Lo sforzo vitale di questo libro è mettere in scena un immaginario (p. 121). E' il libro dell'Io, il libro delle mie resistenze alle mie idee; è un libro recessivo (che va all'indietro, ma anche, forse, che prende le distanze). Tutto questo deve essere considerato come detto da un personaggio di romanzo - o meglio da molti. Perché l'immaginario, materia fatale del romanzo a labirinto di merletti nei quali è fuorviato chi parla di se stesso, l'immaginario è preso a carico da svariate maschere (personae), scaglionate secondo la profondità della scena (e però nessuna persona dietro). (pp. 136-137)
Quando esce Roland Barthes par Roland Barthes, nel 1975 per l' Ed. Seuil di Parigi, Barthes è già uno dei saggisti più noti viventi, intellettuale di spicco e tra i critici letterari che più hanno sperimentato le nuove correnti interpretative. Letteratura, società, filologia, filosofia sono solo alcuni dei saperi che Barthes ha dispiegato nelle sue opere (come non ricordare il suo Frammenti di un discorso amoroso, più volte oggetto di recensioni e inviti di lettura qui su CLetteraria?) Non sorprende, quindi, che l'uscita di questa sorta di stravagante autoanalisi e autobiografia abbia attirato da subito l'attenzione di tanti colleghi.
Interessa innanzitutto capire come un autore che s'è a lungo occupato di autobiografia e di scritture dell'Io possa scrivere sé stesso. E Barthes lo fa giocando con la metaletteratura e con l'interazione con altre forme d'arte. Ad esempio, la fotografia: nella prima parte, coerentemente con la memoria labile della propria infanzia, i ricordi prendono la forma della pellicola, e Barthes si limita a brevi didascalie che illustrano la foto, o riportano le suggestioni ad essa legate. A mano a mano che la memoria avanza, le foto si rarefanno, a vantaggio della parola. Non si tratta di un diario, né l'ordinamento cronologico è sempre stringente: quasi nulle le date, ma spesso riflessioni che abbracciano un lungo periodo di tempo o che si possono anche ritenere acroniche, o meglio appartenenti al Barthes maturo, ma senza una maggiore precisazione di tempo.
E poi. E poi parla di sé in terza persona, sia nel rievocare le posizioni intellettuali, sia nel parlare della propria vita amorosa: per questo consiglia di leggere il libro come se fosse "detto da un personaggio di romanzo": il crinale tra autenticità e romanzesco si fa sempre più labile, e questo Barthes lo sa bene. Anzi, è un confine con cui l'autore gioca, e di cui sperimenta tutte le potenzialità espressive.
Il risultato, si dica, è una lettura straordinaria e piacevolissima, che si può condurre di pagina in pagina o saltabeccando qui e là con la curiosità vorace del lettore che non si accontenta di stare alle regole ma che, sposando il gioco di Barthes, fa della provocazione il proprio movente.
(Edizione di riferimento: Barthes di Roland Barthes, tr. it. di Gianni Celati, Torino, Einaudi, 2007)
****
p. 25 |
Non cercava la relazione esclusiva (possesso, gelosia, scenate); non cercava neanche la relazione generalizzata, comunitaria; quello che voleva era ogni volta una relazione privilegiata, segnata da una differenza sensibile, portata allo stato d'una specie di inflessione affettiva singolare, come quella d'una voce dai tratti incomparabili; e, cosa paradossale, non vedeva alcun ostacolo nel moltiplicare questa relazione privilegiata: soltanto dei privilegiati, insomma; la sfera dell'amicizia era così popolata da relazione duali (da cui una grande perdita di tempo: bisognava vedere gli amici uno ad uno: resistere al gruppo, alla banda, ai ricevimenti). Quello che veniva cercato era un plurale senza eguaglianza, senza in-differenza. (p. 77)
L'IDEA COME GODIMENTO
p. 73 |
All'opinione comune non piace il linguaggio degli intellettuali. Anche lui è stato spesso schedato con l'accusa di gergo intellettualistico. Si sentiva allora oggetto d'una specie di razzismo: escludevano il suo linguaggio, cioè il suo corpo: "tu non parli come me, dunque ti escludo". [...] (p. 118)
IL PARADOSSO COME GODIMENTO
[...] Aggiunta al Piacere del testo: il godimento non è ciò che risponde al desiderio (lo soddisfa), ma ciò che lo sorprende, l'eccede, lo svia, lo deriva. Bisogna rivolgersi ai mistici per avere una buona formulazione di ciò che può far deviare un soggetto in questo modo: Ruysbroek: "Chiamo ebrezza dell'animo questo stato in cui la gioia supera tutte le possibilità che il desiderio aveva intravisto".
(Nel Piacere del testo, il godimento è già detto imprevedibile, e la parola di Ruysbroek è già citata; ma posso sempre citarmi per significare un'insistenza, un'ossessione, dato che si tratta del mio corpo).
(p. 128)
IL DISCORSO DI GIUBILO
p. 44 |
- Ti amo, ti amo! Sorto dal corpo, inarrestabile, ripetuto, tutto questo parossismo della dichiarazione d'amore non nasconde una mancanza? Non ci sarebbe bisogno di dire questa parola, se non fosse per oscurare, come la seppia fa col suo inchiostro, lo scacco del desiderio sotto l'eccesso della propria affermazione.
- Cosa? Condannati per sempre al triste ricorso d'un discorso medio? Non c'è dunque alcuna speranza che esista, in qualche recesso sperduto della logosfera, la possibilità d'un puro discorso di giubilo? Ad uno dei suoi margini estremi - molto vicino, è vero, alla mistica - non è concepibile che il linguaggio diventi finalmente esposizione primaria e quasi insignificante d'una pienezza?
- Niente da fare: è la parola della richiesta: non può dunque che dar fastidio a chi la riceve, tranne la Madre - e tranne Dio!
- A meno che non sia giustificato a gettarla, questa parola, nel caso (improbabile ma sempre atteso) in cui due "ti amo" emessi in un lampo solo formassero una coincidenza pura, che annulla, attraverso la simultaneità, gli effetti di ricatto d'un soggetto sull'altro: la richiesta si metterebbe a lievitare.
(pp.128-130)
IL LESSICO IMPURO
Potrebbe forse definirsi così: il sogno d'una sintassi pura e il piacere d'un lessico impuro, eterologico (che mischia l'origine, la specialità delle parole). Questo dosaggio renderebbe conto d'una certa situazione storica, ma anche d'un dato di consumo: letto un po' di più della avanguardia pura, ma molto meno d'un autore di grande cultura.
p. 76 |
Social Network