Nel saggio del 1975 “An Image of
Africa: Racism in Conrad’s Heart of
Darkness” lo scrittore nigeriano Chinua Achebe, celebre per il capolavoro Things fall Apart (Il Crollo, 1958) accusa Joseph Conrad di essere semplicemente un thoroughgoing racist, un convinto
razzista.
La motivazione di Achebe appare
chiara. In Heart
of Darkness (1899) Conrad, attraverso Marlow, descrive l’Africa (il Congo Belga, scenario
dell’opera) come un luogo remoto e selvaggio senza alcun legame con la civiltà
(occidentale). Ma sono i suoi abitanti a
impressionare Marlow. Egli, infatti, è sconvolto all’idea che si tratti di
umani e che non via sia nessuna differenza fra lui ( e gli inglesi) e loro. Questa la citazione che condanna Conrad:
The earth seemed unearthly. We are accostumed to look upon the shackled form of a conquered monster, but there — there you could look at a thing monstrous and free.It was unearthly, and the men were — No, they were not inhuman. Well you know , that was the worst of it — this suspicion of their not being inhuman. It would come slowly to one. They howled and leaped, and spun, and made horrid faces; but what thrilled you was just the thought of their humanity — like yours — the thought of their remote kinship with this wild and passionate uproar. Ugly.
Quella
terra non aveva più nulla di terrestre. Noi siamo abituati a contemplare la
forma ormai doma di un mostro soggiogato, ma laggiù — laggiù ci si trovava alla
presenza di qualcosa di mostruoso e di libero, qualcosa che non aveva niente di
terrestre. E gli uomini… no, non erano inumani. Ma proprio questo, ve
l’assicuro, era il peggio: questo sospetto che lentamente si faceva strada, che
non fossero inumani. Quella gente urlava, saltava, piroettava, faceva smorfie
orrende; ma ciò che dava i brividi era precisamente il senso della loro umanità
— non diversa dalla nostra — il senso di una remota parentela fra noi e quel
selvaggio tumulto appassionato. Una cosa sgradevole, sì, davvero sgradevole.
Le parole di Marlow son inequivocabili. Per
Achebe la questione è chiusa: Conrad, si fa portavoce di un pensiero razzista
che travalica i confini della finzione narrativa.
Tuttavia Conrad non è certo uno
scrittore razzista o favorevole all’impresa coloniale, ma al contrario, le sue
opere svelano le atrocità commesse dai colonizzatori così come la loro incapacità
di gestire l’impero. Un significativo esempio è An Oucast of the Islands dove i bianchi sono deboli e incompetenti mentre
i nativi, di etnie diverse, scaltri ed
eroici.
Ciò non basta ad Achebe per giustificare
Conrad e Heart of Darkness. Si chiede
perché proprio l’Africa dovrebbe essere luogo in cui mettere in scena la
degenerazione della civiltà occidentale o la spersonalizzazione dell’individuo
e perché Marlow provi orrore davanti all’umanità di quelle creature per lui
così bizzarre. Ma Achebe è soprattutto polemico circa le tematiche che il
lettore riconduce a Heart of Darkness.
In altre parole il lettore non pensa all’opera come a un racconto sull’Africa,
ambientato in quel continente, in una zona precisa, in un momento storico ben
inquadrato, bensì ritiene sia una magistrale opera sulla caduta morale dell’impresa
imperialista. L’Africa diventa, così, il veicolo della follia dell’uomo bianco
che non riesce a domare quella wilderness
e vi rimane intrappolato come Kurtz, esito del going native, cioè quell’atteggiamento tanto temuto dagli europei
di assimilazione alle abitudini native.
L’Africa, dunque, non compare come
protagonista, quale è, ma finisce per rimanere uno palcoscenico svuotato di
ogni significato autonomo:
And the question is whether a novel which celebrates this dehumanization, which depersonalizes a portion of the human race, can be called a great work of art. My answer is: No, it cannot.
E
il punto è se un romanzo che celebra questa disumanizzazione, che spersonalizza
una parte del genere umano possa considerarsi una grande opera d’arte. La mia
risposta è: No, non può.
Achebe offre alcuni spunti per
comprendere in che modo Conrad rappresenti due mondi diversi, quello africano e
quello europeo. Dapprima l’immagine di apertura del Tamigi, da sempre teatro di
proficui commerci (ma anche tremendi) contrapposto al fiume Congo descritto come un serpente che si estende nell’oscurità
della foresta. In seguito le figure di due donne molto distanti l’una
dall’altra: l’amante nativa di Kurtz, selvatica e feroce e la moglie, composta,
moderata, virtuosa.
The old river in its broad reach rested unruffled at the decline of day, after ages of good service done to the race that peopled its banks, spread out in the tranquil dignity of a waterway leading to the uttermost ends of the earth
Nel
suo ampio estuario, il vecchio fiume riposava immoto al declinar del giorno,
dopo lunghe epoche di fedeli servigi resi alla razza che popolava le sue rive,
disteso nella tranquilla dignità di una via d’acque che conduceva ai più remoti
confini della terra.
[riferendosi al continente africano] But there was in it one river especially, a mighty big river, that you could see on the map, resembling an immense snake uncoiled , with its head in the sea, its body at rest curving afar over a vast country, and its tail lost in the depths of the land.
che
in esso c’era un fiume, un fiume enorme, straordinariamente simile, sulla
carta, a un immenso serpente srotolato, con la testa nel mare, il corpo disteso
che si snodava lontano entro una regione vastissima, e la coda che si perdeva
nella profondità del continente
She was savage and superb, wild-eyed and magnificent; there was something ominous and stately in her deliberate progress.
Era
selvaggia e superba, ferina e magnifica; il suo deliberato incedere aveva un
che di maestoso e sinistro.
She had a mature capacity for fidelity, for belief, for suffering […] the dark eyes looked out at me. Their glance was guileless, profound, confident, and trustful.
Mostrava
una matura capacità di dedizione, di fede, di sofferenza […] i suoi occhi mi
fissavano scuri. Il loro sguardo era limpido, profondo, fiducioso e fermo.
Il dibattito circa il presunto
razzismo di Conrad è ruotato intorno alla natura di Heart of Darkness: si tratta di un libro, di un’invenzione
narrativa, un aspetto che non può essere trascurato. Marlow è il narratore, il suo punto di vista
non coincide necessariamente con quello di Conrad, l’autore. Le considerazioni
di quest’ultimo vogliono riflettere il pensiero dei tanti britannici che
vedevano nella conquista e sottomissione la prova della superiorità dell’isola.
Si tratta di un fatto storico, da estendere all’intera Europa (in Heart of Darkness siamo nel Congo Belga,
oggi Repubblica democratica del Congo, “proprietà privata” di Leopoldo II del
Belgio che condusse una politica imperialista spietata) che ha portato alla
nascita di una certa letteratura di viaggio in cui i luoghi coloniali sono
descritti come affascinanti ma anche terribili perché così diversi da quella
che si pensava essere la civiltà. Le opere di Conrad condividono in parte il
sapore esotico, tipico del romance,
ma lo sguardo è rivolto ai bianchi, corrotti dall’impresa coloniale. Conrad
vuole sollevare il dubbio, far vacillare le certezze dell’uomo occidentale,
abbattere le pretese di onnipotenza dell’uomo bianco che si scontra con la
tenebra, la sua anima compromessa, la sua morale depravata, i fantasmi dell’inconscio.
Ma perché associare tutto ciò
proprio all’Africa? Con queste parole Achebe risponde allo scrittore Caryl
Phillips in un’intervista sull’argomento pubblicata dal Guardian il 22 febbraio 2003:
Yes, you will notice that the European traders have “tainted” souls, Marlow has a “pure soul”, but I am to accept that mine is “rudimentary” […] Towards the end of the 19th century, there was a very short-lived period of ambivalence about the certainty of this colonising mission, and Heart of Darkness falls into this period. But you cannot compromise my humanity in order that you explore your own ambiguity. I cannot accept that. My humanity is not to be debated, nor is it to be used simply to illustrate European problems.
Sì, noterà che I commercianti europei hanno
un’anima “corrotta”, Marlow ha un anima “pura”, mentre io dovrei accettare che
la mia sia “primitiva”? Verso la fine del diciannovesimo secolo ci fu un breve
periodo di incertezza circa la missione colonizzatrice e Heart of Darkness è proprio di quel periodo. Ma non possono
compromettere il mio essere “umano” allo scopo di indagare la loro ambiguità.
Non lo posso accettare. La mia umanità non deve essere oggetto di discussione e
nemmeno deve essere utilizzata semplicemente per illustrare problematiche
europee.
Questo
intervento ha voluto prendere in considerazione solo alcuni degli aspetti
relativi al dibatto intorno Heart of
Darkness. La questione si fa ancora più delicata quando la letteratura entra
in conflitto con la storia, come porsi in questo caso? Accettare il patto
narrativo oppure voler vedere oltre?
Per
approfondire gli argomenti, i link del saggio di Chinua Achebe e dell’intervista
pubblicata dal Guardian:
Martina Pagano
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Le traduzioni sono
a cura di chi scrive ad eccezione delle citazioni da Cuore di Tenebra, tratte dall’edizione con testo a fronte a cura di
Giuseppe Sertoli , traduzione di Alberto Rossi e Giuseppe Sertoli, Einaudi, 1999.