Foto di Hannah Swithinbank |
Li
chiamano i luoghi del cuore: quelli a cui arrivi e da cui non
riparti. Sono
luoghi che non hanno nessuna via, ma hanno ognuna di quelle che
passano per la tua, di vie. Quasi
sempre hanno il colore dei tuoi occhi, tanto ce li hai lasciati
addosso, e il suono caldo e familiare che ha il passo di chi ami
quando entra nella tua stanza. Da
lì entrano e non escono più, con la decisione di chi sa di essere
aspettato, con la calma di chi è sicuro che tanto ci resterà per
sempre. I
luoghi, non il luogo, che si sa, l'amore non procede per
sottrazioni.
Il
mio ultimo luogo del cuore si trova all'angolo, come quasi tutte le
cose belle: Parigi, V arrondissment, Rue de la Bûcherie. La
Shakespeare & Company è la più celebre libreria inglese di
Parigi, e la più parigina di tutte le librerie di Parigi. Quando
la trovi di fronte ti sembra di essere già davanti ad un libro
aperto, il legno verde e giallo rilega le due ampie vetrate, fedeli
come solo le pagine di un libro possono essere: ti permettono di
guardare su, oltre e dietro ciò che è scritto; affacciandoti sai
già quello che ti può aspettare: centinaia di migliaia di storie,
tutte con lo stesso profumo, quello di un libro nuovo appena
sfogliato, un profumo che è difficile da spiegare, come tutte le
cose semplici, come tutte le cose belle.
Ti
avvicini con lo stesso ossequioso rispetto che si deve ad un posto
che ha fatto la Storia, ma anche con la stessa autentica allegrezza
che viene suggerita dai fili di lucette bianche appesi all'esterno,
quasi stessero a dirti che là dentro la Storia ha la forma di uno
degli strumenti più democratici e familiari, che là dentro c'è un
posto anche per te. “Be
not inhospitable to strangers, lest they be angels in disguise”:
questa è la filosofia della Shakespeare and co., una filosofia che
le ha permesso di elevarsi a luogo simbolo delle ferventi sinergie
culturali che hanno animato la Parigi degli anni '20.
“In
quella strada fredda e spazzata dal vento, era un posto caldo,
allegro”: così la Shakespeare and co. si staglia tra le pagine
della letteratura in Festa mobile di Hemingway, così doveva
essere per Francis Scott Fitzgerald, Gertrude Stein, James Joyce e
per gli altri scrittori della lost generation che si
raccolsero attorno alla
lungimirante figura della proprietaria Sylvia Beach, in quella
“strada fredda e spazzata dal vento“ che era Rue de l'Odéon,
dove nel 1912 la libreria venne
trasferita dall'originaria sede di Rue Dupuytren.
La
libreria fu chiusa durante la seconda guerra mondiale, nel 1941,
quando ad un ufficiale nazista fu proibito acquistare l'ultimo
esemplare di Finnegangs Wake di Joyce. L'ideale
eredità di culla culturale della Rive gauche fu raccolta dalla
libreria di riferimento della beat
generation
a Parigi: Les Mistral, aperta nel 1951 da George Whitman che, alla
morte di Sylvia Beach, le cambiò il nome in quello di Shakespeare
and company. Oggi
la libreria, di proprietà di Sylvia Whitman, figlia di George, si
trova in Rue de la Bûcherie: aperta tutti i giorni dell'anno, essa
offre posti letto ricavati fra le alte pile di libri, agli scrittori
che offrono in cambio qualche ora di servizio all'interno della
bottega.
***
Abbiamo
intervistato Adelaide Cioni, affermata traduttrice di letteratura
americana tra gli altri per Einaudi, Feltrinelli, Minimum Fax.
Adelaide, che ha avuto l'onore di soggiornare per qualche tempo
presso la libreria, con mirabile garbo e disponibilità, ci ha fatto
entrare nel mondo della Shakespeare and co. attraverso gli occhi di
chi, nei libri, ci cammina la propria vita.
Capita,
a volte, che siano i luoghi ad arrivare a noi, non noi ai luoghi.
Adelaide, come è arrivata a lei la Shakespeare and co.?
Nel
marzo del 2007 ero a Parigi e avevo bisogno di un posto dove dormire.
Mi sono ricordata di un paio di articoli che accennavano che la
libreria ospitava scrittori, e ho pensato, magari ospitano anche
traduttori, ed esattamente questo ho detto a Sylvia, la figlia di
George Whitman, oggi proprietaria del negozio. È sempre strano
chiedere ospitalità a chi nemmeno ti conosce, ma lei fu
gentilissima, mi disse, Sì, la stanza è libera, puoi venire
anche subito. E che stanza! Un lettino singolo e un tavolino sotto
una finestra che guarda Notre Dame, enormi specchi antichi e le
pareti coperte di una stoffa a strisce. Dormivo sotto file di volumi
di prime edizioni di Hemingway e Joyce e Whitman. Un sogno. Sono
rimasta lì due settimane.”
Ci può
raccontare le suggestioni di quei giorni passati tra un Whitman e un
Fitzgerald?
E' stata
un’esperienza straordinaria soprattutto per la possibilità che mi
ha dato di conoscere George Whitman, che la fondò nei primi anni
cinquanta, che si accorciava i ca pelli con la fiamma di un accendino
e la domenica mattina preparava pancake per gli ospiti dell’Hotel
Tumbleweed, come lo chiamava lui. George era un utopista vero. Uno
che diceva io non credo in Dio, credo negli uomini, e viveva di
conseguenza. Che seguiva davvero il motto che aveva scritto sulla
parete al piano di sopra: Be not inhospitable to strangers lest
they be angels in disguise. Un uomo che è stato capace di creare
una specie di isola che non c’è. E che dal primo giorno di
apertura ha ospitato gente di tutti i tipi. Unica regola: dentro la
libreria non si fuma e non ci si droga. E in cambio dell’ospitalità
devi prestare due ore di lavoro nella libreria al giorno.”
Sappiamo che
lei, oltre ad essere una magistrale traduttrice è una disegnatrice;
un elemento costitutivo della sua arte è l'oggetto sedia. Penso
che il suo rapporto più intimo con la Shakespeare and co. possa
essere capito passando proprio attraverso quest'oggetto, che lei sa
guardare, studiare, col quale sa lavorare in un modo profondo. Come erano le sedie della Shakespeare and co., se avevano qualcosa di
diverso dalle altre, di cosa si trattava?.
Io
disegno molte sedie, sì, ma non ricordo come fossero in particolare
le sedie della Shakespeare & co., ricordo meglio le brandine, e
la stoffa a strisce che rivestiva le pareti, e quell'atmosfera magica
che si viene a creare quando libri e persone convivono davvero, anche
condividendo spazi ibridi: di giorno le brandine facevano da ripiani
per i libri e di notte servivano per dormirci. Quelle situazioni in
cui ti rendi conto che il padrone di casa ha con i libri un rapporto
di intimità che ha travalicato il piano intellettuale ed è
diventato prima di tutto fisico (altro caso simile che mi ha sempre
colpito un sacco era la Pivano che raccontava che a un certo punto
non sapendo più dove mettere i libri ne dovette mettere in
frigorifero). E forse è proprio questa una delle cose che mi sono
rimaste della Shakespeare & co.
Ernest
Hemingway scriveva che "Se hai avuto la fortuna di vivere a
Parigi da giovane, dopo, ovunque tu passi il resto della tua vita,
essa ti accompagna perché Parigi è una festa mobile”, lei cosa ha
preso dalla libreria, cosa ha portato e continua a portare di questa
festa mobile per le strade del mondo?
Prima
di tutto George, la sua libertà e accoglienza che erano unite a un
grande rigore e ordine e senso di responsabilità verso una libreria
che era la sua opera d'arte.
***
Un'opera d'arte che arricchisce la galleria culturale di cui può
vantarsi il quartiere latino di Parigi; il fervore intellettuale che
lo contraddistingue continua a godere ancora oggi dei contributi, in termini di
festival, premi ed eventi letterari, che nascono tra le pareti della
Shakespeare and co. Ricchissimo
il calendario degli appuntamenti nel mese di febbraio: a partire
dall' incontro che si è tenuto venerdì 1 con la giornalista Stephanie LaCava al
suo debutto letterario con An
Extraordinary Theory of Objects;
il 4 febbraio è stato un pomeriggio di musica e parole con il concerto
di Yo Zushi,
giovedì 14 è stata poi la volta di Paul Murray che presenterà il suo
Skippy
dies; il
20 febbraio ha ospitato un pomeriggio all'infanzia con Kate Stables
che animerà un'ora di letture e musica per i più piccini; il
21 la libreria ospiterà la romanziera Louise Doughty, che
parlerà di cosa significhi oggi diventare ed essere uno scrittore.
Per “Filosofi in libreria” ieri si è tenuto un dibattito su Hegel
ed infine, lunedì 2, tre scrittrici inglesi, Nancy Huston, Ellen
Hinsey and Denis Hirson leggerano passi dalle loro opere.
La
Shakespeare and company è una tappa irrinunciabile per parigini e
non: su i suoi due piani di poesia si respira
la
sua storia, che mai è passato.
Tutti i volti, le mani che l'hanno incrociata sono lì e lei è in
tutti quei volti e in tutte quelle mani, è il loro luogo del cuore.
In Rue de la Bûcherie o per le strade del mondo: adesso è lì che la
puoi trovare.
a cura di Alice Mora
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