Parlare di Giorgio Manganelli (1922-1990) in breve è a dir poco rischioso, soprattutto quando l'ammirazione assoluta rischia di obnubilare l'obiettività. Dunque, mi limiterò a lodare la splendida raccolta Il rumore sottile della prosa, uscita per Adelphi a cura di Paola Italia: sono qui riproposti articoli dal 1966 all'anno della morte, unificati da collegamenti più o meno svelati che portano a un'opera organica pur nella sua eterogeneità.
In questa selezione si è scelto di occuparsi di letteratura e, nello specifico, di cosa significhi essere scrittori. Vi troverete la genialità ironica e dissacrante di Manganelli, la passione per il paradosso e per la logica fino al parossismo formale. Ma anche la ricchezza sintattica e di vocabolario, l'aggettivazione multipla, e il rigurgito di ricerca lessicale per accumulazioni.
In questa selezione si è scelto di occuparsi di letteratura e, nello specifico, di cosa significhi essere scrittori. Vi troverete la genialità ironica e dissacrante di Manganelli, la passione per il paradosso e per la logica fino al parossismo formale. Ma anche la ricchezza sintattica e di vocabolario, l'aggettivazione multipla, e il rigurgito di ricerca lessicale per accumulazioni.
(Edizione di riferimento: Giorgio Manganelli, Il rumore sottile della prosa, a cura di Paola Italia, Milano, Adelphi, 1994)
Chiunque scriva un 'romanzo', ha diritto di chiamarsi 'romanziere', ma non tutti i romanzieri sono scrittori. Questo è sicuro, ma assai meno sicuro è che mai sia questo animale che si pretende, o si offre, come scrittore. È un angelo? Un profeta? Un ciarliero per iscritto? Un maniaco dei dizionari, o semplicemente uno che ha poca voglia di fare dei mestieri, di rendersi utile?
(da Lo scrittore non esiste)
[...] penso che scrittore sia colui che dichiara a se stesso di esserlo, giacché non esiste modo alcuno per sapere se chi scrive sia scrittore, e dunque non sarà lecito dire che non scrittore non sia chi non scriva; e dunque avendo io deciso di dirmi scrittore, tale dovrete accettarmi, anche se sono ignaro d'inchiostri, se non mi potete leggere, se ci separa una solenne, impenetrabile parete di Tempo.
(da Apologo sul destino della letteratura)
Sia onore alla letteratura. Essa è ambigua, asociale, incorreggibile e imperfettibile. Soprattutto, è totalmente ambigua. È disonesta. Parteggia per gli assassinati e gli assassini. È ingiusta. È diseducante. È sensuale. Non tollera che la si ammanti di qualsivoglia ideologia. È in grado di accogliere tutte le ideologie e di fatto le accoglie, le accoglierà. Non le interessano. Cercano di metterle in bocca delle risposte. Lei ha tutte le risposte dentro di sé: quelle e il loro contrario. Veramente, è mostruosa. È la libertà. Ma non la libertà bene intesa. Nella storia dell'uomo, la letteratura sta fuori; è accusa e vergogna, una malattia illuminante. Non si può avere l'illuminazione senza la malattia. È una stortura. Un errore. Nell'opera onerosa e angosciosa di produrre letteratura, il letterato non è che un testimone. Occorre appena aggiungere che egli è ambiguo a se medesimo; giacché, quando un'opera è fatta, egli ne sa su di essa quanto l'ultimo lettore. Non di più. Nessuno a lui risponde.
(da Avanguardia letteraria)