antologia a cura di R. Astremo e M. Maraschi
Hacca Edizioni, 2012
Il
2012 è stato un anno controverso (quale anno, infondo, non lo è?) e
parecchio denso di situazioni al limite dell'umana sopportazione:
abbiamo assistito, infatti, all'epopea dello spread, allo stillicidio
delle tornate elettorali, ai vari concorsini e concorsoni per i
giovani e vecchi precari, e questo, solo per quanto riguarda la
situazione italiana. Insomma,
ce ne sono stati eccome di segnali incontrovertibili che ci
mettessero in allarme circa il vituperato (e in qualche caso anche
auspicato!) avverarsi della profezia dei Maya, che il mondo sarebbe
finito il 21 dicembre scorso, inesorabilmente, phuf, un colpo di
spazzola prima di andare a dormire, per sempre.
Così
non è stato, però, a scanso di equivoci lo preciso: non sto
scrivendo da un iperuranio iperbolico che m'abbia finalmente
consentito di abbattere le più ostinate leggi della relatività e
della caduta dei gravi. Così
non è stato, dicevamo, eppure c'è tanto piaciuto pensarlo: immaginare
il pericolo, tra un bicchierino d'amaro e una strizzatina d'occhi al
bar, ché tutto sommato quello che ci manca ancora oggi, nella grande
epoca del tutto e sempre, è un po' di quel sano brivido dietro la
schiena, quel burlesco alone di mistero, il “non è vero ma vorrei
tanto crederci” che ci riporta alle novelle raccontate a mezza
bocca dai nonni, per una volta, almeno.
Questa
volta, perciò, le novelle hanno scelto di raccontarcele undici fra i
più interessanti narratori italiani contemporanei: Carola Susani,
Stefano Sgambati, Gabriele Dadati, Emilia Zazza, Vins Gallico,
Federica De Paolis, Fabio Viola, Paolo Zardi, Giordano Meacci, CinziaBomoll e Flavio Santi. Hanno
scelto, questi autori, undici racconti a tema, per ESC, l'antologia
curata da Rossano Astremo e Mauro Maraschi, per Hacca edizioni, e
il tema, chiaramente, non poteva che essere la fine del mondo.
Prendo
in prestito le parole di Marcello Fois, che ne ha curato la
prefazione, per arrivare subito al nocciolo della spinosa questione
della catastrofe:
Qualche volta le apocalissi sono la constatazione di un decadimento lento e silenzioso: un giovane uomo che deve constatare una calvizie incipiente, una ragazza alle prese con le prime rughe. Fatti semplici, stocastici, che possono indicare progresso verso la maturità, ma allo stesso tempo, regresso verso la vecchiaia.
È così che i singoli autori, pur partendo da punti di vista diffratti e rimodulati, costruiscono le loro storie di finitudine infinita, di isolamento socializzato, in un processo che oserei definire quasi freudiano, tutto volto a un recupero ironico e spiazzante delle più intime e sofisticate paure che attanagliano costantemente corpo e mente di ciascuno di noi. La morte, la fine dell'intera umanità, con tutte le sue indomite speranze, le programmatiche attese, i progetti lasciati in sospeso, l'ansia del distacco e dell'abbandono, la fantasia concreta e inalienabile di volersi costruire un universo altro, non necessariamente migliore, ma quantomeno parallelo, salvifico dacché duraturo. Questo l'intento, ben riuscito, di ESC: quando tutto finisce, qualcosa resta. Sempre la scrittura.
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