Lectio magistralis
di Vincenzo Cerami
Aula Magna del
rettorato, piazza Università, Sassari
24 gennaio 2013
A.M.Morace e V. Cerami |
La sua carriera brillante l’ha portato più volte a misurarsi con generi di scrittura diversi: dalla letteratura alla sceneggiatura cinematografica, dagli spettacoli teatrali alla radio. E, in tutti i campi, Cerami s’è distinto per il talento creativo e per sapersi ogni volta adattare al diverso linguaggio di scrittura. Non meraviglia, quindi, che non ami essere ricordato solo come lo scrittore di Un borghese piccolo piccolo, che resta comunque un capolavoro, perché, come ricorda Massimo Onofri nell’introduzione alla lectio, è una sorta di «autobiografia della nazione», «segna il passaggio dalla fine del popolo all’idea di gente». «Battendo sui romanzi di Cerami – prosegue Onofri – troviamo il devastante suono del nulla» dell'Italia del dopoguerra. Questo spiega l’estrema attualità delle opere, tra cui La lepre, che per Morace è uno dei migliori romanzi storici e anti-storici di fine Novecento.
V. Cerami e M. Onofri |
«In fondo – commenta Cerami – i personaggi raccontano il mondo entro cui il narratore si muove».
Passando poi alla lectio vera e propria, Cerami spiega di
voler considerare l’appuntamento odierno come una chiacchierata sulla «bottega
della scrittura», facendo riferimento agli strumenti del falegname-scrittore,
sulla scorta di quel Consigli a un
giovane scrittore che presto sarà protagonista di una puntata di
#PilloleDiAutore sul nostro sito.
Innanzitutto, Cerami precisa che ogni
linguaggio, per mantenere un grado di artisticità deve essere evocativo, ma
senza rinunciare alla propria specificità. Scrivere per il cinema, ad esempio,
è molto diverso che scrivere per il teatro: se nel cinema tutto è azione, nel
teatro tutto è parola e gestualità enfatizzata. Cerami non procede solo per
teorie, ma cita esempi calzanti, che da un lato semplificano la
problematica ma, dall’altro, fanno emergere tutta la complessità della
scrittura.
«Anche quando non ne siamo pienamente consapevoli, la scrittura ci mette continuamente davanti a scelte da prendere: fabula o intreccio? Prima o terza persona?».Cerami dimostra che propendere per una o per l’altra possibilità comporta conseguenze: ad esempio, l’intreccio permette flashback di grande efficacia, che invece sgonfierebbero la trama; o ancora, la terza persona cancella la parzialità del narratore e offre al lettore una prospettiva meno parziale (almeno in generale). Uno strumento eccezionale è il discorso indiretto libero: Cerami porta esempi delle sue potenzialità ricorrendo a un classico come La donna che visse due volte.
O ancora, Cerami
mostra come il dialogo vari a seconda del genere e del mezzo: come far
sussurrare attori teatrali e far sentire anche agli spettatori in galleria? Come
realizzare scambi dialogici veramente utili e far parlare i personaggi con la
loro voce (e non con quella dell’autore)? Una condizione necessaria è mettere
sempre in situazione il dialogo: uno scambio di battute meramente informativo o
sovrabbondante, con squilibri e lunghi monologhi mette a repentaglio l’intera
opera:
«La cosa peggiore è far decifrare continue informazioni senza messa in situazione».
La platea, vivace,
non ha perso la possibilità di fare domande a Cerami e la conversazione si è protratta
piacevolmente, tra approfondimenti e consigli a scrittori in erba che,
inizialmente silenziosi, hanno poi svelato i loro dubbi. E Cerami,
brillantemente, ha incoraggiato ma senza illudere. Il grande insegnamento del
suo maestro friulano, si vede, non è passato invano.
#IpseDixit:
Come mai così pochi autori italiani hanno scritto anche per il teatro? Forse la risposta più facile è che non ne erano capaci. Non so, me lo chiedo spesso, perché in fondo il teatro è anche redditizio, ti lascia il 10% a sera, e se lo spettacolo è appena di successo, provate a fare due conti…!
L’amore è sempre tormento, è una conquista continua, non è mai dato. Altrimenti cosa scrivo?
In qualsiasi tipo di opera, la forma parla più dei contenuti.