Foto di Marco Caneschi |
Parliamo di libri su questo sito. Ma cos’è quest’oggetto cartaceo, oggi sotto assedio, che a noi piace ancora considerare l’icona del progredire umano? Quanti anni ha, il libro? Qual è stata la sua alba e chi ha seguito il parto dell’editoria? Il secolo era il Cinquecento, quello delle nostre glorie rinascimentali. E spiccavano tre città, equamente distribuite da un punto di vista geografico: Venezia, Firenze, Roma. A far leggere il mondo è stata la prima come descritto da Alessandro Marzo Magno in “L’alba dei libri”, Collezione Storica Garzanti, 2012.
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Il risalto acquisito da Venezia in materia sarà alla base di un non casuale equivoco, quando l’orgogliosa repubblica marinara volle contestare a Gutenberg l’ideazione della stampa attribuendola a Panfilo Castaldi, medico e umanista di Mestre, guarda caso. Ancora oggi restano valide molte delle scoperte tecniche in materia di editoria risalenti a quei tempi: dal corsivo – un carattere capace, secondo Manuzio, «di assicurare alle stampe l’eleganza e la bellezza del manoscritto umanistico» – ai punzoni in piombo o altri metalli, opera del francese Claude Garamond. Per non parlare del best seller, categoria il cui progenitore fu un “Orlando furioso” di cui il veneziano Gabriel Giolito de’ Ferrari pubblicò tra il 1542 e il 1560 ben 28 edizioni.
L’epoca delle grandi scoperte offrirà all’editoria veneziana un nuovo ambito di penetrazione commerciale: la produzione di testi, carte e documentari geografici. Gli scritti di Cristoforo Colombo, raccolti nel volume anonimo “Libretto de tutta la navigazione de’ Re di Spagna de le isole et terreni novamente trovati” e soprattutto le lettere di Amerigo Vespucci a Lorenzo de Medici. Ma non mancavano trattati di musica, di medicina, di ginnastica.
Un originale anticonformismo arrivò con la produzione galante, in molti casi estrosamente oscena, di Pietro Aretino. Per fortuna la censura a Venezia ancora attecchiva poco. Il poeta rappresentò un’autentica delizia sia per i bibliofili che per i patiti dell’Eros. Con gli inviti al piacere che racchiudevano, i “Sonetti lussuriosi” dovevano essere per molti una lettura da comodino. Nella Serenissima, che lo accolse per quasi un trentennio, dal 1527 fino alla morte, lo scapestrato autore divenne una sorta di attrazione turistica, al punto che in quest’alba dei libri spicca come il primo scrittore-divo della storia. Tiziano gli farà un ritratto e lo definirà «condottiero della letteratura». Lo proteggerà nientemeno che l’imperatore Carlo V.
La prossima volta che vi aggirate per le calli, magari alla ricerca di una bancarella che esponga “Corto Sconto. La guida di Corto Maltese alla Venezia nascosta”, ultimo omaggio di Hugo Pratt a una delle città più amate, non fatevi tornare il mente solo “Morte a Venezia” di Mann, “Altai” di Wu Ming o il teatro di Goldoni, il Casanova vero o quello di Fellini, pensate anche a questa stagione d’oro che durò fin quando gli interdetti della Controriforma imporranno i voleri papali a un mondo che si avvierà davvero sul viale della decadenza.
Marco Caneschi
Marco Caneschi