L'equazione africana
di Yasmina Khadra
Marsilio, 2012
pp. 313
Yasmina Khadra è lo
pseudonimo di Mohammed Moulessehoul, scrittore algerino francofono, già autore
di romanzi come L'attentatrice (2006)
e Le sirene di Baghdad (2007),
tradotti con grande successo in molti paesi del mondo. Con L'equazione africana trascina il lettore alla scoperta di un'Africa
sconvolta dalle lotte interne, dilaniata da conflitti secolari, intrisa di
violenza. La storia prende forma attraverso il racconto del protagonista, il
dottore tedesco Kurt Krausmann, il quale decide di accompagnare l'amico Hans in
un viaggio in mare, per sfuggire al tremendo dolore di una perdita: la morte
dell'amata moglie Jessica. Diretti alle isole Comore, i due vengono attaccati da
una banda di pirati al largo della Somalia e fatti ostaggio da parte dei rapitori
per alcuni mesi successivi. Kurt perderà ben presto le tracce dell'amico per
affrontare da solo una durissima esperienza di privazione durante la quale si
scontrerà con la parte più brutale dell'Africa. Joma, Moussa, Gerima, Blackmoon
e gli altri uomini che li sequestrano hanno il volto di un continente
arrabbiato, che crede impossibile ogni salvezza, che ha fatto della brutalità
l'unica risposta a una vita che, senza ragione, è stata dura con il loro popolo. Il punto
di vista del protagonista entra sin da subito in dialettica con il loro.
Nonostante la paura paralizzante, Kurt non rinuncia a un confronto - a volte
sommesso, altre gridato con veemenza. Non può accettare la ferocia con cui inesorabilmente lo
allontanano dalla sua vita precedente che, per quanto sconvolta dal dolore di
un suicidio incomprensibile, appare umana. La loro Africa, invece, è disumana e
la prigionia diventa scoperta di forme di aberrazione sconosciute a tutti gli
occidentali abituati a rivolgere occhiate distratte ai servizi che i
telegiornali mandano sui massacri in Darfur.
I miei rapitori hanno smesso di ridere. Mi squadrano in silenzio come se tornassi dall'aldilà. Non sopportando il loro sguardo, mi volto dall'altra parte e osservo ora i due veicoli che ci seguono, ora la polvere che sollevano, lontano, molto lontano, dove la terra e il cielo si confondono e formano una linea sottile e fragile quanto il filo che mi tiene attaccato alla vita... La vita?...Sono ancora vivo?... Faccio parte di questo mondo?... All'improvviso ho la sensazione di essere finito nell'anticamera della morte.
La paura di Kurt
diventa, giorno dopo giorno, rabbia verso un destino assurdo. Ciò lo porta a
rifiutare tutto dell'Africa perché non trova alcuna spiegazione a ciò che sta
vivendo. A fare da contraltare al punto di vista del protagonista ci pensa
Bruno, il francese compagno di disavventura, che ha scelto di vivere in Africa
perché innamorato della vita in quel continente. Per tutto il tempo della prigionia, la visione
di Bruno rappresenterà l’alternativa possibile, l’unica fonte di luce in una
stanza completamente buia.
«Concretamente cosa vi trova di tanto affascinante?»«Proprio quello che l’ha appena colpita: la voglia di vivere. Gli africani sanno che la vita è il loro bene più prezioso. Il dolore, le gioie, le malattie, sono solo insegnamenti. Gli africani prendono le cose come vengono, senza troppe aspettative. E pur credendo fermamente nei miracoli, non ne esigono. Bastano a loro stessi, mi capisce? Con la loro saggezza mitigano le delusioni […] Il loro cuore è il loro regno. Nessuno al mondo sa condividere e perdonare come loro.»[…]«Dove lei vede una fiaba io vedo un disastro.»
Il romanzo percorre il
filo della malinconia, della paura, dello sconvolgimento dei sensi che deriva
da un’esperienza straniante..tutte sensazioni che il lettore prova ad
immaginare attraverso le parole di Kurt. L’autore non risparmia le descrizioni
crude che rendono fede a una situazione così lontana per noi occidentali. E la
lettura stessa diventa esperienza straniante. Il viaggio del dottor Kraussman
rappresenta idealmente il viaggio di tutti coloro che hanno perso se stessi e,
solo vagando nelle tenebre più scure, hanno infine scovato una via di uscita.
Lui troverà nell’Africa disperazione e salvezza, quella consapevolezza
necessaria per capire che non basta tornare a Francoforte per essere nuovamente
libero. Occorrerà affrontare la verità per affrancarsi dal peso della morte di
Jessica, fare i conti con il proprio passato e decidere la nuova direzione da
intraprendere (Giravo a vuoto in un
dedalo di inganni, cercando l’uscita dove non poteva esserci, poiché l’uscita c’è
solo per chi sa dove è diretto).
Un viaggio attraverso due mondi, L’equazione africana, non dipinge l’Africa
attraverso esotiche tonalità, non divide i personaggi in “buoni” e “cattivi”,
non rinuncia a un’ottica plurale. È una lettura che consiglio a tutti coloro
che amano i romanzi forti, che cercano nei libri qualcosa che è impossibile
rinvenire nel quotidiano.
L’alba si leva come una preghiera inutile su un deserto sordo, miserabile, spoglio. Come relitti abbandonati da un mare prosciugatosi da migliaia d’anni, le rocce si sgretolano nella polvere. Qua e là, gracili rami di coloquintidi velenose sottolineano antiche sponde su cui svettano acacie solitarie come in croce, e poi più niente – niente di quello che vorremmo vedere – né carovane mandate dalla provvidenza, né tuguri che potrebbero offrirci salvezza, neanche la traccia di un bivacco. Il deserto è così perverso!... è una trappola, il deserto, un subdolo labirinto che domina su tutto, dove gli atti temerari sono destinati al fallimento. Dove basta una distrazione per perdersi in mezzo ai miraggi con fulminea rapidità. Dove nemmeno un santo risponderebbe alle preghiere di un naufrago per non coprirsi di ridicolo. Qui giace la vanità di tutte le cose di questo mondo, sembra proclamare a gran voce la nudità delle pietre e degli orizzonti.
Sebbene la prigionia non
sia certamente un’esperienza da invidiare, leggendo certe pagine sembrerà di
avvertire quel “mal d’Africa” di cui parla il nobile Bruno. E leggendo,
progressivamente, si “tornerà ad essere uomini” come Kurt.
Claudia Consoli
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