Chocolat (Chocolat)
Le scarpe rosse (The lollypop shoes)
Il giardino delle pesche e delle rose (Peaches for Father Francis)
Il giardino delle pesche e delle rose (Peaches for Father Francis)
di Joanne Harris
Garzanti
Sto per raccontarvi una storia
lunga tre atti. Una storia che inizia molto bene, che è un piacere leggere e
che poi, mano a mano, ingrigisce e sbiadisce. Una storia che profuma di
tartufi, cioccolata calda e pain au
chocolat e che termina in modo molto amaro.
1999:
1999:
Siamo arrivate con il vento del Carnevale. Un vento tiepido per febbraio, carico degli odori caldi delle frittelle sfrigolanti, delle salsicce e delle cialde friabili e dolci cotte alla piastra proprio sul bordo della strada, con i coriandoli che scivolano simili a nevischio da colletti e polsini e finiscono sui marciapiedi come inutile antidoto contro l’inverno.
Molte storie iniziano con un
arrivo: Vianne Rocher e la figlia Anouk, su queste parole, fanno il loro
ingresso nel pittoresco paesino francese di Lasquennet-sous-Tannes.
E’ l’incipit del romanzo Chocolat, forse più largamente
conosciuto per la trasposizione cinematografica con Jonny Depp e Juliette
Binoche nel ruolo di protagonisti. Narra, per chi ancora non lo sapesse, della
vivace e misteriosa Vianne che, dopo aver viaggiato per diversi angoli del
pianeta, giunge in questo agglomerato di case fermo, come mentalità e urbanistica, agli anni Sessanta del secolo scorso e apre una cioccolateria
proprio all’inizio del periodo di Quaresima. I suoi modi eccentrici e le
sottili magie (legate alla cioccolata) che la donna esercita suscitano le
reazioni scandalizzate e perbeniste delle comari del paese che fanno
riferimento alla tormentata figura del curè
Raynauld. Nel film, il ruolo di antagonista è stato assegnato al sindaco.
Tutta la narrazione si svolge sul filo dello scontro tra le due mentalità: da una parte, la Chiesa Cattolica e i suoi dogmi un po’ troppo ante-riforma, dall’altra il cioccolato, visto come discendente di tutti i culti pagani e afferenti alla venerazione della madre terra che tanto andavano di moda negli anni in cui il libro è stato pubblicato. Il paese, ovviamente, si spacca in due: c’è la Armande, vecchia strega che vive lungo il fiume e prende immediatamente le parti di Vianne. Josephine, vittima delle violenze del marito, che ne diventa amica. Caroline Clairmont, figlia di Armande, ma sfegatata “fan della Bibbia” e pronta a tutto per scacciare la nefasta influenza dei tartufi e della cioccolata calda dal quieto villaggio. La tensione raggiunge l’apice con l’arrivo dei vagabondi del fiume, capitanati dall’ombroso Roux (Jonny Depp nella versione cinematografica) verso il quale Vianne prova una grande attrazione. (Pensando all’attore, come darle torto...)
Tutta la narrazione si svolge sul filo dello scontro tra le due mentalità: da una parte, la Chiesa Cattolica e i suoi dogmi un po’ troppo ante-riforma, dall’altra il cioccolato, visto come discendente di tutti i culti pagani e afferenti alla venerazione della madre terra che tanto andavano di moda negli anni in cui il libro è stato pubblicato. Il paese, ovviamente, si spacca in due: c’è la Armande, vecchia strega che vive lungo il fiume e prende immediatamente le parti di Vianne. Josephine, vittima delle violenze del marito, che ne diventa amica. Caroline Clairmont, figlia di Armande, ma sfegatata “fan della Bibbia” e pronta a tutto per scacciare la nefasta influenza dei tartufi e della cioccolata calda dal quieto villaggio. La tensione raggiunge l’apice con l’arrivo dei vagabondi del fiume, capitanati dall’ombroso Roux (Jonny Depp nella versione cinematografica) verso il quale Vianne prova una grande attrazione. (Pensando all’attore, come darle torto...)
Torniamo alla storia. Lo scontro
giunge al culmine con il tentativo di rogo delle barche dei vagabondi del fiume
e la morte della vecchia Armande. Entrambi gli eventi scuotono molto Vianne. E’
nato qualcosa tra lei e Roux, ma il vento, che ha sempre dominato la vita della
giovane donna, torna a farsi sentire, anche se lei inizia ad essere stanca di
questo continuo spostarsi:
Che questa volta il vento non senta. Che questa volta… per piacere, solo questa… se ne vada senza di noi.
Il finale è tutt’altro che
rassicurante e colorato come la versione hollywoodiana e lascia aperte
molteplici possibilità. Vianne e sua figlia rimarranno? Oppure il vento le
soffierà via di nuovo? E di Roux si saprà ancora qualcosa? La fantasia del
lettore rimaneva stimolata. Nonostante un breve accenno nel romanzo Vino, patate e mele rosse in cui viene
rivelato che Vianne ha lasciato Lasquennet, delle due protagoniste non abbiamo
più notizie.
Qui termina il nostro primo atto.
Mentre cala il sipario e vi faccio prendere una pausa, scrosciano gli applausi.
Per quel che mi riguarda, non esito a definire questo romanzo eccezionale. La
caratteristica che senza dubbio ha fatto scuola è la scrittura sinestetica della
quale si serve l’autrice. La sinestesia è un fenomeno per il quale una
stimolazione uditiva, tattile, visiva e olfattiva viene percepita come due
eventi sensoriali distinti ma conviventi: è, sostanzialmente, una percezione
multipla. Per fare qualche esempio “i colori del vento” oppure “un sapore
appuntito”. È tipica della sfera poetica, ma la Harris, che soffre appunto di
un disturbo sin estetico, è riuscita a trasporla meravigliosamente anche nelle
righe di prosa.
Pronti al secondo atto?
Si credeva che la storia di
Vianne e Anouk terminasse così. Invece, nel 2007 sugli scaffali
iniziò ad occhieggiare un titolo Le
scarpe rosse, l’atteso seguito di Chocolat.
Joanne Harris nel frattempo aveva pubblicato altro, storie che non centravano
più con Lasquennet e che erano, tutto sommato, piacevolissime letture. Non ai
livelli di Chocolat, ma davvero molto belli.
I sequel non previsti mi lasciano
sempre molto perplessa. Si vuole fidelizzare il lettore ripescando personaggi
che, in genere, non hanno più molto da dire. Però, se un autore ti piace e ami
il personaggio, non fosse altro che per curiosità, leggi il seguito.
Ne Le scarpe rosse sono trascorsi quattro anni. Vianne vive a Parigi
e ha aperto una piccola cioccolateria a Montmartre. Non fa più magie però, non
produce più nemmeno lei il cioccolato e si fa passare per la rispettabile
vedova Yanne Charbonneau con due figlie a carico: Annie-Anouk che ha ormai 11
anni, e la piccola Rosette così simile a una scimmietta e così carica di magia
da far capitare strani Incidenti. Nella loro vita arriva questa donna dalle
appariscenti scarpe rosse e dall’esotico nome di Zozie de l’Alba. La donna,
discendente dai Maya, è quella che potremmo veramente definire una strega, una
persona subdola che ruba l’identità delle persone e che cerca di portare la
piccola Anouk dalla propria parte.
Il risvolto interessante del
romanzo è che Anouk diventa voce narrante: a 11 anni, frequenta un lycèe a Parigi ed è vittima costante
degli attacchi degli altri ragazzini che la percepiscono come diversa. Anche
lei è carica di magia e vorrebbe tanto che maman
tornasse ad essere quella di una volta. Invece e Zozie a comprenderla, ad
incoraggiarla ed a insegnarle un sacco di trucchi che derivano dall’antica
saggezza Maya. Tra Vianne e Zozie si giunge allo scontro per “l’anima” di
Anouk, mentre vecchi personaggi riemergono dalle nebbie del fiume.
Si chiude il secondo atto. Gli
applausi sono un po’ inframmezzati dai commenti perplessi. Si indebolisce lo stile: interi
paragrafi ricorrono da precedenti romanzi. Non fosse per la voce narrante di
Anouk non prenderebbe la sufficienza.
Si alza il sipario sull’ultimo e
(speriamo) terzo atto. Inutile negare che la mania della
trilogia ha preso il sopravvento. Anche bravi autori cedono a questo insano
impulso che ormai sconvolge la narrativa contemporanea. Non stiamo parlando di
Tolkien che ha scritto una trilogia eccelsa sotto ogni punto di vista: parliamo
di autori che spremono filoni avvizziti, si ripetono solo allo scopo di creare
un brand. Soldi letterari facili.
Siamo nel 2012: di nuovo, sugli
scaffali compare un altro titolo Il
giardino delle pesche e delle rose. Vianne riceve una lettera “post-
mortem” dalla vecchia Armande e deve far ritorno a Lasquennet. Il villaggio
adesso è preda della globalizzazione e, sulla riva del fiume, è sorta una
compatta comunità musulmana. Il curè
Raynauld ha bisogno della sua vecchia rivale. Non si tratta tanto di scontro
tra chiesa-moschea quanto di segreti e rivalità nella stessa comunità islamica
mentre osserva il sacro digiuno del Ramadan.
Il terzo atto è breve, ma forse
vi siete distratti o avete pensato ad altro per una cinquantina di pagine. La
delusione è bruciante. Vecchi personaggi ripescati, ma ormai senza più
spessore; una trama che, francamente, è inconsistente; la splendida scrittura
sinestetica che aveva fatto la forza del primo romanzo è stanca, sbiadita,
usurata; scompare la voce di Anouk che tanto aveva fatto ne Le scarpe rosse. Nemmeno le ricette, la
cioccolata o i dolci fanno venire l’acquolina in bocca.
Ecco a voi la storia di come, cercando di creare una trilogia, si è perso in qualità. Di come si è preferito riempire gli scaffali piuttosto di avere il coraggio di fermarsi al primo capitolo. Perché, per quanto ci provi, Joanne Harris continuerà sempre e solo ad essere l’autrice di Chocolat.
Ecco a voi la storia di come, cercando di creare una trilogia, si è perso in qualità. Di come si è preferito riempire gli scaffali piuttosto di avere il coraggio di fermarsi al primo capitolo. Perché, per quanto ci provi, Joanne Harris continuerà sempre e solo ad essere l’autrice di Chocolat.
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