(The power of the dog)
di Don Winslow
Einaudi 2009 (2005)
pp. 714
Corrompere, mentire, fottere purché l’equilibrio rimanga immutato per chi governa (a Washington come a Medellin). Qui siamo dinanzi a un grandioso western. Riduco all’osso la trama: sullo sfondo della lotta al narcotraffico, fasulla più che effettiva, un poliziotto onesto viene sequestrato, torturato e infine ucciso da una banda di signori della coca. L’amico di quel poliziotto trascorre il resto della sua carriera e della vita a cercare di ottenere vendetta. Si chiama Art Keller ed è agente della DEA.
Un giorno dimostra doti di boxeur: è un ottimo incassatore, ovvero il tipo di pugile che i messicani prediligono. Ma lo fa dinanzi alle persone che gli sovvertiranno l’esistenza: i fratelli Adàn e Raul Barrera, nipoti dell’insospettabile Miguel Angel Barrera. I boss intoccables di quella che loro stessi hanno contribuito a creare: la Federacion. I tre muovono i fili del principale cartello dello spaccio di Mexican Mud e yerba verso gli USA. Quando Adàn scopre che il mercato dell’eroina è in fase di stallo, indirizza tutta l’attività delle varie cosche sulla vera ricchezza del Messico: l’estesissimo confine con gli States. Da quel momento ogni chilo di coca proveniente dalla Colombia che sfugge ai disattenti agenti federali, è tassato dai Barrera. Dopo anni spesi a combattere questo traffico, anche attraverso accordi con la CIA più filo-fascista che finanzia Contras e squadroni della morte ed è in combutta con i faccendieri di Cosa Nostra, Art Keller ne ha fatto una questione personale. O lui o i Barrera, dal Messico a Honduras, dal Guatemala alla Colombia, attraversando miracolosamente indenne anche operazioni in codice, tra cui la misteriosa “Nebbia Rossa” che coinvolge il vertice dell’establishment politico degli USA.
Winslow avrà una scrittura di maniera, ci sono improvvise dimenticanze, personaggi che si chiamano per nome senza mai essersi incontrati, tutte le pagine non paiono necessarie e sciorina una fantasia sadica. Soprattutto se le vittime sono donne e bambini. Non basta che debbano morire, vai a vedere, se hai fegato, la fine di Pilar Talavera e dei suoi figli. Ciò nonostante l’impianto e gigantesco, notevoli i due personaggi principali, Art Keller e Adàn Barrera, ma anche Nora Hayden, prostituta di alto livello, bellissima, intelligente, il killer irlandese di Hell’s Kitchen Sean Callan, il prete Juan Parada, uomo onesto fra i pochi corrotti nella chiesa messicana in odore di Opus Dei.
A ben vedere, tutto finisce nel sangue. Non esiste altro epilogo possibile, come sa Keller, la guerra alla droga è una farsa e poche volte il meccanismo infernale è stato cosi apertamente sotto gli occhi. La droga è qualcosa grazie alla quale alcuni si arricchiscono e che altri fanno finta di combattere. Non c’è un contropotere del cane, solo cani sciolti, esseri isolati, arrabbiati e feriti che non hanno più niente da perdere, si mettono di traverso e riescono a fermare il gioco. Per un quarto d’ora. Poi, rapito un presidente se ne fa un altro. Arrestato un padrino idem. Visto il ritratto che Winslow dà del clero, verrebbe anche da dire: morto un papa…
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