempio in romanzieri della letteratura americana
del Novecento come John Fante e Jack Kerouac.
Di
Fante compone quella che chiama una “biografia per emozioni”: è
la sua poesia Ira
facit versus
in cui de-scrive la turbolenta vita dello scrittore, «figlio di un
mare […] figlio di un cane».
È
la violenza del quotidiano che lo interessa. Violenza che mai rifugge
e da cui trae spesso gemme di selvatica ispirazione.
Nell'ultima
sezione della raccolta, che si apre con una citazione di Alda Merini
(Anche la follia
merita i suoi applausi),
de Virgilio affronta il tema crudo della malattia mentale. Laureato
in Tecniche della Riabilitazione Psichiatrica con i pazzi
infatti ha continuamente a che fare per lavoro, e non ha paura di
dire che Ci sono
cani
/ che sono
poeti,
o di calarsi negli anfratti della pazzia al
di qua di quei passi
dove vede uomini
cadere:
«Ho visto uomini nei cervelli morire / con guinzagli e museruole /
catene e contagocce / ho visto uomini cadere / anticorpi di vita
scoppiare / inciampare nelle braccia della pazzia».
Nonostante
i temi spesso crudi e taglienti de Virgilio conserva sempre la
padronanza d'un ritmo giocoso, nonché di un intuito istintivo per
una rima che mai appare forzata o monotona. E tra le sue «seppure
eterne, / avvizzite carte» trova sempre nuovi «giochi per ammazzare
il tempo, / cose da pazzi / e ancora / ricordi campestri sparsi / su
intime indimenticate notti / d'estate».
Riccardo Raimondo
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Michele
de Virgilio è nato a Molfetta (Ba) il 24 marzo del 1988. Dopo
essersi diplomato nella propria città, si laurea in Tecniche della
Riabilitazione Psichiatrica presso l'Università degli Studi di Bari.
Appassionato di viaggi, cinema e letteratura, si dedica alla
scrittura da diversi anni.
Ho visto uomini cadere è la sua prima raccolta di versi.
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