"El especialista de Barcelona" di Aldo Busi: contenuto che latita in forma scintillante.



El especialista de Barcelona
di Aldo Busi
Dalai editore, 2013


Pochi mesi fa ha visto la luce per i tipi di Dalai il nuovo atteso romanzo di Aldo Busi, El especialista de Barcelona. Sono passati dieci anni dalla precedente pubblicazione, e nel frattempo l'autore ha fatto parlare di sé per le sue partecipazioni a programmi improbabili e per provocazioni di bassa lega a beneficio dell'indice Auditel.

Una delle difficoltà principali quando si parla dello scrittore bresciano è, per l'appunto, quella di scindere il personaggio Busi dal letterato che niente ha a che spartire con la vacuità colorata dei salotti tivù. El especialista dimostra l'innegabile e rara abilità del suo autore di padroneggiare la lingua italiana, la capacità affabulatoria che appigliandosi alla flessibilità di una sintassi fluente e incantatoria – periodi che si rifiutano di giungere al punto fermo e proseguono, inciso dopo inciso, tenendo dietro al pensiero che vaga, compiaciuto della sua stessa incapacità di seguire linee rette – rende piacevole la lettura. Tuttavia, questa che è la massima qualità è anche al contempo il limite più evidente del romanzo. Sembra quasi che l'autore abbia speso tutte le sue energie per costruire un edificio linguistico rilucente e cangiante, musicale (virtuosistico) ed esteticamente ineccepibile senza badare troppo alle fondamenta che dovrebbero sorreggerlo, senza far caso ai contenuti con cui riempirlo. Ma su questo torneremo. Una trama, di fatto, non c'è. Non è mai buona regola quella di riferire, in sede di recensione, l'intreccio di un testo, come se conoscendone il 'plot' fosse possibile cogliere qualcosa di essenziale; qui però non si tratta di una reticenza intenzionale: una trama non c'è, e questo di per sé non va in alcun modo a detrimento del libro.

«'[…] Basta morale e su col morale. Dopo tanto ordito, un po' di trama, por favor!' 'Sei proprio una boccalona. Non hai ancora capito che la trama sono io e le digressioni quelle altre?' Altrimenti, se il dolore per niente alla fine del romanzo ce la fa a strappare gli artigli ai propri mostri divoratori, potrei intitolarlo Repulisti» (p. 114)
La narrazione è data dal dialogo immaginario tra il protagonista, che è di fatto Aldo Busi stesso, e una foglia di uno dei platani che costeggiano la Rambla di Barcellona. È un dialogo – ovvero, inevitabilmente, un monologo – ricco di indignazione civile, di ritratti impietosi della gentaglia che si gloria di incarnare la cultura al suo massimo grado e altro non fa che sfruttare gli aspetti che esorbitano dal piano culturale e connotano l'industria libraria. L'attaccamento meschino al denaro, il trasformismo camaleontico che in barba a ogni sorta di dignità permette a lorsignori di assumere le sembianze più adatte per succhiare tutto quanto può essere succhiato in termini economici, politici e di visibilità sociale nelle circostanze più disparate è preso di mira con ferocia lungo l'intero svolgimento del libro.
«[...] Il Melchor era “addetto stampa con delega alle relazioni estere” del Teatri Folklore i Fraternitat, in altre parole per ora faceva il tirapiedi a mille euro netti al mese […], ma non era poco alla sua età […], e poi era un trampolino di lancio eccezionale se un giorno si fosse messo a fare politica data la solidità dell'istituzione che, proprio come il Pen, aveva scambi con tutto il mondo e godeva di un sistema di raccomandazioni ministeriali di amici di amici che si spartivano una bella torta con le loro sagre en tour [...]» (p. 155)
Rappresentante perfetto di tutto ciò è il professore che dà il titolo al romanzo, costantemente attratto solo da chi lo respinge brutalmente e prossimo a convolare a nozze gay, e l'universo che gli gravita attorno: dalla ex ipocondriaca e spocchiosa fino ai nipoti «schizzati fuori furiosi tutti e cinque» (p. 69). Vale forse la pena rilevare una caratteristica a prima vista del tutto trascurabile: El especialista è pieno di pietanze e di ricette. È la voce narrante a elencare ingredienti a profusione, e pare lecito cogliere in certa logorrea culinaria un invito a mettere da parte le maschere della mondanità, a smettere di inseguire le immateriali luci della ribalta – che è poi illusione di ribalta e onanistico lisciamento di piume – valorizzando gli elementi più ancorati alla terra, agli impulsi elementari dell'uomo. E un impulso elementare potentissimo è anche quel rigore etico che tenendosi lontano da prediche e morali si appunta contro le innumerevoli storture della società. Busi lancia strali contro le chiese e i «fumettistici nichilisti», contro la letteratura che si prefigge come unico scopo quello di vendere il più possibile e contro il bigottismo che si declina in molteplici forme. Tuttavia, e lo abbiamo accennato all'inizio, c'è qualcosa che manca e qualcos'altro che impedisce di considerare El especialista una prova davvero riuscita. È un libro viziato da un'eccessiva ostentazione di bella scrittura a cui non corrisponde una coesione interna tale da differenziare un romanzo da una serie di interessanti e spesso molto più che brillanti riflessioni. Il pensiero non tiene dietro alla forma ed è da questa oscurato e surclassato. Non stiamo però al gioco manicheo della stroncatura impietosa o dell'elogio incondizionato. El especialista de Barcelona non merita né l'una né l'altro. È scritto superbamente, e trattandosi di letteratura non è poco. È molto, anzi, ma non abbastanza. Del resto non mancano momenti di alta letteratura, ma sono inghiottiti da una narrazione che sembra non aver sempre chiaro il fine da raggiungere e le strade da percorrere. Aldo Busi, insomma, dovrebbe forse smettere di dimostrarci la sua bravura con la scrittura – la conosciamo bene – e iniziare a dimostrarci che sa pensare con altrettanta sapienza e nitidezza ai nuclei contenutistici alla base di tali rocambolesche avventure linguistiche. –
«[…] Ciò che si dice in letteratura è altrettanto importante del modo in cui lo si dice; il «che cosa» ha lo stesso valore del «come» e reciprocamente (supponendo, ma noi non lo crediamo, che fra i due si possa stabilire una distinzione). Tuttavia non si deve credere che l'atteggiamento giusto consista in una mescolanza equilibrata delle due tendenze, in un ragionevole dosaggio tra lo studio delle forme e quello dei contenuti. La stessa distinzione tra forma e contenuto deve essere superata […]. Una delle ragioni di essere del concetto è proprio quella di superare l'antica dicotomia della forma e del contenuto, per considerare l'opera come totalità e unità dinamiche» (T. Todorov, La letteratura fantastica, Milano, Garzanti, 2000. Pp. 97-98).