Per fanfction s’intende la continuazione di una
storia cult da parte degli
appassionati. I lettori affamati di altro materiale possono proseguire la
storia, colmare le lacune, resuscitare i loro beniamini, creare sequel o prequel. Nel caso della fanfiction di “Twilight” di S. Meyer, ovvero il famigerato, inflazionato, “Fifty Shades of Gray” - dove Gray sta
per Grigio ma anche per il cognome dell’algido, imbalsamato, stoccafissico protagonista
- più che di una continuazione si tratta, a quanto pare, di una parodia che ha
preso la mano alla scrittrice Erika James.
Nell’introduzione viene spiegato che ella “dreamed of writing stories that readers would
fall in love with”. Bene, ci pare che sia proprio ciò che non
ha fatto, mentre l’operazione era perfettamente riuscita alla Meyer. E tuttavia,
quando un caso editoriale assume tale portata, quando ogni persona che
incontri, a qualsiasi latitudine, in qualsiasi studio dentistico o vagone
ferroviario, tiene in mano una copia del romanzo incriminato, quando ogni
libreria, ogni vetrina, ogni stand di autogrill trabocca di copertine tutte nere
con un anodino groppo di cravatta, quando gli alberghi americani hanno
sostituito la vecchia Bibbia con le Cinquanta Sfumature, allora non si può
liquidare il fenomeno senza nemmeno tentare di capirci qualcosa.
Facciamo un passo
indietro, torniamo all’originale, alla saga di Twilight, rivisitazione moderna ma ancora fascinosa del mito della
Bella e la Bestia, dove la protagonista, appunto Bella Swan, è una ragazza qualsiasi,
una Cenerentola capace di conquistare il principe dei vampiri, Edward, bello fino
all’impossibile (cui l’attore del film omonimo non rende giustizia) non
incenerito dal sole ma scintillante sotto di esso come un cristallo rifratto, puro
di cuore, “vegetariano”, romanticamente lacerato fra i suoi istinti e l’input
morale che lo spinge a sublimare il desiderio. Bella lo attira perché il suo
sangue ha per lui il più dolce dei richiami, è nettare e delizia, è fragranza e
rimorso. Pur di amarla, pur di starle vicino, soffocherà l’istinto omicida, lo
trasformerà in protezione, che è poi quello che ogni maschio fa con la sua
donna, tenendo a bada l’impulso sessuale, avvolgendolo di tenerezza. Bella Swan
è vera, con problemi familiari tangibili, emozioni adolescenziali
comuni a molte ragazze della sua età e una naturale propensione alla
solitudine, alla malinconia.
Che resta di questi due personaggi in Fifty Shades? Edward Cullen diventa Christian Grey, privo di allure, sexy quanto un manichino da vetrina, maniaco sessuale sadico che si diverte a frustare le sue donne, ad appenderle al soffitto, a flagellarle, a inserire nella loro vagina sfere di piombo, a far loro firmare pedantissimi contratti sul ruolo Dominante/Sottomessa. Al contrario di Edward, Christian non sorride, ghigna, non è tormentato, non è romantico, “I do not make love”, dice, “I fuck hard”, ed è buono solo perché il suo maggiordomo compiacente ci dice che lo è. Christian Gray è un divoratore di fanciulle innocenti, come il suo ispiratore Alec Stoke in “Tess dei d’Urbeville” di cui, a quanto pare, la James è intenditrice. Christian regala alla sua vittima preziosissime edizioni del romanzo di Hardy forse per convincere lei (e pure noi) che nelle sue perversioni c’è qualcosa di letterario.
L’indomita, coraggiosa,
Bella Swan diventa la brutta copia Anastasia Steele, un personaggio che non
vediamo, che non ha volto, che è sempre tutto un bollore costante, che passa i
suoi giorni ad arrossire, a mordersi il labbro e “andare in pezzi” per orgasmi multipli e stellari.
Quasi tutte le scene
principali dell’originale Twilight
sono fotocopiate nella fanfiction, stravolgendole e togliendo loro dignità. Non
c’è trama, non c’è sviluppo, solo un susseguirsi di atti sessuali porno soft,
sempre più ripetitivi al punto che, già al quarto o quinto, ci viene da sbadigliare:
“oddio, no, lo fanno ancora.”
Bella Swan scopre,
attraverso Edward Cullen e la sua gente, un mondo diverso, magico, sotterraneo,
parallelo, dove vampiri e lupi mannari sono credibili e coerenti con questa
nostra realtà moderna, con la realtà di tanti adolescenti americani.
La visita di
Bella/Anastasia alla famiglia Cullen/Gray è un esempio di come l’inventiva, la fantasia
e l’ironia della Meyer vengano trasformate dalla James in volgarità e pochezza.
Persino i nomi dei padri dei protagonisti maschi si somigliano, Carrick, il
padre di Gray, riecheggia Carlisle, il medico vampiro padre di Edward. Ma dove
è finita la tensione morale, la lotta contro l’istinto che trasforma un vampiro
potenzialmente letale in chirurgo compassionevole, sempre pronto ad aiutare chi
soffre? Mentre Bella affronta con coraggio e ironia la famiglia vampira,
sperando di non diventare lei la cena, confidando sull’istinto che le indica quelle persone come buone e capaci di proteggerla dal male, Anastasia Steele si
presenta all’incontro senza mutande, fa piedino sotto il tavolo al suo
dominante e sgattaiola appena può nella dependance per consumare l’ennesimo atto
sessuale. Il divertimento è assente, il gioco è più osceno che erotico, la trama
è solo un pretesto. Non c’è passione vera, solo l’iniziazione al sesso di una
ragazzina che dice di volere di più dal suo mentore ma che, in realtà, ha in testa solo una cosa. Anastasia precipita in una spirale di perversione crescente,
vittima consenziente di uno stalker,
un uomo che gode a prenderla a cinghiate e la fa sentire umiliata e paga allo
stesso tempo. Per riflettere, ella colloquia in continuazione con il suo
subconscio e con la sua dea interiore, buona coscienza l'uno, cattiva l'altra, che
sono, paradossalmente, forse i personaggi più vivi del libro, sebbene ce li immaginiamo come genietti saltellanti con un fumetto fuor dalla bocca.
Laddove l’originale vampiro
sapeva commuovere, creare atmosfera, oscurità, amore, e dare corpi, volti e gestualità ai
personaggi di una saga indimenticabile, qui tutto è narrato con un linguaggio ripetitivo,
infarcito di una serie di mail soporifere, condito delle medesime esclamazioni infantili,
“oh my”, dei medesimi aggettivi ed
espressioni per descrivere scene ed emozioni sempre identici.
Quale sarà il motivo dell’incommensurabile
successo planetario di una fanfiction, di una semiparodia nata su commissione? Per
il primo libro la parte del leone la fa certamente la curiosità, stimolata dal
passaparola, dalla sovrabbondanza di copie visibili ovunque, ma per arrivare a
comprare il secondo e il terzo bisogna forse chiamare in causa lo stimolo sessuale cui
si sottopongono le pruriginose lettrici, il voyerismo, il sadomasochismo
latente in ognuno di noi. Oppure la voluta indeterminatezza della protagonista
- la quale più che essere in realtà non è, non è bellissima, non è intelligentissima, non
è brillantissima – fa sì che con lei si possano identificare milioni di donne
anonime, desiderose di immaginarsi sessualmente irresistibili e capaci di
catturare un bello-ricco-superfigo?
Non sappiamo la ragione
di tanto furore e vorremmo che chi è arrivato alla fine della saga ce lo
spiegasse perché, se errare è umano, perseverare fino al terzo libro pensiamo
sia davvero diabolico.
Patrizia Poli
Patrizia Poli
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