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#IlSalotto: “Ecco le mie cinquanta sfumature d’amore”. In conversazione con Luca Bianchini

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Io che amo solo te
di Luca Bianchini
Mondadori
264pp
16 €


Un matrimonio, un fratello gay, un truccatore isterico, una zia che viene dal Nord Italia, la cornice di Polignano a Mare (BA) : questi gli ingredienti del romanzo di Luca Bianchini Io che amo solo te. Una storia frizzante e leggera, perfettamente estiva. Alla trama molto lineare che si svolge in tre giorni, , la cronaca di una festa, sono i personaggi che danno colore. La vera protagonista, sorprendentemente per un matrimonio, non è la sposa, ma sua madre, Ninella. Che vede la figlia sposarsi col figlio di Don Mimì, l’uomo che ha amato da giovane e con cui non ha potuto coronare il suo sogno d’amore: ora Ninella vive una sorta di rivincita, e lo fa a testa alta, sensuale e decisa nel suo vestito rosso.
Luca Bianchini – conduttore radiofonico su Radio2 e blogger per Vanity Fair – giunge alla sua quinta prova da romanziere con Io che amo solo te. Noi l’abbiamo conosciuto a Londra, dove è arrivato per presentare il suo libro all’Italian Bookshop, in occasione della notte bianca delle librerie (leggi qui le cronache da “Lettidinotte”). Una conversazione intensa - Luca è molto richiesto e in libreria la sala inizia già a riempirsi - ma che non ci impedisce di bere un bicchiere di vino e di saperne di più su questo matrimonio.

Prima di parlare del libro parliamo di te, Luca. Come riesci a conciliare le tue varie attività e, di conseguenza, le tue personalità?
Il mio lavoro è molto stimolante, ma anche molto faticoso. Avere varie prospettive (quella di conduttore, quella di scrittore) mi è molto utile. Perché mi fanno sentire ancorato alla realtà quando scrivo: sono più vero e le cose piacciono quando sono vere. Questo l’ho capito anche dal blog, dove parlo di vita non di fiction. Per me il romanzo è una festa! Questo è un periodo in cui in Italia si leggono solo storie drammatiche, dove nella storia che scrivi deve per forza morire qualcuno o come minimo i personaggi devono avere complessi e turbamenti psicologici (ne abbiamo parlato anche noi su CriticaLetteraria). Io invece ambiento la storia ad una festa!


Come mai hai scelto la Puglia?
Del mio libro ambientato a Venezia (Siamo solo amici, Mondadori, 2011) ho fatto più presentazioni in Puglia, che in Veneto. E questo l’ho preso come un segnale. Ed è stata anche una scusa per tornare lì. I miei amici pugliesi mi hanno portato in giro, mi hanno fatto conoscere molte persone e mi hanno pure invitato a un matrimonio. Ci tenevo a raccontare le cose per bene, senza cadere in banalità e stereotipi. Per questo prima di darlo alla Mondadori, il libro l’ho dato ai pugliesi. Il loro giudizio era il più importante per me.

Ci sono tanti personaggi nel tuo libro. Come li hai costruiti? E poi Matilde – la moglie di Don Mimì – non rischia di diventare un po’ il capro espiatorio di tutte le colpe della storia?
È vero, mi dispiace un po’ per Matilde, vittima inconsapevole. Poverina, le polpette sono la sua unica certezza! La mamma della sposa è la vera protagonista. Mi sembrava troppo banale parlare di un matrimonio e raccontare la storia degli sposi, quindi ho deciso di scrivere la storia dei genitori degli sposi. E sono molto soddisfatto che Ninella sia piaciuta tanto, e non solo alle mamme del Sud ma anche alle signore del Nord Italia.
Per i personaggi faccio un grande lavoro, anche per quelli minori. Prima di scriverli, me li immagino, annoto la loro storia su un quaderno in modo che poi possano prendere vita ed essere descritti nei particolari. Ad esempio la vicina di casa che spia e basta è banale e gratuito: anche lei porterà il suo contributo alla storia. Tutti sono protagonisti, almeno per una pagina, questa è una cosa che ho imparato nel tempo. Anche il maestrale è protagonista.

E il maestrale ha anche il compito di chiudere il romanzo, in un finale che si dispiega in poche pagine ed è veramente conciso. Perché?
Io preferisco che il lettore abbia voglia di altre pagine da leggere. È come alle feste, quando c’è quel momento esatto in cui devi capire che devi andare via, un attimo prima che ti diano i sacchi della spazzatura da buttare! Il romanzo lo devi capire prima, non alla fine. E il mio non è un giallo, è una commedia. Dopo un pranzo che dura otto ore non puoi avere un finale lungo, il pubblico si stanca!
Scrivo leggendo ad alta voce e il finale mi suonava bene così, col maestrale che ci saluta.

È un libro molto visivo, che non solo si legge ma si vede. Non dubito che ci sia già in preparazione una trasposizione cinematografica, vero?
Sì, è vero, ma a dirti la verità non è quello il mio interesse. Mi fa piacere se ne faranno un film, certo, ma la mia realizzazione è stata scrivere il libro. Se no avrei scritto una sceneggiatura. E poi non dipende neanche da me: il film è un problema economico, non poetico…

“Sono ‘cinquanta sfumature d’amore’ quelle che racconto”, proseguirà poi Luca Bianchini all’Italian Bookshop. “L’amore adolescenziale di Nancy, la sorella della sposa; l’amore omosessuale vissuto dal fratello dello sposo;…. L’amore più difficile da descrivere è stato quello tra Chiara e Damiano, la coppia che si appresta ad andare all'altare: si davano per scontati, e poi si sono scoperti all'ultimo”.
Doveva intitolarsi originariamente “Nella gioia e nel dolore”, ma poi il libro ha preso il titolo di una canzone e l’immagine di due peperoncini intrecciati. “Carini, vero?” – chiede Bianchini al pubblico della libreria – “Abbiamo cercato a lungo delle foto di matrimoni per la copertina, senza trovarne una che ci piacesse veramente. È difficile riuscire nell'impresa di trovare la copertina giusta, a parte quella della Solitudine dei numeri primi che è la copertina, con quella ragazza che mi ricorda tanto la Giulietta di Baz Luhrman dietro l’acquario, non trovate anche voi?”.

Brillante, inarrestabile (lo sa bene il giornalista Stefano Tura che ha dovuto faticare non poco per fargli qualche domanda), brioso: Luca Bianchini è riuscito a interagire col suo pubblico in modo magistrale. Se Io che amo solo te viene già definito il romanzo dell’estate, il suo autore si è sicuramente guadagnato il titolo di “scrittore più simpatico dell’anno”.

Quella di Bianchini è una commedia senza pretese, un romanzo leggero che fa sorridere e riflettere sui sentimenti e sulla fedeltà, che è autentica “solo per la madre o per la squadra di calcio”. L’autore declina con ironia e sensibilità una storia semplice, un amore che è anche musica e che si riscopre sulle note di “Ninella mia” e sulle parole di Sergio Endrigo. Giungendo alla conclusione che “fare i compiti in amore non serve, perché a volte vince chi sa aspettare”.