in

E improvvisamente comparve il signor B

- -

Nelle mani giuste
di Giancarlo De Cataldo

Einaudi, 2007
pp. 340


Nel raccontare “I traditori” ho detto che dall’epopea risorgimentale ci portiamo dietro un tarlo che continua a divorare la nostra vita pubblica: i misteri, le trame, gli eterni problemi irrisolvibili. Giancarlo De Cataldo è indubbiamente a suo agio in questo tipo di romanzi. Non ne faccio un difetto, anzi. De Cataldo è un magistrato-scrittore che ha trovato la sua giusta dimensione letteraria. Se da grande avrà modo e voglia di dare una sterzata alla sua produzione ne vedremo gli effetti, altrimenti godiamoci queste pagine serrate e per nulla retoriche. Il salto da “I traditori” è ampio: dalla Venezia appena tornata all’Italia della fine degli anni Sessanta dell’Ottocento, al 1992 con Falcone e Borsellino e l’inchiesta Mani Pulite. Il crollo del muro di Berlino ha nel frattempo sdoganato il partito comunista, il crollo della DC toglie alla mafia il partito di riferimento in Sicilia (e non solo). Fin qui è la cronaca.

Andiamo ora a scoprire il 1992 letterario di De Cataldo: sono tante microstorie che s’intrecciano. A iniziare da Scialoja, sì il commissario che aveva fatto della banda della Magliana la sua ossessione e che tutti conoscono grazie a “Romanzo criminale” – libro, film, fiction. Scialoja è oramai il depositario delle carte e dei segreti inconfessabili del Vecchio. Roba da riempire due tir. Altri personaggi si muovono: alcuni nel sottobosco residuo dei servizi e degli affari riservati pre-1989, altri alla luce del sole, come il senatore ex Pci, ora Pds, Argenti, che l’ambiguo Scialoja avvicina di continuo.
Ci sono poi il giornalista ripudiato dalla sinistra e riciclato a destra che diventa l’ideologo del nuovo corso politico che avanza e l’industriale che ricorda le analoghe figura d’imprenditori che si tolsero la vita in quegli anni. Collante di tutte le storie è l’affascinante Patrizia, la ex donna del Dandi, di cui Scialoja è sempre innamorato. Con Patrizia, Scialoja si confida perché non sospetta che è diventata la moglie di Stalin Rossetti. Su questo tipo non possiamo non soffermarci: Rossetti è stato il comandante operativo della Catena, una cellula paramilitare segreta che operava agli ordini del Vecchio e che da lui era stata creata ai tempi di Gladio. La Catena usufruiva di fondi illimitati ma poco prima di morire, il Vecchio l’aveva sciolta. I suoi componenti avevano continuato a operare nell’illegalità fino a che Stalin Rossetti, che mirava a ottenere il posto del Vecchio ma che è stato sorpassato da Scialoja, progetta una nuova strategia della tensione da attuarsi assieme alla mafia. Mafia che dopo la cattura di Toto Riina reputa il rapporto con lo Stato non più ricucibile e decide di passare all’azione con le stragi. Per far capire chi davvero comanda e perché dei comunisti al governo non vuol sentire parlare neppure nelle barzellette. Scialoja decide allora di portare avanti il gioco difficile e pericoloso della ricerca di un accordo con la mafia, perché con queste bombe non si può andare avanti.

Fermatevi un attimo: chi in quegli anni era già grandicello e vedeva autostrade e strade di Palermo disintegrate e i corpi di due eroi civili senza vita, chi rimaneva esterrefatto dopo un attentato a Maurizio Costanzo o a Firenze in via dei Georgofili, chi si poneva tante domande, che in fondo si riducevano a due – chi? e perché? – reputa verosimile una ricostruzione del genere? Verosimile, non vera. Qualcosa cioè di avvicinabile al reale nucleo del lato oscuro?

Ma c’era anche fermento in quegli anni: come dimenticare l’avventura referendaria e un uomo che pareva avere in pugno l’Italia come Mario Segni? C’erano risvegli nelle coscienze, anche in Sicilia, un galantuomo eletto al Quirinale con uno scatto d’orgoglio… magari i poteri e gli stessi contropoteri erano davvero alla ricerca di un nuovo equilibrio, perfino più avanzato. Quando ecco l’evento inatteso: la discesa in campo di Berlusconi e la creazione del partito azienda Forza Italia. Magicamente, tutte le tensioni, la voglia di rinnovamento, le speranze trovano uno sbocco. «Il buon, vecchio coglione che tutti conosciamo... vive di paure, si alimenta del sogno impossibile di un miracolo, ha bisogno di una madre protettiva e di un padre autorevole e severo... adora essere strigliato e allo stesso tempo compiaciuto, non gli dispiace essere garbatamente truffato ma detesta passare per fesso, e soprattutto non tollera che lo si sappia in giro». No, non è Berlusconi, è l’italiano medio, contro cui De Cataldo lancia l’unica invettiva del libro. L’italiano a cui B parla da 20 anni restando debitamente ascoltato.