di Eduardo De Filippo
Einaudi, 1964 (1931)
«Parto
trigemino con una gravidanza di quattro anni»,-: così Eduardo De Filippo
definisce la nascita di quella che è considerata una delle sue prime grandi
commedie. Natale in casa Cupiello,
infatti, si presenta inizialmente come atto unico, solo in seguito verrà
arricchita da un primo e da un terzo atto che fungeranno rispettivamente da
prologo e da conclusione. Una costruzione a più tempi, quindi, che non crea
un’opera spezzata o incoerente. Con le sue aggiunte Eduardo supera la struttura tradizionale
che si nutriva della farsa, supera il teatro paterno scarpettiano e costruisce
un’opera che va oltre, colma di umanità e umorismo tragico.
Eduardo
ci fa scoprire delle vite misere, dolorose e quotidiane. Il sipario si apre il
giorno dell’antivigilia di Natale in un ambiente domestico. Mai situazione
poteva essere più tradizionale: se aggiungiamo che l’evento centrale gira
attorno a un triangolo amoroso, ci ritroviamo immersi nell’intreccio più
classico. Ma questa è solo la base su cui poi si costruisce la vera commedia, è
il punto di partenza privilegiato per esplorare l’umanità tutta. La moglie
Concetta, il figlio Nennillo, la figlia Ninuccia, lo zio Pasquale e poi Luca
Cupiello - il pater - sono
protagonisti di situazioni comiche, di motivi farseschi ma anche di un’amara
tragedia. I loro contrasti sono esilaranti e creano irresistibili trovate ma
tutto ciò si mescola a tensioni ben più profonde e i personaggi emergono non
come macchiette ma come volti addolorati e profondamente umani. Lucariello su tutti rimane un personaggio indimenticabile, un uomo che si isola dalla realtà e che a sua
volta ne viene isolato. La comunicazione tra i personaggi risulta impossibile,
Luca Cupiello non riesce a instaurare mai nessuna vera forma di dialogo;
circondato da molte persone sarà sempre più solo, estraneo alla propria
famiglia. Interessantissime le spie linguistiche, individuate da Anna Barsotti,
che testimoniano questo isolamento
Luca (...) Quando viene Natale, Pasqua, queste feste ricordevoli... Capodanno... allora ci rinuriamo...ci uriniriamo (...)ci rinuchiamo...ci riminiamo (Prova ancora un paio di volte, finalmente spazientito, decide di chiarire a modo suo quel concetto formulando una frase più comune) Vengono e mangiamo insieme
Un
significato metaforico evidente e ricchissimo. La famiglia, per il protagonista
non è un nido caloroso, ma vicinanza forzata nella quale ognuno sfoga la
propria aggressività. Il bene tra i vari personaggi non svanisce mai ma
continuano a ferirsi a vicenda, come belve violente in gabbia. I contrasti sono
innumerevoli e continui.
Un
refrain scandisce l’intera vicenda,
una battuta divenuta storica ma soprattutto una fondamentale chiave di lettura:
Luca - Te piace ‘o presebbio?Tommasino (testardo)- A me non mi piace.
La
scrittura di De Filippo ci porta direttamente alla scena, infatti, il nostro
vuole essere anche un invito alla visione di quest’opera che si nutre di una
fisicità potente, di sonorità, di una mimica tutta meridionale e di balbettii e
silenzi eloquenti. È doveroso sconfinare dall’ambito strettamente testuale e
godere della recitazione di un De Filippo straordinario, del suo viso asciutto
solcato da profonde rughe, con gli occhialetti di metallo e il berretto di
lana.
Renzo
Tian nel Messaggero del 7 maggio del ’76 scrive:
(...) Rivedendola oggi si rimane colpiti per almeno un paio di ragioni, la commedia di Eduardo ci tocca in modo quasi magico (...) perché è una non-storia, che esce dai confini del verosimile e della descrizione per arrivare nel territorio della visione e del simbolo (...)
E
noi concordiamo in pieno.
Valeria Inguaggiato
Valeria Inguaggiato
Social Network