di Giovanni Capecchi
Le Monnier, 2011
€ 21
pp. VIII - 280
“...Ma pur nelle cose vicine era quello che cercavano, e non avervelo trovato, fu difetto, non di poesia nelle cose, ma di vista negli occhi. ..."
Giovanni Pascoli
Se vi
fossero ancora dubbi, oggi, sulla portata dell'opera pascoliana, a
ragione da considerarsi una delle esperienze letterarie più
qualificanti il Novecento, se vi fossero ancora dubbi, dicevo, su
quanto rivoluzionaria sia la dirompente innovazione del poeta di San
Mauro; Giovanni Capecchi, con la sua antologia pascoliana, edita per
Le Monnier nel 2011, contribuisce alla costruzione di una stagione
critica capace di restituire a Pascoli, tutta la fragranza e tutto il
volume del suo percorso poetico. La scelta di Capecchi è quella
di dar conto di un'evoluzione, il cui esordio risale ad una stagione
giovanile che si inserisce, tra continuità ed irriducibilità
rispetto al Pascoli noto, in un iter scrittorio fatta di eterogeneità
e sperimentalismo.
Pascoli, forse il poeta più novecentesco di
fine Ottocento, ed il più ottocentesco di inizio Novecento, il
traghettatore della poesia realistico-oggettiva nell'universo
simbolista, pone i germi di una parabola esistenziale e letteraria
già nei componimenti risalenti al novennio universitario. Il
linguaggio onomatopeico e pregrammaticale, i motivi del nido e del
pellegrino, nascono nell'asprezza e nell'ispidezza tutta giovanile,
per poi maturare in forma e contenuto nei quattro pilastri della sua
opera: Myricae, Primi poemetti, Canti di Castelvecchio
e Poemi conviviali.
Il volume Le Monnier pone l'accento non solo sulla rilevanza della stagione pre-myricaea, ma anche sull'ultima stagione pascoliana, quella post-Conviviali, quella del Pascoli critico e vate. Capecchi si rivela padre prodigo verso i suoi lettori: li prende per mano, fornendo loro strumenti imprescindibili per un'analisi critica della produzione pascoliana, ma resta sempre un passo indietro rispetto alla parola di Pascoli. Questo passo indietro pare essere cercato, quasi ostinatamente mantenuto, sacrificando, a volte, l'esaustività critica all'altare dell'esaustività intrinseca nella parola pascoliana; senz'altro giocano anche, forse soprattutto, ragioni di economia editoriale, ma il risultato è comunque quello di uno straordinario bilanciamento tra la voce di Capecchi e quella dell'autore myricaeo, una voce sempre accompagnata, vivificata, mai soverchiata. La strada è indicata al lettore, ma poi a quest'ultimo spetta il compito di percorrerla in prima persona, di percorrerla tutta: dalle questioni irrisolte dei tratti più impervi e sterrati, alle riconferme degli spazi lineari.
Il volume Le Monnier pone l'accento non solo sulla rilevanza della stagione pre-myricaea, ma anche sull'ultima stagione pascoliana, quella post-Conviviali, quella del Pascoli critico e vate. Capecchi si rivela padre prodigo verso i suoi lettori: li prende per mano, fornendo loro strumenti imprescindibili per un'analisi critica della produzione pascoliana, ma resta sempre un passo indietro rispetto alla parola di Pascoli. Questo passo indietro pare essere cercato, quasi ostinatamente mantenuto, sacrificando, a volte, l'esaustività critica all'altare dell'esaustività intrinseca nella parola pascoliana; senz'altro giocano anche, forse soprattutto, ragioni di economia editoriale, ma il risultato è comunque quello di uno straordinario bilanciamento tra la voce di Capecchi e quella dell'autore myricaeo, una voce sempre accompagnata, vivificata, mai soverchiata. La strada è indicata al lettore, ma poi a quest'ultimo spetta il compito di percorrerla in prima persona, di percorrerla tutta: dalle questioni irrisolte dei tratti più impervi e sterrati, alle riconferme degli spazi lineari.
La meta garantita è una
riscoperta pascoliana che passa attraverso il paradossale
capovolgimento delle ragioni della sua condanna in ragioni da porsi a
capo della sua rivalutazione. Di Pascoli, da questo libro non
scoprirai quasi nulla, ma riscoprirai molto, attraverso una lettura
più profonda e scrupolosa di ciò che hai sempre letto; quello che
nel sole appare nuovo, in realtà è qualcosa di antico: più che
trovare un Pascoli inedito, ti ritroverai a guardare con sguardo
inedito al Pascoli noto. Che il
difetto è sempre stato “non di poesia nelle cose, ma di vista
negli occhi”.
a cura di Alice Mora
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Questo pomeriggio l'intervista a Giovanni Capecchi!
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