Tristi paradossi di una
società falsa, che vive seguendo una recita pirandelliana. Sciascia attraverso
lo sguardo puro di Candido smaschera la finzione e tutte le ideologie senza
risparmiarne nessuna: la religione, il comunismo, la psicoanalisi.
Qui proponiamo una
scelta di passi che possano regalarvi un po’ dello straordinario personaggio
sciasciano, della sua visione del mondo e della naturalezza del suo vivere.
(Edizione di riferimento: Leonardo Sciascia, Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia, Milano, Adelphi, 1990)
Come una pagina bianca, il nome Candido: sulla quale, cancellato il fascismo, bisognava imprendere a scrivere vita nuova. L’esistenza di un libro intitolato a quel nome, di un personaggio che vagava nelle guerre tra àvari e bulgari, tra gesuiti e regno di Spagna, era perfettamente ignota all’avvocato Munafò; nonchè l’esistenza di Francesco Maria Arouet, che di quel personaggio era stato creatore.
E proprio durante una di queste messe, a Candido avvenne di scoprire, un pensiero dietro l’altro, che la morte è terribile non per il non esserci più ma, al contrario, per l’esserci ancora e in balìa dei mutevoli ricordi, dei mutevoli sentimenti, dei mutevoli pensieri di coloro che restavano...
E peraltro gli piaceva, assomigliarsi a un gatto: per la libertà che sapeva di avere, per il nessun legame con le persone che gli stavano intorno, per la capacità di bastare a se stesso
Ecco le persone a lui vicine erano come dei problemi; e voleva risolverli, anche per liberarsene così come, risolvendoli, si liberava dei problemi che gli assegnavano a scuola. E di queste persone, di questi problemi, il più importante divenne per lui, a un certo punto il generale. E cioè il fascismo. E cioè quel passato sulla cui linea di confine col presente lui, precisamente, era nato. Questa linea , secondo quel che si diceva nelle feste nazionali, e specialmente in quella del 25 aprile che ricordava la liberazione tutta dal fascismo, aveva come separato le tenebre dalla luce, la notte dal giorno; e trovandosi il generale di mezzo, lo aveva dunque dimezzato (...)«Hai sbagliato allora o stai sbagliando ora?». E il generale, fermandoglisi davanti e visibilmente frenandosi dal mollargli un paio di schiaffi : «Ma che sbagliare, verme che sei! È la stessa cosa» e uscì di furia dalla stanza. Più che per l’essere stato chiamato verme, Candido fu colpito dalla misteriosa affermazione « È la stessa cosa». La stessa cosa che: il passato e il presente, il fascismo e l’antifascismo?
Mai aveva pensato che un uomo potesse avere su un altro un potere che venisse dal denaro, dalle terre, dalle pecore, dai buoi. E tanto meno che un potere simile potesse averlo lui. Quando fu a casa, solo nella sua stanza, pianse: non sapeva se di gioia o di angoscia.
Si sentì brancicato sopra il vestito, poi avidamente cercato sotto il vestito: e non seppe mai se un momento prima o un momento dopo o nello stesso momento in cui lui cominciava a modellare il corpo di lei sopra il vestito, a brancicarla, a cercarla. Per l’intensità con cui le sue mani sentivano, ebbe in un lampo l’immagine di sè cieco: e che quel corpo limpidamente si disegnasse nella sua mente soltanto per i segni che il tatto ne trasmetteva. Lungamente si baciarono. Poi Candido sentì e vide, vide nella sua profonda e dolcissima cecità, se stesso e il mondo diventare una sfera liquida e iridescente, di musica.
Una volta che gli avvenne di affermare che , di fronte a Lenin e Marx, Victor Hugo e Zola, e anche Gor’kij, erano meglio, allo stupore quasi irritato di don Antonio: «Che vuol dire sono meglio? In che senso sono meglio?» Candido pur nella chiarezza di quel che sentiva, stentatamente, faticosamente, riuscì a dire che erano meglio perché parlavano di cose che ci sono ancora, mentre Marx e Lenin era come se parlassero di cose che non ci sono più. «Quelli parlano delle cose che c’erano, ed è come parlassero delle cose che sono venute dopo. Marx e Lenin parlano delle cose che sarebbero venute, ed è come se parlassero delle cose che non ci sono più»
Il fatto è che se n’era andata: e soltanto i fatti contano, soltanto i fatti debbono contare. Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno dentro di sè può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni non ha ambiguità, non contiene il diverso e il contrario.
La Cina comunista che rendeva omaggio a una vittoria del fascismo, La Russia comunista che aiutava un governo che metteva in carcere i comunisti: chi sa quante di queste contraddizioni , incongruenze, assurdità ci sono nel mondo –si dicevano Candido e Francesca- che ci sfuggono, che non vediamo, che vogliamo lasciarci sfuggire e non vedere. Ché a vederle le cose si semplificano e noi abbiamo invece bisogno di complicarle, di farne complicate analisi, di trovarne complicate cause, analisi, ragioni, giustificazioni. Ed ecco che a vederle non ne hanno più; e a soffrirle, ancora di meno.
Candido ne era amareggiato e travagliato. Finchè una sera, tornando da una di quelle riunioni, Francesca disse: « E se fossero soltanto degli imbecilli?». E fu il principio della liberazione, della guarigione.
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Nota introduttiva e scelta dei brani di Valeria Inguaggiato
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