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Le madri di Loredana Lipperini

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Di mamma ce n'è più d'una

Loredana Lipperini
Feltrinelli, 2013

pp. 314
15,00 Euro


Quando pensi che una donna non abbia bisogno di definirsi in nessun schema prestabilito, quando credi che la storia ti abbia insegnato che una donna è prima di tutto un essere umano e il volersi dotare a tutti i costi di un’identità possa portare a una sorta di discriminazione inversa, ecco che ti rendi conto di non aver capito niente. 
In Di mamma ce n’è più d’una Loredana Lipperini esplora il mondo della maternità mostrando come ancora oggi questo sia il mezzo attraverso cui una donna si riconosce e si fa riconoscere. 
Non si vuole essere madri punto e basta (come lo sono state le nostre per intenderci: antipatiche, ossessive, colpevoli dei nostri errori, insomma tutto quello di cui almeno una volta nella vita le abbiamo accusate), quelle di oggi puntano a essere perfette e in molti casi lo fanno a partire dal concepimento.

Fecondazione artificiale? Lotte a favore della legge 140? Niente di questo. Non tutte possono ambire a diventare madri, la vita non va forzata, a determinarci è la natura, ma forse anche quel radicato substrato di cultura cattolica che, come osserva Lipperini, influisce.
E poiché gli animali danno alla luce i loro cuccioli da soli e la Bibbia ammonisce che partorirai con dolore, si rifiuta l’epidurale e il cesareo oppure si partorisce a casa senza assistenza.
C’è dunque un ritorno alla natura che continua nel rapporto con il bambino: dall’opposizione ai vaccini, ai cibi biologici fino all’homeschooling, l’istruzione da casa a opera dei genitori. Tutto ciò lascia pensare a un forte investimento sui figli e al tentativo di proteggerli da ogni insidia, salvo poi postare le loro foto in tutte le salse sulle pagine di Facebook.


Qual è il prezzo da pagare? Lo suggerisce la scrittrice. Il rischio è che la maternità diventi il Palazzo d’Inverno dell’imperatore della Cina, un luogo splendido dal quale non è permesso uscire. Ma non solo. La presunzione che così facendo proteggeremo i nostri figli e li renderemo felici non è garanzia di buona riuscita. Non sarebbe più facile pensare che sia bello accettare la sfida? Immaginare figli liberi di costruire la propria dimensione e anche di sbagliare? Le colpe dei padri che a turno ci si passa non sono un buon richiamo per credere che ognuno debba rivendicare il diritto di diventare ciò che vuole? Siamo stati tutti figli e, si sa, la voglia di rinfacciare qualcosa è sempre in agguato. 

Se la gravidanza e la maternità in generale vengono avvertite come eventi da vivere naturalmente, complice è anche la società e non sempre in modo positivo. 

Nel nostro paese si fatica ancora a vedere il parto come un ‘atto medico’ con tutti i rischi che ne derivano. A tale proposito il giorno del parto è considerato il più pericoloso nei primi diciotto anni di vita di una donna e purtroppo, secondo un’indagine del 2011 di “Newsweek” e “The Daily Beast”, l’Italia è alla cinquantanovesima posizione nella classifica dei 165 migliori paesi in cui diventare madre. 
I parti cesarei vengono praticati con troppa facilità perché, come spiega Lipperini, la Sanità italiana prevede un pagamento a prestazione pertanto gli interventi sono più remunerativi. Ma in questo modo si sottovaluta il pericolo di molto maggiore che un cesareo comporta anche quando potrebbe essere evitato praticando l’epidurale la cui somministrazione, però, è regolata dalle Asl e dalle Regioni.
Inoltre, proprio perché si è donne prima che madri, è doveroso riconoscere le difficoltà incontrate da chi madre non lo vuole diventare. Secondo il Ministero della Salute sette medici su dieci sono obiettori. Il libro dà voce alle testimonianze di donne che si sono scontrate con gli ostacoli di farsi prescrivere la pillola del giorno dopo o che si sono sentite giudicate dal personale medico durante un’interruzione di gravidanza anche se l’aborto è tutelato dalla legge.

La maternità è in molti casi vista come un lusso, un vanto, un infantile ‘io sì tu no’ o un arma di difesa che spesso esclude il resto a partire dal padre. A farsi portavoce sono le tante mom-blogger dalle cui piattaforme ribattono la loro scelta di vita naturale o si sorprendono dell’innata forza femminile di riuscire a fare tutto e biasimano chi, dopo il parto, vuole ritornare in forma o si dice giustamente stanca se il figlio non l’ha fatta dormire tutta la notte o ancora chi riesce ad ammettere di soffrire di depressione post-partum.

Le madri giudicano atteggiamenti e modelli educativi delle altre madri, ma non si fermano qui. Sanno anche essere le più impietose a giudicare il dramma delle donne che non hanno potuto abbracciare la maternità: 
“Perché c’è questa antichissima frase, quella delle donne senza figli, o che i figli li hanno persi: ‘Non sono state brave’. Perché la bravura di una donna si misura ancora sulla maternità, anche se non esplicitamente, anche se l’accusa vive soltanto nell’angolo più tenebroso dell’anima femminile”.