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Il Salotto: "Senza smettere di essere un teatro", intervista al Teatro Coppola di Catania

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Nel cuore di Catania, nel quartiere della Civita, esiste un posto magico con ombrelli rossi che pendono capovolti dal soffitto, poltrone multicolori e scaffali pieni di libri. È il Teatro Coppola, primo teatro comunale della città di Catania, nato per esplicita richiesta dei cittadini nel 1821. Già trasformato in magazzino e poi riaperto al pubblico, il teatro non regge la devastazione delle due guerre mondiali e dei bombardamenti americani,  che fanno cessare per due volte le attività teatrali. Dopo le bombe è l’incuria dell’amministrazione comunale che trasforma, storpiandolo, questo luogo di cultura. Sarà laboratorio scenografico del Teatro Massimo Bellini e avrebbe dovuto essere anche la sua sala prove, secondo un progetto del 2005 approvato ma mai realizzato.

È solo nel 2011 che il teatro riesce a vivere ancora quel guizzo di vera operosità e civico impegno. Il 16 dicembre un gruppo di cittadini occupa il teatro, e da allora fino a oggi il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini è in stato di occupazione, cioè senza un’ autorizzazione legale che permetta lo svolgimento delle attività teatrali al suo interno. Scopo del Teatro Coppola, come si legge nel manifesto, è rivendicare “il diritto di ognuno a organizzarsi per liberare i beni pubblici dall’abbandono delle Amministrazioni, per sottrarli alle speculazioni private e restituirli alla comunità come luoghi di spontaneità sociale e lavorativa”. Un anno dopo l’occupazione, il 16 dicembre 2012, esce un libriccino autoprodotto, dove molti tra i protagonisti dell’occupazione raccontano la loro esperienza di cittadini e di operatori di teatro al Coppola. Noi di CriticaLetteraria, incuriositi dopo aver letto il loro Senza smettere di essere un teatro, abbiamo deciso di andare a fare due chiacchiere con chi vive il Teatro Coppola quotidianamente.



Non appena si varca la soglia del teatro, si capisce subito di essere in un posto che regala gratuitamente una bellissima quanto rara sensazione: il senso di appartenenza. Quelle pareti piene di foto, quelle poltrone, quel palco accolgono il cittadino senza farlo mai sentire fuori luogo. È un posto che fa venir voglia di parlare, di chiedere, di dare sfogo a “quella voglia istantanea di rimboccarsi le maniche”, come scrive Anna. Dai bravi cittadini ha subito “fin troppe cose legali ma illegittime” aggiunge Monica, quindi “non chiamatemi brava cittadina”. Ora si tratta di fare una cosa illegale, ma legittima: perché il bisogno di confronto, di cultura, di bellezza è sentito come estremamente necessario da tutti gli occupanti del Teatro Coppola e – ne siamo sicuri – da molti più catanesi. E infatti i catanesi sono invitati a partecipare attivamente all'organizzazione del Teatro Coppola, che è teatro di tutti i cittadini, dove tutti possono partecipare alle assemblee, proporre uno spettacolo, un film, un laboratorio.
Abbiamo così conosciuto alcuni tra gli occupanti del teatro, e la nostra intervista si è presto tramutata in una piacevole chiacchierata.

Parliamo un po’ dell’occupazione, che poi è una “riappropriazione” perché , come scrive Cristiano ,“ci stiamo riprendendo uno spazio che è nostro , non lo stiamo occupando: lo stiamo riaprendo”.
È vero, in realtà non c’è niente di occupato, quello che abbiamo fatto noi non è paragonabile all'occupazione di un centro sociale. Siamo entrati e abbiamo ricostruito questo posto con l’aiuto dei cittadini. La cittadinanza ha reagito bene: ha fornito materiali e manodopera. Ci hanno aiutato i lavoratori del quartiere, i muratori, gli elettricisti della Civita di Catania, realizzando così quello che era ed è tuttora il  nostro scopo: la condivisione delle maestranze.
L’occupazione non si può difendere da un punto di vista legale, ma sicuramente lo si può fare da un punto i vista etico e poetico. Recentemente è arrivata una raccomandata da parte del Comune in cui si chiedevano accertamenti sulle norme di agibilità del posto. Ma queste sono cose per  “mangiatori di carta bollata”, come abbiamo scritto nel nostro comunicato. Il teatro è formalmente di proprietà del Comune di Catania, ed il Comune dovrebbe spiegare ai cittadini dove sono finiti i fondi stanziati nel 2005 per la sua restaurazione.
È straordinario che gli spettatori si rendano di fatto complici di un atto illegale. Ma molti di loro, molti cittadini, sono più infervorati di chi magari questa occupazione l’ha fatta fin dall'inizio. Ci sono ad esempio delle signore affezionatissime, sempre presenti e attive quando si tratta di sostenere la causa del Teatro Coppola.
Inoltre, questo è l’unico teatro occupato a non avere una sottoscrizione minima. Perché non è nostra intenzione vendere qualcosa. È un posto dove si può sbagliare, non c’è un indirizzo politico. Nelle nostre assemblee, ad esempio, cerchiamo di decidere senza maggioranza o minoranza, ma cercando di ascoltare l’unicità di ogni voce.

Come scegliete gli artisti che entrano a far parte della programmazione del teatro?
Questo  è un luogo che si preoccupa di dare voce a chi questa voce non ce l’ha. Non è un locale, qui non si viene a chiedere la sala, ma a partecipare a un progetto che cerchi di creare un network di band, di compagnie teatrali,… Cerchiamo di favorire gli artisti locali ed emergenti. Molto spesso le produzioni migliori non si vedono nei circuiti ufficiali, che sono soliti proporre e pubblicizzare solo realtà culturali già famose. Purtroppo spesso si è di fronte a un percorso al contrario: soprattutto i giornali parlano di chi è già conosciuto, mentre si dovrebbe scrivere, parlare e portare in scena la novità culturale –  spesso legata a un contesto territoriale locale – l’emergente che si discosta dalla parola ufficiale.
Inoltre noi paghiamo gli artisti, perché crediamo che sia giusto e doveroso ricompensare il lavoro di chi sale sul palco del Coppola. Poi spesso, autonomamente, sono gli artisti stessi a decidere di devolvere il loro compenso al teatro.

Perché il libro?
L’idea era di fare un racconto che fosse uno sfogo emotivo, in occasione del primo anniversario dell’occupazione. Ed è stato recepito positivamente. Il libro è una cronaca delle nostre emozioni, non un diario di bordo. Non ci sono tutti i nomi di chi ha collaborato, e non ci sono i cognomi di nessuno. I capitoli sono stati scritti da chi in questo teatro c’è passato o l’ha vissuto. Brani tratti dal nostro libro sono stati anche selezionati per un reading fatto in occasione dello spettacolo per l’anniversario dell’occupazione.

Quali sono stati i momenti più intensi della programmazione passata?
Tanti! Lo spettacolo dei Fratelli Napoli, marionettisti, i concerti di Father Murphy e di Cesare Basile, le rassegne di film. A proposito, anche nell'organizzazione e nella scelta dei film seguiamo un principio in cui tutti possono scegliere. Ogni cittadino può essere spettatore e magari la settimana dopo organizzatore.
Poi attualmente è in allestimento e in fase di catalogazione la “Biblioteca delle polveri”, che nasce dalla polvere che regnava negli scaffali e dalle donazioni dei cittadini che ci hanno fatto omaggio di libri. E questa esperienza assume ancor più valore in un momento in cui Catania vive un periodo estremamente buio per quanto riguarda la circolazione della cultura. Nella biblioteca del Dipartimento di Scienze Umanistiche, purtroppo, hanno stabilito che solo gli iscritti ai corsi di laurea possono consultare libri, prenderli in prestito o studiare nella bellissima emeroteca dell’ex monastero dei Benedettini, escludendo così di fatto studenti di altri atenei, dottorandi, studiosi e, soprattutto, cittadini. Sono noti poi a tutti i catanesi i problemi della Biblioteca Ursino-Recupero, a rischio chiusura per mancanza di fondi. Ecco, in un momento in cui l’università e il comune “chiudono” le biblioteche, noi cerchiamo di aprirle.

Quali sono i progetti per la programmazione futura?
Abbiamo già dato il via a una programmazione tematica, dei “racconti di combinazione” come li abbiamo chiamati. Attualmente va in scena “Andare, Camminare, Lavorare” un ciclo di incontri, spettacoli e proiezioni dedicato al tema del lavoro declinato in tutte le sue forme. In seguito ci occuperemo della rassegna “Una legittima illegalità”. Il 10 marzo abbiamo appuntamento con gli Instabili Vaganti, compagnia di teatro sperimentale di Bologna, che porteranno sul palco lo spettacolo “Made in ILVA” e successivamente  proporranno due giorni di  workshop.

Quanti e chi sono gli operatori del Teatro Coppola?
Non c’è un numero fisso, proprio perché è un teatro di tutti i cittadini, quindi chiunque può venire qua e dare una mano. Diciamo che gli operatori che più stabilmente stanno in teatro saranno una trentina. Sono quasi tutti operatori dello spettacolo: attori, scenografi, musicisti; ma ci sono anche studenti, professionisti... Molti di noi si conoscevano già da prima, c'è chi aveva già lavorato insieme.

Ci sono tanti teatri occupati in Italia: il Garibaldi a Palermo, il Teatro Valle a Roma: ci sono stati dei momenti di collaborazione con queste altre esperienze territoriali?
Certo, dato che sono realtà gemellate: soprattutto con i teatri di Palermo e Messina. Ad esempio col Teatro Garibaldi abbiamo collaborato “prestandoci” gli spettacoli: noi abbiamo rappresentato lì il nostro spettacolo “Furore” in occasione di una serata contro il Muos, mentre da Palermo porteranno qui il loro “Barbablù non muore mai”.
Ciò che più colpisce e rallegra del Teatro Coppola è l’estrema umiltà con cui si dispongono le decisioni e si organizzano le attività teatrali: sono scelte sempre aperte, proposte che si mettono continuamente in discussione,  risoluzioni mai autolegittimanti ma legittimate dalla pluralità cittadina. Una vera rarità quella di sapersi porre delle domande senza cadere nella tentazione dell’autodefinizione, soprattutto in ambito teatrale (per non parlare di quello accademico).

“La cosa più interessante”, ci dicono a conclusione della nostra intervista ,“è la sfida che il teatro si è posta: creare un’economia sostenibile dello spettacolo. Non si tratta di rivendicare un’ideologia, ma di avere un’altra visione dell’economia che valorizzi esperienze come questa.  La strada la stiamo cercando, e non è una ricerca integrata in un metodo”.
Per noi di CriticaLetteraria, che abbiamo sempre guardato con lucido interesse agli scrittori emergenti e alle case editrici indipendenti, l’economia sostenibile dello spettacolo è uno scopo da promuovere e valorizzare ovunque si parli di circolazione della cultura. Per questo diamo appuntamento ai nostri lettori siciliani e non a Catania, in via del Vecchio Bastione 9, per vivere questo luminoso esempio di ricostruzione cittadina e partecipare al lavoro culturale del Teatro Coppola Teatro dei Cittadini. Per informazioni sulla programmazione e per sostenere il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini, visitate il loro sito.

Serena Alessi