Loretta Napoleoni è nata a Roma e vive a Londra da molti anni. È tra i massimi esperti di terrorismo ed economia internazionale. Collabora con la CNN, la BBC e scrive per Le Monde, El País, The Guardia, Internazionale e l’Unità. Tra i suoi libri: Terrorismo SpA (Tropea), Al Zarqawi (Tropea), Economia canaglia (Il Saggiatore), I numeri del terrore (con Ronald J.Bee, Il Saggiatore).
Il suo ultimo libro, scritto in collaborazione con Pierluigi Paoletti, Francesca Fogli, Paolo Musumeci e Chiara Ricci, si intitola Democrazia Vendesi. Dalla crisi economica alla politica delle schede bianche. Critica Letteraria l'ha incontrata per voi.
Iniziamo dal titolo del suo ultimo libro Democrazia vendesi. La nostra democrazia è veramente a rischio? E ritiene anche lei che la nomina di Mario Monti a Presidente del Consiglio sia stato, come definito da molti, un "golpe bianco"?
Un "golpe bianco" mi sembra un po' eccessivo, anche perché la decisione è stata presa non soltanto dall'Italia, ma anche dall'Europa unita. Non è stato ritenuto giusto andare alle elezioni in un momento di grande incertezza e instabilità del Paese. Certo, per quanto riguarda il cittadino, questa posizione è venuta da Bruxelles. Ne parlo nel libro e parlo anche di come alcuni parlamentari europei abbiano denunciato una situazione di questo tipo. La riduzione della democrazia non è, però, necessariamente legata a questo tipo di comportamento, anche se questo tipo di comportamento ha certamente contribuito a questa erosione della democrazia, ma è piuttosto relazionata al carattere 'eccezionale' delle politiche che si sono perseguite negli ultimi tre anni. Politiche che hanno portato a decisioni, come per esempio il Fiscal Compact, che hanno cambiato la Costituzione senza che questo avvenisse con un dibattito pubblico e attraverso una consultazione con la popolazione.
L'economista Alberto Bagnai ha definito l'Euro "non una moneta, ma un metodo di governo". Lei è d'accordo con questa affermazione? E ritiene che la svendita della nostra democrazia rientri in questa prospettiva?
L'Euro è una costruzione monetaria che non funziona. Non è vero che è stato creato per assoggettare una parte dell'Europa e per avvantaggiarne un'altra. Qui c'è un difetto di forma, che è un difetto economico e monetario, che ha portato a delle distorsioni. Situazioni del genere, del resto, si sono presentate anche in passato. Non penso, dunque, che l'Euro sia una forma di governo, assolutamente no. L'Euro è un sistema monetario che non funziona perché è stato creato senza tener conto dei principi della teoria economica e della teoria monetaria. Gli inglesi lo avevano predetto e, per questo motivo, non sono entrati nell'Euro.
All'estero, rispetto all'Italia, sono più di dieci anni,che si dibatte su questi temi, con volumi su volumi sull'argomento. Improvvisamente, in Italia, alcuni economisti se ne sono accorti.
Dal suo ultimo libro lei afferma che la crisi economica, di cui soffrono gli Stati periferici del Sud, derivi dal debito estero causato dall'Euro. Tutte le fonti di informazione, e gli stessi esponenti politici, parlano, però, di debito pubblico. Quale rapporto esiste tra debito estero e debito pubblico?
Il debito estero è il debito pubblico che viene finanziato emettendo buoni del Tesoro che sono stati comprati all'estero. La teoria economica Optimum Currency Area dice questo: se due economie diverse si uniscono, cioè che una è più forte e l'altra è più debole, quella più forte diventa automaticamente creditore netto di quella più debole. Che cosa significa? Significa che noi ci siamo indebitati con le banche estere che, avendo la stessa moneta, hanno avuto un incentivo a "colonizzare" questi mercati della periferia. Mercati in cui, prima dell'adozione dell'Euro, non erano molto presenti perché c'era il pericolo della svalutazione. Il debito pubblico, quindi, è stato finanziato indebitandosi all'estero. Questa situazione è cambiata con la crisi perché si è cercato di far ricomprare il debito pubblico alle banche della periferia. Si sono, perciò, riallineati i flussi finanziari. Oggi, la maggior parte del debito pubblico italiano (più del 60%) è nelle mani delle banche italiane che lo hanno finanziato da quando le banche straniere hanno deciso di non partecipare più alle aste. Perché? Perché avevano paura dell'implosione dell'Euro. Il debito estero e il debito pubblico, quindi, coincidono.
Nel suo ultimo libro spiega come, in base ai fondamentali dell'economia, la crisi dell'Euro fosse ampiamente prevedibile. Come è possibile, secondo Lei, fare un errore di questo tipo, se di errore si tratta? E ritiene che senza la crisi americana, la crisi dell'Eurozona si sarebbe comunque verificata?
La crisi dell'Euro si è verificata perché nessuno ha guardato i fondamentali dell'economia. Qui c'è stata una propaganda incredibile. Lo scrivo specificatamente nel libro nella sezione sulla "Caporetto finanziaria": su ciò che è successo in Italia dopo la svalutazione della Lira nel 1992. Mentre gli inglesi hanno detto: "No, noi non ci entriamo, perché i fondamentali dell'economia ci dicono che questa sarebbe una pazzia", noi abbiamo, invece, svalutato il patrimonio nazionale per entrare nell'Euro. Ci siamo mossi nel modo completamente opposto perché c'era una volontà politica. L'Euro è stato usato per motivi politici e questi motivi politici sono stati la transizione tra la I e la II Repubblica. Cosa di cui gli inglesi non ne avevano, invece, bisogno. Anche perché ciò che sapevano gli inglesi era ovvio che fosse conosciuto dai nostri "grandi professori".
Per quanto riguarda la crisi americana non c'entra nulla. La crisi dell'Eurozona si sarebbe verificata con o senza la Lehman Brothers. Questa è una crisi di fiducia nei confronti dell'Eurozona e, quindi, è indipendente dalla crisi americana.
Più Europa non è possibile, lo spiego nell'ultimo capitolo. Per avere più Europa bisognerebbe avere un'armonizzazione fiscale. Dovremmo muoverci, cioè, verso un modello statunitense, ma questo vorrebbe dire che dovremmo rinunciare alla nostra sovranità fiscale. Non mi sembra che nessuno voglia questo. Siamo, di nuovo, in una situazione di grandissima propaganda dove vengono dette cose non vere. L'Eurobond non è possibile. L'ho spiegato nell'ultimo capitolo e, del resto, la Merkel lo ha ribadito svariate volte. Che cosa significa Più Europa? La verità è un'altra. I mercati finanziari hanno ricominciato a comprare il debito pubblico dei Paesi della periferia, che ha un tasso d'interesse molto elevato e questo sta spingendo gli spread verso il basso. Questa politica di Austerità, quindi, ha funzionato per ridare fiducia al mercato finanziario e noi ci indebiteremo ancora di più. Invece di risolvere il problema del debito, abbiamo creato le condizioni per allungare questo ciclo debitorio. Lo spread è ai minimi storici degli ultimi dieci anni. Perché? Perché noi paghiamo un tasso d'interesse molto più elevato di quello che il mercato finanziario può raccogliere in qualsiasi altra parte. Abbiamo ricominciato a gonfiare la stessa bolla che gonfiavamo agli inizi degli anni 2000. L'economia reale, invece, è in ginocchio. Questa è una situazione, da un punto di vista economico, completamente assurda: abbiamo una contrazione di tutti gli indicatori economici, ma i mercati finanziari sono ben disposti a prestarci i soldi per il semplice fatto che sono sicuri che si farà di tutto per evitare il default. Per questo, più Europa è una formula che non ha significato. Un altro discorso è quello di ipotizzare una vera armonizzazione economica. Oggi, invece, abbiamo una contrazione della periferia europea che è il prezzo che si è pagato per tranquillizzare i mercati.
Per quanto riguarda le battaglie che la sinistra dovrebbe intraprendere e che, invece, non fa il discorso è molto semplice: la sinistra e la destra non ci sono più. C'è, invece, una corsa verso il centro e un atteggiamento di deferenza nei confronti dei colonizzatori da parte di tutte le forze politiche attualmente esistenti. Non c'è un dibattito in questo Paese: sul tema dell'Europa e dell'Euro nessuno dice qualcosa di diverso. Sono tutti schierati dalla stessa parte e la sinistra non ha una visione economica alternativa perché tutte le nazioni della periferia sono dipendenti da quelle del Nord (il Nord ci manda gli aiuti, i crediti). Senza questa dipendenza dovremmo fare una politica vera, una politica alternativa e nessuno lo sa e lo vuole fare. Questo discorso vale per tutta quanta la periferia perché questo è ciò che succede quando i popoli vengono colonizzati.
Siamo arrivati all'ultima domanda. La sua proposta è quella di uscire dall'Euro? E cosa risponde a chi ribatte a questa tesi con l'affermazione che un'uscita dall'Euro porterebbe una forte inflazione e l'isolamento internazionale del nostro Paese?
Per quanto riguarda l'inflazione è un'obiezione senza senso, ma magari avessimo un po' di inflazione, siamo in deflazione totale. Chi lo dice non conosce la teoria economica, ma questo non mi sorprende. Tutti i maggiori economisti internazionali parlano di uscita dall'Euro, di un Euro a due velocità e nessuno parla di inflazione. In ogni caso, la paura dell'inflazione è in relazione solo al fatto di tornare a gestire la propria moneta e quindi la potrebbe stampare indipendentemente dalle decisioni di Bruxelles. Chi dice che la benzina andrà a 7 euro fa, invece, terrorismo economico, non è assolutamente vero: il 75% del costo della benzina deriva dalle accise che noi dobbiamo pagare per poter pagare il debito.
Io propongo un Euro a due velocità, rinegoziare il debito, bloccare il meccanismo di indebitamento perpetuo e, a quel punto, abbattere le accise perché questi soldi non servirebbero più.
Sul presunto isolamento internazionale risponderei che la Svezia, la Danimarca, l'Inghilterra non sono nell'Euro, la Norvegia neanche nell'Unione Europea. Che problema ci sarebbe, quindi?
Uscire dall'Euro non vorrebbe dire diventare i paria internazionali
Non c'è dibattito, non c'è dibattito ad alto livello e, quindi, continuiamo con questa propaganda e in questo terrorismo economico. C'è un'ignoranza abissale, la gente non sa nulla perché chi dovrebbe fare informazione, in realtà fa disinformazione in questo Paese.
L'intervista è terminata. La ringrazio molto per il tempo concessoci e le auguriamo buon lavoro.
Grazie a voi.
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Intervista a cura di Rodolfo Monacelli
Intervista a cura di Rodolfo Monacelli