Nessuno sa di noi
di Simona Sparaco
Giunti, 2013
€ 12
pp. 256
€ 12
pp. 256
Ci sono storie che devono essere raccontate, che scuotono e colpiscono come un pugno allo stomaco, che commuovono, indignano, che ci fanno pensare e mettere in discussione l’universo di valori che ci siamo costruiti.
“Nessuno sa di noi” è una di queste storie: necessaria, perché per la prima volta si affronta in un romanzo italiano il tema doloroso e quasi impensabile da narrare dell’aborto terapeutico, un calvario del cuore e della legge di chi è stato messo di fronte alla scelta più difficile. Simona Sparaco, sceneggiatrice e scrittrice romana, in questo terzo lavoro (candidato al premio Strega) sceglie di rompere il silenzio intorno ad un tema di cui ancora sembra non sia possibile parlare se non per esprimere giudizi affrettati ed emettere condanne.
Attraverso la storia di Luce e Pietro l’autrice da voce a tutte quelle coppie che come loro hanno dovuto affrontare una prova tanto devastante e incomprensibile e lo fa con la sensibilità di una madre che realmente ha sofferto la perdita di un figlio e che pur in una situazione diversa comprende e non giudica, scegliendo invece di alzare il velo su un tema difficile come questo e tentare di raccontare il dolore, il calvario che tale decisione comporta e l’abisso di disperazione che ne consegue e dal quale sembra impossibile tornare a vivere. L’autrice sceglie così di raccontare questa storia di perdita e dolore partendo dall’inizio, da una coppia non proprio giovanissima che da cinque anni tenta di avere un figlio ma senza riuscirci. Cicli di ormoni, estenuanti calcoli di periodi fertili e momenti propizi, attesa e delusione che rischiano di logorare l’amore. Poi, quando la speranza sembra quasi perduta, Luce rimane incinta e il sogno a lungo coccolato inizia a prendere forma sul serio:
Attraverso la storia di Luce e Pietro l’autrice da voce a tutte quelle coppie che come loro hanno dovuto affrontare una prova tanto devastante e incomprensibile e lo fa con la sensibilità di una madre che realmente ha sofferto la perdita di un figlio e che pur in una situazione diversa comprende e non giudica, scegliendo invece di alzare il velo su un tema difficile come questo e tentare di raccontare il dolore, il calvario che tale decisione comporta e l’abisso di disperazione che ne consegue e dal quale sembra impossibile tornare a vivere. L’autrice sceglie così di raccontare questa storia di perdita e dolore partendo dall’inizio, da una coppia non proprio giovanissima che da cinque anni tenta di avere un figlio ma senza riuscirci. Cicli di ormoni, estenuanti calcoli di periodi fertili e momenti propizi, attesa e delusione che rischiano di logorare l’amore. Poi, quando la speranza sembra quasi perduta, Luce rimane incinta e il sogno a lungo coccolato inizia a prendere forma sul serio:
“Ho giurato a me stessa che quella sarebbe stata l’ultima volta, e che l’indomani saremmo tornati a una vita normale. È stato questo l’istante esatto – ora lo so- in cui ho concepito nostro figlio”.
Ma non è una favola a lieto fine e durante una visita di controllo scoprono che il bambino a lungo desiderato, sano e felice, è un sogno che non si realizzerà: il desiderio si infrange su quelle due parole displasia scheletrica e sul carico di dolore che portano con sé.
“È successo che eravamo felici. Sembravamo volare sopra le nostre vite, così meravigliosamente incoscienti. Poi, in un istante qualunque, siamo precipitati. E adesso siamo qui, senza sapere se resteremo paralizzati a vita, su una sedia a rotelle, o se incerti e zoppicanti, prima o poi, ci rimetteremo in piedi e ricominceremo a camminare”.
Inizia perciò un calvario di dolore e decisioni da prendere per quel bambino e per sé stessi, medici da consultare, solitudine e disperazione, che mette Luce e Pietro di fronte ad una realtà sconosciuta, fatta di tante storie simili alla loro ma raccontate solo nell’anonimato dei blog e dei forum online dove dietro il nickname si celano storie simili alla loro di dolore e incomprensione. La scelta dell’aborto terapeutico li porterà quindi in una clinica a Londra, e nell’assurda sofferenza di quei momenti il romanzo della Sparaco raggiunge un’intensità sorprendente, cruda e diretta ma proprio per questo capace di arrivare al cuore di ogni lettore.
Nel viaggio di dolore di Luce e Pietro ci sono tutte le speranze e i sogni infranti di una coppia che desidera soltanto mettere al mondo un figlio sano, l’inevitabile scontro con la burocrazia italiana che li costringe a rivolgersi ad una struttura inglese per mettere fine alla gravidanza, ma soprattutto il senso di sconfitta e l’incapacità di tornare alla vita dopo una prova tanto dura. Un uomo e una donna che condividono un dolore al quale reagiscono in modo estremamente diverso, specchio del loro mondo interiore e del bagaglio emotivo che portano con sé: la fredda efficienza di Pietro che segue la strada scelta senza ripensamenti, elabora il lutto e lentamente va avanti; la disperazione straziante di Luce che sente la vita dentro di sé e vacilla, si scontra con la lucidità del compagno e sembra incapace di superare questa prova.
È la storia di un mondo che va in pezzi, di un dolore impossibile da dimenticare e di una scelta tra le più incomprese, ma è anche una storia di forza e profonda onestà, di coraggio e di libertà.
Debora Lambruschini