Trilogia della città di
K.
Titolo originale: Le grand
cahier, La preuve, La troisième mensogne
di Agota Kristof
Einaudi, pp. 379
€ 12,50
€ 12,50
La storia inizia di mattina
presto, in una cittadina di campagna, silenziosa e anonima. Una mamma trascina
una scatola di cartone e dietro trottano due gemelli, i suoi figli. La guerra
rende impossibile la vita nella grande città e così la donna ha deciso di
affidare i bambini alla nonna; come sempre in tempo di guerra, la campagna è
più sicura e con più probabilità di trovare cibo.
I gemelli, una sola voce ed una
sola intelligenza lucida e cinica, sono costretti ad adattarsi alla vita con la
strega che è la loro nonna. Trovano espedienti per sopravvivere, si esercitano
per essere sempre più crudeli e più forti, in modo che nessuno possa fare loro
del male. Il culmine della sofferenza è la loro separazione, quando uno di loro
rimane nella piccola città e l’altro scappa oltre il confine, verso le terre
“libere”. Entrambi passeranno anni tristi, dolorosi nell’attesa di un
ricongiungimento impossibile da prevedere.
Ci sono elementi comuni e riconoscibili, all’inizio di
questo lungo racconto in tre atti.
Ci sono due gemelli, lasciati
dalla nonna durante il periodo della guerra. C’è una mamma che soffre nel
separarsi da loro e una nonna dura, taccagna e cattiva che sopravvive grazie
mercato nero della guerra. Ci sono questi due bambini così legati tra di loro
che parlano ad una voce sola, finendo uno i pensieri dell’altro, essendo uno le
orecchie dell’altro, tanto che non si capisce mai quando parla uno e quando
parla l’altro. Klaus e Lukas sono così inseparabili da avere l’uno il nome
anagrammato dell’altro.
C’è lo sfondo grigio e sofferente
della guerra, dove tutto è carente, a parte la morte e la paura. Il luogo e la
guerra cono senza nome, ma, viste le origini ungheresi della scrittrice, si può
tranquillamente immaginare un’Ungheria a metà tra le pressioni sovietiche e
quelle occidentali.
E poi, ci sono elementi comuni e
riconoscibili che mancano del tutto. L’amore, il sorriso, l’infanzia, in
generale tutti i buoni sentimenti. I gemelli si esercitano ad essere crudeli,
la nonna è una vecchia strega che odia i suoi nipoti, i personaggi intorno a
loro o sono miserabili o sono crudeli. Tutto quanto è nero qui trova spazio:
dalla violenza, alla pedofilia, alla sensualità distorta.
La storia, con questi elementi,
sembra procedere in maniera abbastanza lineare, almeno fino al primo volume
della trilogia, Il grande quaderno. La prova incomincia a far vacillare le
nostre sicurezze. La terza menzogna
fa crollare anche le fondamenta della ragione e della realtà: si arriva al
finale dove nulla sembra più vero e si perdono di vista anche i confini di
quella che sembrava una trama cruda e lineare.
E’ un romanzo stridente. Penetra
nel cervello, martella le orecchie, risucchia il colore anche da quello che ci
sta intorno. Ci fa perdere i punti di riferimento e rende la letteratura alla
pari di una menzogna artisticamente costruita.
Posso dire che andrebbe letto, e riletto
ancora, e forse non si arriverebbe nemmeno alla piena comprensione di quanto ci
si è svolto davanti agli occhi.
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