Il piacere è mio,
grazie a voi per avermi invitato!
Iniziamo con le domande allora.
Disegnare un fumetto non è certo
cosa da tutti, richiede tempo, dedizione e talento artistico. Come è
nata la tua passione per i fumetti e quando hai deciso che ne avresti
sceneggiato e disegnato uno?
Mio padre aveva
moltissimi albi: Tex Willer, Diabolik, Piccolo Ranger, Topolino e
qualche volta leggeva anche Martin Mystère. Per questo motivo, fin
da bambino, era facile che entrassi in contatto con i fumetti. Non ne
ho letti molti, spesso mi limitavo solo a sfogliarli. Amo però i
libri come opera d'arte vera, quindi appena potevo chiedevo a lui di
comprarmi anche riviste di settore e i pochissimi fumetti giapponesi
che si trovavano in edicola. Magari continuavo a non leggerli, però
rimanevo lì a osservare i disegni, sfogliare, osservare e continuare
di nuovo a osservare. Questo mi aveva fatto nascere il desiderio di
creare una storia tutta mia, anche perchè nel frattempo avevo
iniziato la mia vita artistica e spesso accade di voler veder vivere
i personaggi che dipingi su tela... Mentre nel mio fare arte mi ero
liberato di tutti quei vincoli mentali che purtroppo ci portiamo
dietro, nel fumetto non c'ero riuscito. Per cui, con il retaggio dei
pochi fumetti letti e dei tantissimi visti, ero bloccato da tutte
quelle “regole” scenografiche, di metrica, di dialogo che ci sono
in un fumetto. Nel 2009 invece, una serie di fortunate e simpatiche
coincidenze mi fecero capire che potevo fare un fumetto nella stessa
maniera in cui faccio arte, quindi nacque Criba.
Tutti i fumettisti cominciano da
qualche parte nella loro carriera, Criba è il tuo fumetto d'esordio,
oppure avevi già qualche altro lavoro nel cassetto prima di questo?
Un fumetto vero e
proprio no. Criba è il primo in assoluto, proprio per i motivi che
ti dicevo sopra. Nel mio modo di vedere invece, credo di aver
disegnato tanti “fumetti” prima di affrontare Criba. Nei miei
dipinti uso molto la parola, anche solo come segno grafico, con essa
anche tantissimi personaggi. Questo è il motivo per cui credo che si
possano definire una sorta di comics su tela.
Durante la lettura non si può fare
a meno di notare che Criba è un fumetto molto particolare,
riflessivo, metafisico. Ti va di parlarcene?
La cosa più bella
di Criba è che ogni lettore lo interpreta in base all'approccio che
ha con il libro o in base alle sue emozioni del momento. Ci sono
persone che leggendolo più volte hanno trovato sfumature sempre
nuove. I giudizi che ne vengono fuori sono i più disparati, questo è
molto divertente ma anche interessante sotto l'aspetto della
comunicazione. Questo accade perché la storia racchiude molti
simboli che io ho il piacere di disseminare nei disegni, rebus o
messaggi nascosti “tra le righe”. Tutto ciò fa parte
dell'esoterismo racchiuso dentro Criba.
Come sottolineato nella recensione,
Criba ha molti elementi in comune con “Alice nel paese delle
Meraviglie” di Lewis Carrol, uno di questi è il numero di
personaggi che vi agiscono. Nel crearli ti sei ispirato a qualcuno
che conosci? Puoi rivelarci a chi?
Bella domanda!
Essendo una sorta di storia che attinge moltissimo dalla mia vita
reale, andare a “catturare” i comportamenti delle persone a me
più vicine, è stata una bella tentazione... e non ho resistito! Ho
cercato da ognuno di cogliere quegli aspetti che mi affascinavano
perché caratterizzanti della singola persona, partendo da questi, ho
costruito i personaggi. Senza svelare troppo, posso dirti che: Criba
sono io, con tutte le mie manie e problematiche. Il Cavallo dei
Ricordi rappresenta tutte quelle figure - visioni eteree che “vedo”
molto spesso accanto a me durante la giornata. I Pensieri Negativi
sono la rappresentazione grafica di ciò che mi attanaglia la mente
durante le ventiquattro ore. Andrello è il mio amico e collega
Andrea Mattiello, riflessivo, dall'animo profondo... e nato stanco.
Latafana è mia moglie, il lavoro non la spaventa, per cui nella
storia è alle dipendenze di Andrello, nel suo Negozio di Lacrime. La
spaventa invece leggere Criba, e quando l'ha fatto, parzialmente mi
ha raccontato un'altra storia... Raria è un'altra mia amica,
danzatrice e appassionata dell'oriente. Gli altri personaggi invece,
sono inventati (Sale e Indaco) o sono tratti da leggende o simbologie
secolari (il Kraken per esempio).
Criba, il protagonista, parla,
riflette, viaggia e cresce insieme al suo cavallo dei Ricordi. Tutto
ciò è qualche modo autobiografico? Puoi spiegarci perché hai
voluto mettere nero su bianco questa storia?
Si, è
autobiografico, sopratutto nell'aspetto emotivo. Io amo l'esoterismo,
la simbologia, tutto questo lo ritroviamo dentro la storia, in
maniera più o meno esplicita. Un motivo vero e proprio per cui ho
voluto raccontare questa storia, di preciso ancora non lo so. Come
dicevo priva, ogni tavola è frutto del momento, quindi vedendo come
si sono sviluppati i due volumi fino ad ora, azzarderei che ho voluto
mettere nero su bianco questa storia, un po' per materializzare le
mie paure, in parte per non sentirmi solo.
Adesso parliamo del lato tecnico. Il
tuo stile di disegno si discosta molto dai canoni del genere
fumettistico, i contrasti di bianco e nero sono forti e il tratto
molto elementare. Perché hai scelto uno stile del genere per Criba?
Disegno Criba
esattamente come faccio arte, non mi discosto dal mio linguaggio
grafico, anche se essendo un fumetto dovrebbe essere agevolata la
comprensione sia grafica che dei dialoghi. Vedo il mio lavoro
“fumettistico” come un altro medium (dopo tele, terracotta,
stoffa ecc.) con cui diffondere e far conoscere il mio modo di fare
arte, viene naturale che il disegno sia “crudo”, “semplice” e
a tratti spigoloso, come tutto il resto del mio lavoro. Ho scelto di
non usare colore nella storia perché trovo l'atmosfera in bianco e
nero elegante ma allo stesso tempo brutale e oppressiva. Mi sembra il
giusto taglio per una storia come quella di Criba.
Padroneggi anche altri stili di disegno?
Quello del mio
stile di disegno è un tema che ho affrontato quasi all'inizio di
Criba MILLENNIUM, perchè spesso si cade nell'errore di giudicare un
libro o un autore in base a quello che si vede sul foglio,
etichettandolo come “non capace”. Semplicemente invece, lo stile
“elementare” e “brut” del graffito è quello che amo ed è
quello che utilizzo. Lo sento mio, mi viene da dentro. In una delle
foto che ti ho inviato ci sono due disegni, uno figurativo e uno
manga che è un omaggio ad un personaggio di Bloodless, una storia
ideata e disegnata da Sara Angiolini. Ho fatto ciò perchè è
importante capire come il mondo di un autore è complesso e
variegato, spesso fermandosi alla prima sensazione ci precludiamo di
conoscere cose che magari ci arricchirebbero pure.
Cosa puoi dirci riguardo alla
strumentazione che hai usato e alla realizzazione delle singole
tavole del tuo fumetto? Lavori sempre nello stesso luogo o preferisci
spostarti “alla ricerca dell'ispirazione”?
Disegno quando
sento il bisogno di fare la tavola, per cui non ho né di un posto, né di un orario fisso di cui lavoro. Porto sempre con me un blocco di fogli
e la strumentazione, che si riassume in pochi oggetti. Adopero come
matite un lapis HB e una morbidissima a punta grande, un taglierino
per far loro le punte secondo le mie esigenze (odio gli appunta
lapis, troppo tecnologici), ed un paio di gomme morbide. In fatto di
pennarelli sono esigente invece, adopero gli Stabilo OHPen di misura
S, F, M, con cui mi trovo bene da molto tempo e una penna biro, per
ogni evenienza.
La tua opera è composta da una
trilogia, hai avuto bisogno di una sceneggiatura prima di disegnare
le tavole per gestire meglio la storia?
Originariamente la
storia non doveva essere una trilogia. Disegnando le tavole con
completa spontaneità avrebbe avuto la sua naturale fine nel momento
in cui avrei “sentito” che era il momento giusto per terminare.
Nel corso d'opera di quest'anno però, una serie di problematiche mi
hanno portato a fare una scelta diversa (in difesa dei lettori): i
due volumi finora usciti (Criba il Divoratore di Affetti e Criba
Kan'd'Ema) diverranno capitoli del volume finale (Criba MILLENNIUM)
che conterrà l'intera storia. Sperò di terminarla intorno a
febbraio 2013.
Per concludere, vorremmo sapere la
tua sull'industria fumettistica odierna e sulla tua esperienza da
esordiente che si propone ad una casa editrice, puoi raccontarci
qualcosa?
Dopo qualche
tavola completata avevo il desiderio di presentare il mio lavoro a
una casa editrice. Ne contattai qualcuna, anche semplicemente per
sapere come dovevo fare per presentare il mio lavoro, o se erano
interessate a un fumetto artistico. Nemmeno mi risposero per dirmi
che non erano interessati... Immaginai subito un mondo particolare
come quello dell'arte contemporanea... e decisi di percorrere altre
strade. Fortunatamente, lo ripeto sempre, ho moltissime persone che
seguono e apprezzano il mio lavoro e quindi ho prodotto il primo
volume con la Edizioni Tribaleglobale, e dopo questo, tutti gli altri
libri me li sono auto prodotti. Mi sono fatto l'idea che molte case
editrici puntano solo su ciò che rientra nei parametri del gusto
medio del pubblico, tralasciando anche un minimo spazio ai lavori più
sperimentali. Da un lato questo può anche essere giusto (penso per
esempio alla loro necessità di rientrare dalle spese e ottenere un
guadagno), dall'altro credo che ciò renda veramente difficile
presentare ai lettori qualcosa di nuovo e totalmente diverso, perchè
non rientra in ciò che sono abituati a vedere di solito. E' un po'
come il classico cane che si morde la coda e ciò, impedisce di
crescere e di inventare veramente “fumetti” nuovi.
Bene, direi che è tutto, ti
ringraziamo ancora una volta per la tua disponibilità, e buona
fortuna per i tuoi prossimi lavori!
A. Dario Greco